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L’arte, i filosofi e le filosofie a confronto

Tutti sappiamo che le ombre sono proporzionali agli oggetti che le proiettano e che una pertica ha l’ombra molto piú corta di un obelisco. Però si potrebbe far risultare il contrario, rilevando l’ombra della pertica all’alba, quando l’astro è all’orizzonte, e quella dell’obelisco a mezzogiorno, quando invece è allo zenit. Ne consegue, quindi, che chi volesse determinare seriamente l’altezza degli oggetti dalla lunghezza delle rispettive ombre, almeno dovrebbe farlo alla stessa ora, con lo stesso sole e con gli stessi strumenti. Posto questo, risulta evidente quanto sia assurdo e ipocrita vantare la grandezza di certi artisti moderni sapendo di averla dedotta nell’ora sbagliata. Se questa malacultura non ci avesse ammaestrati ad accogliere tutto supinamente, saremmo incapaci di ascoltare i ciurmatori e di rinunciare ai valori di millenaria tradizione.
Macché Titani dell’arte! Proiettano ombre gigantesche perché il sole, per essi, è stato “imbrigliato” all’orizzonte, aspettiamo che si alzi un poco, vedrete che nani.
E’ arrivato il momento di riflettere seriamente su molte cose. L’uomo è un animale dotato di intelligenza superiore e la sua felicità dipende molto pure dalla maniera in cui riesce a badare alle esigenze del suo corpo.
Ma per vivere in modo perfetto, siamo obbligati a nutrire anche l’anima, oltre al corpo, sebbene, attendere all’anima, significhi spesso abbandonarsi alla malinconia e alla tristezza che ne costituiscono l’essenza. Del resto, se gli uomini fossero stati sempre allegri, non sarebbero mai nate le belle arti, dicevano nel secolo scorso. Le vitamine aiutano il nostro corpo a stare meglio, l’arte aiuta il nostro spirito a farci apprezzare meglio la vita. Se lo spirito si ammala, la nostra psiche ne risulta sconvolta.
Attendere all’anima significa anche badare al corpo; l’arte è la medicina che mantiene sani spirito e corpo. Nevrosi e psicosi scaturiscono spesso dall’anima malata, dalla mancanza di un “senso della vita”. L’incapacità di provare emozioni è la causa della depressione e l’arte moderna, specie quella più indecifrabile, è nata proprio per distruggere le emozioni e per favorire le nevrastenie.
Per questo motivo occorre abbandonare al più presto le filosofie ipocrite e tornare ad un’esistenza più semplice e sincera. I mali e le disperazioni non potranno mai essere eliminati, sono nati con l’uomo stesso; tuttavia, dolori e affanni possono dettare liriche cosí dolci da placare tutte le tetraggini dello spirito, perché proprio le nostre pene muovono gli ingranaggi che portano all’arte. Secondo un vecchio adagio, “l’anima non avrebbe arcobaleno se gli occhi non avessero lacrime”.
Kant ha insegnato che i nostri limiti sono gli stessi della ragione e che tentare di eluderli o addirittura ignorarli, invocando presunte capacità superiori, significa solo avventurarsi nell’impossibile. Le filosofie passano, le credenze e le mode si susseguono le une alle altre; tutto muore a questo mondo, ma solo l’arte bella resta e vive a lungo, solo i capolavori che stupiscono e che affascinano sempre, in ogni tempo, sfidano i secoli.
L’arte vera è l’unico antitodo, inventato dall’uomo, in grado non solo di ostacolare l’inesorabile entropìa universale, ma anche di farlo vivere per millenni, attraverso le sue opere.
Secondo Aristotele, l’universo è un complesso movimento della materia verso il divino, poiché ogni cosa nel mondo si auto-ordina e si auto-determina tramite un processo eterno prestabilito. E’ un rapporto triangolare: materia-forma-Dio.
Sicché è istintivo per l’uomo tendere alla perfezione, all’inimitabilità, al meraviglioso, al massimo, e da sempre l’umanità ha impiegato ogni sforzo per sollevarsi dalla meschinità degli impulsi bassi e primitivi.
Chi devia, ripiomba allo stato bestiale e ritorna agli albori del vivere civile; la ragione, è bene ricordarlo, è la sola guida possibile per noi. Tutti i nostri piaceri sono legati ad essa e tutte le acquisizioni della cultura e della civiltà nascono lungo la sua strada. Allora, che senso ha favorire una politica dell’irrazionale, del folle, del brutto, dell’imperfetto, del malfatto, dell’arte al grado zero se non per turbare o inibire l’uso della ragione? Purtroppo, col passare del tempo, si tende ad adoperare sempre meno il cervello; molti dimenticano troppo spesso che “nuovo” e “buono” non sono sinonimi.
Platone fu il primo utopista, fu lui il primo a credere che la cultura e l’arte dovessero essere indirizzate a ingentilire l’umanità.
Era perfino contro l’insegnamento di Omero e di Esiodo i quali, in molte occasioni, presentano gli dèi in maniera non edificante, mentre ai giovani bisognerebbe insegnare che gli dèi sono solo buoni.
