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Iprite o gas Mostarda, una vergogna per l’umanità

Il gas mostarda altro non è che iprite, un vescicante d’estrema potenza poiché posseede la spiccata tendenza a legarsi alle molecole organiche. L’iprite è liposolubile e penetra in profondità nello spessore della cute; dopo che gli strati superiori, ancora sani, sono andati incontro al fisiologico ricambio, si presentano sulla superficie cutanea le cellule colpite e non proliferanti, cosicché si aprono devastanti piaghe. Concentrazioni di 0,15 mg d’iprite per litro d’aria risultano letali in circa dieci minuti; concentrazioni minori producono le sopracitate gravi lesioni, dolorose e di difficile guarigione. La sua azione è lenta (da quattro ad otto ore) ed insidiosa, poiché non si avverte dolore al contatto. È estremamente penetrante ed agisce sulla pelle anche attraverso gli abiti, il cuoio e la gomma.

 

Nel corso nella prima guerra mondiale (1914-1918) i Tedeschi utilizzarono il gas mostarda nella cittadina di YPRES in Belgio (da cui il nome di IPRITE dato al gas mostarda) provocando 5000 vittime. Tuttavia questo gas fu utilizzato anche successivamente alla prima guerra mondiale in modo massiccio.

 

Il 2 dicembre 1943 la flotta alleata, attraccata nel porto di Bari venne bombardata da un centinaio di aerei tedeschi, subendo forti danni. La nave alleata John Harvey scoppiò e colò a picco. Essa conteneva nelle stive 2000 bombole di iprite (100 tonnellate) pronte all’uso nonostante la firma del contratto di Ginevra nel 1923 che impediva l’uso di gas asfissianti e/o tossici.

 

Nell’Adriatico, ancora oggi sono depositate sul fondo alcune centinaia di tonnellate di iprite, in bombole fatte affondare subito dopo il 1945 dal Comando Alleato per nascondere all’opinione pubblica il loro impiego durante la guerra.

Nell’attacco al porto di Bari vi furono 600 intossicati, con il corpo coperto di vesciche, cui seguirono diversi morti nelle successive ventiquattro ore.

I tedeschi comunque non erano stati da meno. Infatti prima della ritirata essi avevano distrutto un impianto chimico nel pressi di Foggia, dove producevano iprite scaricando nell’Adriatico, in prossimità di Molfetta, Manfredonia, Trani e Margherita di Savoia, diverse tonnellate del gas chiuso in bombole che negli ultimi 50 anni sono spesso finite nelle reti dei pescatori dell’Adriatico.

 

Durante la Iª Guerra Mondiale i farmacologi erano stati colpiti dalla somiglianza esistente tra le ustioni prodotte sulle persone dalle radiazioni X e dal gas mostarda che rimarginavano debolmente e successivamente si riaprivano. Da ciò l’ipotesi che il gas asfissiante potesse indurre aberrazioni cromosomiche e quindi mutazioni capaci di indurre malattie oncògene molto gravi.

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