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PNL: uno strumento insostituibile per migliorarsi e vivere felici

Sono passati più di quaranta anni da quando Richard Bandler e John Grinder inventarono la PNL (programmazione neurolinguistica), una tecnologia molto potente che può essere appresa da chiunque e può essere utilizzata per vincere le paure, superare i propri limiti, ridurre i contrasti interiori. La PNL fornisce delle tecniche finalizzate alla crescita personale che aiutano l’individuo a trovare le giuste motivazioni per raggiungere i propri obiettivi.
Si parte dal presupposto che dal punto di vista neurologico ogni individuo è uguale ad un altro. I nostri comportamenti, il nostro carattere, ciò in cui crediamo, ciò che sentiamo – in una parola – “ciò che siamo” è conseguenza delle esperienze che abbiamo vissuto, dei modelli che abbiamo avuto e dell’influenza che quest’ultimi hanno avuto su di noi, oltre che  del modo in cui il nostro cervello ha rielaborato queste informazioni. Ogni comportamento, ogni caratteristica del nostro carattere, non è un’informazione scritta nel nostro patrimonio genetico, ma al contrario è un’informazione immagazzinata nel nostro cervello, proprio come se fosse un software installato su un PC. Come ogni programma installato su un personal computer, anche i software installati nel nostro cervello sono codificati in un determinato linguaggio di programmazione e possono essere ri-scritti, cioè riprogrammati in modo da renderli più utili. E’ questo l’obiettivo che si pone la programmazione neurolinguistica: trovare il modo di ri-codificare i nostri programmi in modo da renderli più utili per l’individuo.
Ognuno di noi convive con una serie di paure, ha delle convinzioni che lo limitano, ha dei comportamenti poco produttivi o si ritrova spesso in stati d’animo poco potenzianti. Una paura o una convinzione non sono altro che informazioni immagazzinate nel nostro cervello sotto forma di immagini, suoni o sensazioni e che hanno determinate caratteristiche (che in PNL vengono chiamate submodalità). E’ proprio cambiando le caratteristiche delle immagini e dei suoni mentali che riusciamo a riscrivere i software installati nel nostro cervello. La grande scoperta di Bandler e Grinder sta tutta qui: nell’aver intuito che una cosa ci fa paura, non perché è oggettivamente così com’è, ma perché noi la rappresentiamo mentalmente mediante immagini o suoni che hanno determinate proprietà (submodalità) che a loro volta comunicano al nostro cervello di “attivare” la sensazione di paura. Di conseguenza sostituendo le submodalità della paura con le submodalità che ci trasmettono pace e tranquillità possiamo cambiare le nostre sensazioni relativamente a qualcosa che ci ha spaventato per anni.
Un semplice esperimento consiste nel pensare a qualcosa che ci crea fastidio, magari un’esperienza passata che ci ha creato imbarazzo e verificare che tipo di rappresentazione si forma nel nostro cervello. Immagini fisse o in movimento? Avvertiamo una voce interna che ci  dice qualcosa? Rivediamo mentalmente una serie di scene (come se fosse un film) di un’esperienza vissuta? Quali sono le caratteristiche delle immagini e dei suoni che si formano nella nostra mente (cioè le submodalità)? Vediamo immagini vivide o sfocate? Vediamo noi stessi in modalità associata (cioè come se vivessimo in prima persona l’esperienza) o in modalità dissociata (come se rivedessimo dall’esterno la nostra persona mentre rivive quell’esperienza)? Le immagini sono grandi o piccole? I suoni sono forti o deboli, lontani o vicini? E da quale direzione provengono? Le sensazioni sono intense?
Questo bagaglio di caratteristiche associate alle nostre rappresentazioni mentali è ciò che ci permette di classificare un’esperienza come imbarazzante, ansiogena, piacevole, meravigliosa e così via… Ad esempio è molto comune rappresentare esperienze che ci provocano paura mediante immagini molto grandi, ma in genere ogni persona ha i propri “set di submodalità” per ogni tipo di sensazione che prova.
L’esperimento continua provando a rimpicciolire le immagini associate alla rappresentazione che ci provoca imbarazzo. Pertanto proviamo a rendere le nostre immagini più piccole e al tempo stesso cerchiamo di allontanarle, cioè di non tenerle in primo piano, ma di spostarle più in profondità nel nostro “campo visivo mentale”. Infine proviamo ad agire sui colori rendendo le immagini più scure o più sfocate.
E’ veramente molto probabile che la sensazione di imbarazzo che prima avevamo rivissuto, sia completamente scomparsa rivivendo l’esperienza con le nuove submodalità.
Tra le altre cose la PNL insegna come gestire adeguatamente le nostre rappresentazioni interne in modo da creare immagini che ci diano potere piuttosto che limitarci.
In rete esistono numerose risorse per imparare la PNL: tra queste si segnala il blog Personal Power (raggiungibile all’indirizzo http://perspower.blogspot.com) che fornisce informazioni chiare e aggiornate su tutte le tecniche di programmazione neurolinguistica

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