Gran parte della filosofia di Platone si basa sulla distinzione tra realtà e apparenza perché i suoi sforzi erano continuamente tesi alla continua ricerca della verità. Nel “Timeo” formula una distinzione tra arte “icastica”, che imita le cose quali sono in realtà, e arte “fantastica”, che tratta le cose non esistenti e sostiene che l’arte icastica è piú difficile da realizzare, essendo piú arduo imitare una cosa vera. Cita spesso le parole di Simonide: ” la pittura è una poesia muta e la poesia una pittura parlante”. Nella “Repubblica”, inoltre, afferma che la verità autentica è invisibile e che, siccome l’arte imita la natura, che a sua volta imita il mondo perfetto dell’Iperuranio, l’artista, anziché dedicarsi ad imitare le cose apparenti, dovrebbe cercare di conoscere la vera realtà, scoprire come penetrare in quel mondo superiore.
Ma i filosofi idealisti, agli inizi dell’Ottocento, in queste affermazioni, vollero ravvisarvi per forza delle condanne; mentre è noto che Platone, piú che esprimere una censura della poesia e dell’arte mimetica, voleva che gli artisti si tenessero fuori dalla politica.
Sapeva benissimo quanto l’arte e il bello fossero capaci di contribuire ad un positivo sviluppo dell’educazione dei giovani e ad aiutarli a comprendere il valore della morale e del bene. Anzi, per quanto riguarda il nutrimento dello spirito, diceva: ” II compito delle ali è di sollevare ciò che pesa, portare in alto sino alla sfera abitata dagli dèi, e per tale motivo esse partecipano del divino; e divino significa bellezza, sapienza, bontà e ogni altra cosa simile. Soprattutto di questo si nutrono e si fortificano le ali dell’anima.”
Platone, lo sappiamo tutti, era un pensatore profondissimo e i suoi primi due amori furono proprio la pittura e la poesia; però, dopo aver conosciuto Socrate, solo la creazione di uno Stato perfetto occupò i suoi pensieri. Amava, come pochi altri, i suoi simili ed aveva molto a cuore il futuro dell’umanità. Fino alla fine della vita non rinunziò mai al desiderio di intervenire nella vita pubblica per modificare gli uomini.
Sognava una repubblica ideale governata dai filosofi, perché governanti saggi avrebbero giovato allo Stato; anche l’arte, secondo lui, doveva essere guidata dalla filosofia, perché, abbandonata a se stessa, sarebbe scaduta nel falso. Da queste e da altre considerazioni partirono le manipolazioni degli idealisti. I suoi scritti subirono molte interpretazioni nelle varie epoche, ma, negli ultimi due secoli, i sublimi orizzonti del suo pensiero furono addirittura travisati.
E’ vero che alcune teorie di Platone sono dure, svantaggiose e, se si vuole, anche sbagliate, ma accusare quest’ “uomo divino” di essere un utopista cinico e violento è come voler declassare Omero a corrispondente di guerra o, peggio ancora, accusarlo d’essere un guerrafondaio.
Platone scriveva per l’eternità, Rousseau, Hegel e Marx scrivevano per sobillare i loro contemporanei; il primo cercava l’uomo, i secondi cercavano rivoluzionari e arrivisti.
Purtroppo, tutte le opere dei grandi filosofi del passato, e di Platone in special modo, suscitarono e suscitano polemiche; la “Repubblica”, uno dei testi-chiave di tutta la filosofia occidentale, è ancora terreno di aspre battaglie: ognuno la interpreta a modo suo, non perché il testo sia ostico o indecifrabile, ma perché ci si specula, si vuole che sia reprensibile.
Platone era un sostenitore della “verità autentica”; il suo “Iperuranio”, in fondo, non era altro che un superiore mondo ideale e tutti i grandi pensatori, in ogni tempo, furono onestamente d’accordo sulla validità delle idealizzazioni e delle rappresentazioni naturalistiche.
Pure Aristotele, che spesso la pensava in maniera diversa dal suo maestro, vedeva nell’arte un potente mezzo di educazione. L’arte è imitazione della natura, diceva, e il mondo sensibile che imita non è solo semplice apparenza, ma anche realtà sublime, che può perfino essere oggetto di analisi scientifica.
E all’indagine, alla mimesi, all’analisi scientifica della natura e alla produzione di modelli ideali si sono sempre dedicati gli artisti attraverso i secoli fino alla presa della Bastiglia (1789), che segnò il crollo dell’ ” ancien régime”, la fine del monopolio culturale delle due classi privilegiate (Chiesa e nobiltà) e l’inizio dell’ascesa dei grandi banchieri ebrei, che da quel momento divennero i “depositari della verità”.
E’ possibile approfondire l’argomento sul sito del pittore Nicodemo Napoleone – www.napoleonenicodemo.com

Pittore
Nicodemo Napoleone
via Palermo, 30
65122 Pescara
[email protected]

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