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L’inquinamento industriale uccide l’ambiente e le persone

Dal sito dei Verdi Europei http://www.verdieuropei.it
Le due isole più grandi e più belle del Mediterraneo, la Sardegna e la Sicilia, sono allo stesso tempo terre meravigliose che custodiscono al loro interno la natura selvaggia – e solo apparentemente incontaminata – e territori ospitanti distese di stabilimenti industriali, fonti quest’ultimi di numerosi danni idrogeologici dallo sfruttamento antropico. Inquinamento è la parola “magica” che può racchiudere le risposte a tante domande. Uno sfruttamento dell’ambiente che non danneggia solo la natura, ma che provoca danni permanenti alla salute della popolazione.
La contemporanea presenza di impianti termoelettrici, chimici, petrolchimici, di raffinazione, discariche – legali ed abusive – ha esposto uomini e donne ad un ambiente contaminato da diversi tipi di agenti inquinanti: causa di rischio nell’insorgenza di alcuni tipi di tumori. Mortalità, incidenza oncologica e ricoveri ospedalieri fra i più alti d’Italia. I risultati appartengono all’ultimo rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, di marzo-aprile 2014.
I ricercatori che hanno steso il rapporto hanno registrato un numero di casi molto alto in entrambe i sessi per tumori all’esofago, fegato, colecisti e vie biliari, pancreas, polmone, vescica e tumori linfoematopoietici totali.
Gli allarmi che in questi anni sono stati diffusi, hanno incontrato il muro di gomma di un opinione pubblica dominata dalla sudditanza nei confronti delle multinazionali che, con la minaccia di licenziamenti, hanno sopito le proteste di lavoratori e cittadini. Il risultato è che le multinazionali hanno comunque chiuso diversi stabilimenti e l’ambiente risulta fortemente compromesso.
I danni si trasformano inoltre in costi di quelle degenze sono un peso sul SSN che sarebbe da addebitare a quelle aziende e non alla collettività. I costi delle bonifiche sono quasi sempre a carico dello stato, quindi nostro. Questo è il frutto di un modello di industria che non ha considerato tutte le conseguenze negative dei propri processi produttivi.
Peraltro vi sono vaste aree della Sardegna che sono ancora prive di dati esaustivi, studi accurati e di riscontri scientifici dai quali avere delle risultanze certe e attendibili in fatto di inquinamento come ad esempio l’area di Ottana, Macchiareddu (fra Assemini e Capoterra), Sarroch, Teulada, il Sulcis e l’Iglesiente, per non parlare di Furtei dove esiste una vera “bomba ecologica” che rischia di scoppiare devastando tutto il campidano meridionale.
Situazione difficile anche in Sicilia. Nell’area di Priolo, Augusta , Melilli, Siracusa, contaminate da decenni di avvelenamento industriale vivono centinaia di migliaia di italiani, a causa dell’inquinamento si ammalano e muoiono di più che nel resto del Paese. L’assenza della politica di fronte a questo dramma sociale fa impallidire o ancora peggio, se come nel caso dell’Ilva di Taranto è stata complice, sembra non esserci più speranza. Per il mesotelioma, patologia per cui risulta l’associazione con le esposizioni ambientali rilevate, nell’area di Priolo sono morti uomini e donne in numero 4 volte maggiore rispetto a ciò che avviene nel resto della regione. Per restituire dignità e salute al “popolo inquinato” servono classi dirigenti libere dal condizionamento di interessi privati spesso illegittimi dalle ecomafie alle industrie dei veleni. Servono urgenti decisioni di svolta.
E’ urgente l’ inserimento nel codice penale norme su delitti contro l’ambiente, dando così alla magistratura strumenti efficaci contro ecomafie e avvelenatori industriali e poi sarebbe doveroso richiamare tutte le imprese più inquinanti a finanziare un Fondo nazionale con cui provvedere agli interventi di bonifica nei Siti d’Interesse Nazionale.

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