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COME IDEARE E SCRIVERE UN CORTOMETRAGGIO – 6 di 10

FOCALIZZAZIONE E PRODUZIONE DEL SENSO

Raccontare significa emozionare, certo. Ma se smontiamo la macchina emotiva, se guardiamo dentro l’ingranaggio della narrazione, se filtriamo la storia e la lasciamo asciugare, non è difficile capire quale è il fine principale del racconto. Ogni storia procede per step successivi, e ad ogni passo il lettore / spettatore acquisisce nuove informazioni.

Ecco: raccontare significa – sintetizzando al massimo – fornire informazioni. Prima del talento narrativo, prima della capacità di suscitare interesse, partecipazione, compassione, il compito di chi rappresenta le proprie idee attraverso un medium come il cinema sta nel saper fornire notizie, tracciare relazioni, suggerire ragguagli.

La focalizzazione è un espediente narrativo che permette all’istanza narrante di divulgare informazioni più o meno esaustive. Ovviamente il narratore – essendo ideatore e/o sceneggiatore della storia – potrà disporre di una completa percezione degli avvenimenti: tuttavia solo in alcuni casi queste verranno fornite a chi sta dall’altra parte dello schermo. Infatti lo spettatore potrà talvolta sapere soltanto una parte delle cose (perché queste saranno le sole che gli verranno mostrate); in altro casi, invece, istanza narrante e spettatore saranno accomunati da una medesima conoscenza dei fatti.

Nel primo caso – quando lo spettatore dispone di informazioni parziali o frammentarie, oppure quando ci vengono presentati personaggi nelle sole esperienze esistenziali che essi vivono (senza attardarsi in riflessioni, suggestioni, pensieri ecc.) – siamo di fronte a quella che si definisce una “focalizzazione esterna”. Se invece l’istanza narrante decide di fornire tutte le informazioni disponibili sui personaggi e sulla storia (compresi i loro punti di vista, le loro opinioni ecc.) la focalizzazione viene denominata “interna”. Questi termini – ideati da Gerard Genette – hanno originato strategie narrative ed hanno permesso lo sviluppo di generi letterari o cinematografici assai particolari. Pensiamo al giallo, al romando poliziesco, al thriller. Attraverso un sapiente dosaggio della conoscenza è facile comprendere come produrre effetti di suspense, tensione, incertezza, ambiguità e così via.

Alle categorie genettiane si sono via via aggiunti i concetti di ocularizzazione (Jost) e polarizzazione (Gardies). Lo studio sulla materia narrativa ha permesso di individuare e decifrare casi particolari, che riassumono altre eventualità di sceneggiatura, ed infittiscono ancor di più lo spettro delle relazioni possibili. Attraverso il dosaggio e l’emersione delle informazioni, la storia si arricchisce di spunti creativi e peculiarità.

Immaginiamo di assistere ad un racconto: ci aspetteremmo di conoscere tutto quello che sa il narratore. Durante il film, però, scopriamo che alcuni particolari della vicenda sono stati omessi, oppure – più divertente – sono noti soltanto ai personaggi (quindi sconosciuti anche all’istanza narrante).

In questo caso ci troviamo di fronte alla cosiddetta “parallissi”, ovvero un sistema di racconto che permette ai personaggi di godere di una coscienza storica superiore a quella di chi racconta. Questo – è facile intuirlo – introduce la possibilità di moltiplicare le suggestioni narrative, al punto di estromettere l’istanza narrante dal ruolo di dominazione che le sarebbe proprio.

Leggi il seguito su: http://www.thomasgraziani.com/articoli-editing-compositing-teoria-del-cinema/come-ideare-e-scrivere-un-cortometraggio-6-di-10

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