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Gli Eroi stregati della Galleria Moderna e Contemporanea di Torino.

La sera del primo Lunedì di Agosto il mio giovane inquilino il dottor Walter, ha ricevuto una telefonata dal suo fidanzato restauratore di quadri, che ci invitava a visitare le nuove collezioni alla GAM di Torino. Il dottor Walter era di servizio all’Ospedale Gradenigo il giorno seguente, così declinò l’offerta mandando comunque baci appassionati al nuovo amore della sua vita. Decisi di valutare la proposta dato che il primo martedì di ogni mese l’ingresso alla Galleria è completamente gratuito. Erano ormai sette mesi che mi ero trasferito a Torino dopo il congedo dall’Esercito ed alla fine di Luglio la SEI editrice di Corso Regina Margherita, dove lavoro a progetto, mi aveva dato 15 giorni di ferie. L’inizio della settimana era stato una noia assoluta e la mia giovane amica Cristina A.G. della Loescher editore, nonostante l’avvenente bellezza, era riuscita a portarmi in depressione raccontandomi le sue esperienze lavorative come iconografa senza futuro. Erano anni che non visitavo un museo e l’unica esperienza artistica erano le terribili televendite sui canali satellitari che offrono capolavori scontati fino all’inverosimile. Il bollettino meteo non dava segnali di pioggia ma il dottor Walter mi consigliò di indossare una giacca di tela per evitare di diventare suo paziente come vittima dell’aria condizionata che avrebbe sicuramente rinfrescato le sale del museo. Ad accogliere i visitatori all’esterno della GAM vive l’inquietante opera scultorea di Thomas Schutte “Il Grande Spirito”, che si erge con le braccia levate come se volesse scoraggiare l’ingresso. Nonostante il biglietto gratis eravamo solo io ed un pensionato seduti in sala d’aspetto a guardare il video del back stage dell’allestimento delle collezioni a cura degli studenti dell’Accademia Albertina. Per passare il tempo prima dell’apertura della biglietteria mi sono letto il magazine d’arte della Gam a cura di Alessandro Rabottini con l’editoriale di Danilo Eccher che presenta la tematica principale su cui si snoda l’intera mostra: l’Eroe che “può essere rivisto nei suoi connotati positivi, nella capacità di scelte coraggiose e di resistenza al proprio tempo, di presa di posizione, ed è in questo senso che se ne ritrova il valore attuale, artistico e storico”.
Ho deciso di cominciare la mia visita solitaria dai piani inferiori dove si trova la Videoteca che ho trovato abbandonata ed illuminata dalla flebile luce del video “Variazione di velocità” con l’autore Luca Rento disteso nel buio di un temporale sotto il riparo naturale formato da un grande masso montano. Si sente un continuo fluire dell’acqua che appare illuminarsi a tratti in un angolo dell’inquadratura. Molto suggestiva questa allegoria del tempo universale a confronto con il tempo umano ma ha aumentato il mio senso di solitudine. Al piano interrato dell’Underground Project, una decina di belle ragazze vestite in divisa blu chiacchierava e rideva circondando la statua completamente nuda dell’autoritratto dell’autore Pawel Althamer ed avrei voluto sostituirla nella performance. Trovo inutile questo tipo di personale per il monitoraggio delle sale. Non è in grado di dare informazioni didattiche ed in caso di aggressione può soltanto mettersi a gridare. Perché non affidare questo servizio ad una compagnia di vigilanza armata? I due piani della mostra “Eroi” sono divisi per temi: Anima ed Informazione al primo e Malinconia e Linguaggio nel secondo. Il percorso Anima viene presentato da Vito Mancuso professore ordinario di Teologia Moderna presso l’Università di Milano, un dialogo con ambiti disciplinari diversi quali quello religioso, filosofico e letterario. La dimensione sacrale della religione viene proposta dall’allucinante “Olio e sangue su tela” di Hermann Nitsch, il tabernacolo dal sapore dionisiaco del Teatro delle Orge e dei Misteri. L’infernale legno combusto delle opere di Nunzio è una tavola nera di morte e sofferenza dell’anima nelle costruzioni metalliche di Emilio Scanavino.
