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Perchè si cambia lavoro. Il linchpin e il job hopping all’Italiana.

Scrivo questo post per rispondere in maniera spero piú esaustiva a quanti nei colloqui di lavoro mi rivolgono questa domanda “ma perchè hai cambiato nel corso della tua vita professionale così tanti lavori?”.
Spero che questo post possa essere di aiuto ai dirigenti e ai manager delle risorse umane, ma anche a quanti come me hanno la volontá di rispondere a questa domanda. Il titolo puó spaventare o confondere chi non conosce in maniera approfondita questo fenomeno sociale e devo dire che in Italia purtroppo ho incontrato molti responsabili delle risorse umane che non avevano idea di cosa fosse il job hopping. Ma procediamo con ordine.
Chi è un job hopper? Un job hopper è una persona che cambia spesso lavoro. Possiamo trovare un interessantissimo articolo di forbes che spiega questo fenomeno e cosa sta accadendo oggi nel mondo.
http://www.forbes.com/sites/jeannemeister/2012/08/14/job-hopping-is-the-new-normal-for-millennials-three-ways-to-prevent-a-human-resource-nightmare/
Oggi la maggior parte dei dirigenti delle risorse umane considera il job hopper una persona non fedele all’azienda affermando inoltre che una persona assunta di recente non possa fornire quella maggiore produttivitá che invece il collaboratore presente da dieci anni in azienda assicura. Ma ne siamo davvero convinti?
Dalla mia esperienza posso dire che nel nostro Paese, a meno che l’azienda non abbia dei seri programmi di riqualificazione e di studio, un collaboratore che è in azienda da 10 anni ha ormai consolidato una serie di abitudini e consuetudini ripetitive. Questo, tra le altre cose, è anche il motivo per cui a volte le multinazionali preferiscono puntare molto di più su chi ha pochissima esperienza ma molte potenzialitá. In un individuo giovane, infatti, non si sono ancora consolidati quei processi e associazioni di tipo cognitivo che formano le persone lavorativamente più adulte.
Il discorso può essere affrontato in maniera scientifica. È ampiamente dimostrato che l’essere umano è abitudinario, il cervello consolida e archivia automaticamente l’esperienza e quindi senza la nostra conscia volontá attiva meccanismi e procedure in modo da risparmiare energia. Adesso infatti è chiaro perchè siamo restii al cambiamento e ci stanchiamo di più nelle prime fasi di un nuovo lavoro. Il nostro cervello deve rimettersi in moto, costruire nuove relazioni sociali in azienda, affrontare nuovi compiti e nuove sfide.
Per molte persone, soprattutto sopra i 30 anni, questo causa stress emotivo e spinge la maggior parte delle persone a non forzare e ad accettare anzi lo status quo. Personalmente, nei mesi di pausa tra un contratto ed il successivo, ricomincio a studiare, a leggere molto, soprattutto perchè penso che questo sia uno dei modi migliori per nutrire il proprio cervello. È infatti attraverso la lettura e lo studio che si generano nuove idee. L’azienda oggi vive di nuove idee e di innovazione, senza nuove idee nessuna azienda può sopravvivere a lungo.
Probabilmente starete pensando a dei miti come la coca cola o il mc donald che non hanno avuto bisogno di nuove idee per fare profitti. Credo che questi siano solo miti ancestrali. Ma allora, in azienda, chi genera queste nuove idee?
Le persone che vi lavorano e in qualche caso qualche consulente esterno. Sapete perchè in azienda le persone che svolgono i propri compiti dopo un pò non riescono a vedere al di lá del proprio naso o del proprio schermo del computer?
Anche in questo caso c’è una spiegazione assolutamente scientifica su come funziona il nostro cervello. Vi sarà certamente capitato di fare delle azioni ripetitive come rileggere più e più volte un testo di vostro discorso, ad esempio, e dopo un pò non riuscire più a scovare errori ortografici, forme stilistiche migliori e vi sarà certamente venuto in mente, almeno a quelli più saggi, di farsi aiutare da qualcuno per fare meglio. Bene, ecco come siamo fatti, animali sociali che per portare a termine un compito hanno bisogno dell’aiuto del team (si direbbe in ambito aziendale).
Questo accade a tutte le persone, anche a te che stai leggendo questo post, i one men show non esistono. Certo qualche ronaldo della situazione c’è in giro ma poi muoiono come steve jobs e soprattutto sono difficili da trovare. Coloro che restano in azienda oltre un certo tempo (il tempo dipende da individuo a individuo e secondo le proprie capacitá di scendere velocemente lungo la curva dell’apprendimento e dell’esperienza) se non correttamente stimolate, ad esempio con programmi di appraisal, di tipo americano, o con nuovi progetti, si spengono automaticamente e la loro produttività decresce drammaticamente, quindi non aumenta come sostengono i bravi dirigenti delle risorse umane.  Le risorse umane credono da sempre che uno che resta nella stessa azienda da 10 anni sia più in gamba di chi ha cambiato 10 aziende in 10 anni! e la cosa interessante è che cercano di convicere anche voi dello stesso. Un residuato bellico di mentalità tipicamente “padronale”, che forse potrà sembrarvi insolito ma nel quale mi sono imbattuto moltissime volte, in questi anni.
Le risorse umane e se non lo fanno loro l’imprenditore dovrebbero chiedere, periodicamente al collaboratore se si trova bene in aziende e se gli piace e quanto ciò che sta facendo.
E arriviamo quindi al concetto di linchpin introdotto da Seth Godin nel suo libro.
Ora per chi non conoscesse Seth Godin vi rimando al link di wikipedia per approfondire sull’autore della mucca viola http://en.wikipedia.org/wiki/Seth_Godin.
Secondo questo autore non è la quantità di tempo che una persona rimane in azienda ma è la qualità quella che conta. Un concetto credo abbastanza comprensibile.
Il linchpin è una persona che è in grado di rimettersi sempre in discussione non accettando anzi combattendo lo status quo. Egli comprende che nella vita se si affrontano delle situazioni non comode si finisce per migliorare, è infatti dai problemi che nascono le opportunità. Un linchpin in azienda fornisce le proprie competenze e ha idee e punti di vista diversi e nuovi rispetto ai collaboratori già presenti in azienda. Ma in Italia come viene accolto il linchpin in azienda?
I collaboratori già presenti in azienda vogliono conoscere immediatamente le sue passate esperienze, iniziano a temerlo, si guardano intorno per capire perchè l’azienda sta assumendo altre persone, iniziano a chiedersi: “ma non basto io?” (ho notato che la frequenza della domanda è direttamente proporzionale all’età dei dirigenti). La nuova persona potrebbe sconvolgere il loro status quo. E se portasse innovazione?? È lo stesso motivo per cui Renzi, il sindaco di Firenze, perderà domenica contro Bersani.
Siamo Italiani vogliamo il posto fisso e vogliamo andare a casa alle 17.30, possibilmente senza litigi con il titolare ed evitando di scontrarsi con colleghi invidiosi. Vogliamo coltivare il nostro orticello e guai a chi ce lo tocca!!. Non giriamoci intorno, la realtà in molte aziende è questa. Perchè credete che gli stipendi nel nostro paese sono così bassi? Le tasse ?…no no.
L’imprenditore pagherebbe di più se solo avesse le competenze per accorgersi di chi fa bene il proprio lavoro, di chi lo fa guadagnare e di chi invece naviga su internet in azienda da 10 anni. Ma sapete questi ultimi sono a volte i più apprezzati dalle aziende, fanno quello che devono fare, inseriscono il pilota automatico, risparmiano energia e vivono mese dopo mese aspettando con ansia il 27 del mese. Ovviamente non c’è niente di male in questo, basta però essere in grado di distinguere.

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