L’inquietante “Virtù del Fornaio in carrozza” di Mimmo Paladino si contrappone al volto bestiale di Savinio “Autoritratto in forma di Gufo”. Bellissima la spiritualità delle superfici a fondo oro delle icone di Francesco Hayez e la perfezione della ricerca simbolica e religiosa nei monumenti funebri in gesso di Leonardo Bistolfi.
Il percorso Informazione è stato scelto da Mario Rasetti professore ordinario di Fisica teorica al Politecnico di Torino dove il titolo definisce una grandezza al pari di massa, energia e velocità, la possibilità quindi che ha ogni elemento che compone la natura, di farsi portatore di messaggi simbolici, una trasmissione di informazioni come chiave della nascita e della vita. Da un lato l’idea di natura selvaggia in crescita vitale e dall’altra le ricerche di forme geometriche che derivano dalla classificazione scientifica a sintetizzare le visioni artistiche. Dalle “Quattro stagioni atmosferiche” di Reviglio alla “Foresta Vergine” di Giuseppe Camino. Una natura in mutazione invece il confronto tra le opere di Pinot Gallizio e Mario Merz. Gli elementi primigeni dell’Arte Povera di Penone culminano nelle suggestioni indecifrabili della “Stella di Bronzo” di Gilberto Zorio. Affascinanti le avanguardie storiche di Pablo Picasso, Otto Dix, Enrico Prampolini e Francis Picabia con il suo vampiresco Le Baiser.
Il percorso Malinconia è stato consigliato da Eugenio Borgna, Primario di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara che illustra l’esperienza della condizione umana attraverso i sintomi della disperazione e dell’angoscia, della noia e della tristezza che si uniscono nella percezione di un tempo immobile e sospeso. “Pazzo” di Luigi Onetti e la “Cella delle pazze” di Giacomo Grosso introducono il tema esaltato dal vuoto di una tavola imbandita testimone di una tragedia, nel quadro “Asfissia” di Angelo Morbelli. La noia e la solitudine sono le figure addormentate e dallo sguardo spento “Ragazza con scodella” e la “Dama e l’Armatura” di Felice Casorati. Suggestiva la trasfigurazione di donne in angeli in “Metamorfosi”di Italo Cremona e la percezione di un tempo irreale che riscopre un passato eroico nei dipinti metafisici che fissano lo spettatore come “Autoritratto” di Giorgio De Chirico. L’esaltazione del vuoto delle sale deserte, è stata acuita dalla solitudine angosciante delle foto di Francesca Woodman che rappresentano vecchie case con apparizioni di giovani fanciulle ed il video di Ursula Mayer con le protagoniste una giovane e l’altra anziana che vivono nello stesso tempo, immerse in una musica monocorde, gli stessi spazi vuoti.
Il percorso espositivo del Linguaggio, curato da Sebastiano Maffettone, professore ordinario di Filosofia Politica della Luiss Guido Carli, mette a confronto gli autori che hanno compiuto una ricerca intorno ai codici del linguaggio artistico come la scomposizione del colore e delle forme pittoriche di Giacomo Balla e il superamento della tela con i buchi ed i tagli nello Spazialismo di Lucio Fontana o nelle superfici estroflesse in una fitta trama di Castellani. L’utilizzo di codici espressivi tratti dal quotidiano come la segnaletica stradale, la produzione industriale e seriale sono preponderanti nelle opere di Mario Schifano, di Salvatore Scarpitta, di Arman e Pietro Gilardi.
Nel realismo di “Passaggio Pedonale”di Guttuso e nel “Paesaggio Urbano”di Sironi c’è una riflessione politica e sociale, ma è nell’atroce “Cinque morti in arancione” di Andy Warhol che si sintetizza il consumismo di massa.
Penso che l’eroe della contemporaneità non sia Lucifero e neppure Prometeo ma l’uomo stesso che visita questa mostra, perché ci vuole coraggio per affrontare gli spettri che affollano la mente di tutti questi artisti che rendono dolorosa con le loro opere, la percezione del nostro precario quotidiano.
CondorOfficialReport2

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