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Alcune questioni globali viste da Mosca

Il 5 dicembre è scaduto il corso legale del trattato Start, una delle
basi del disarmo e della sicurezza mondiale, firmato agli inizi degli
anni Novanta.
Russia e Stati Uniti sono prossimi ad un nuovo
accordo, scrivevano le agenzie a fine novembre. Ora è confermato che di
un nuovo Start non si potrà parlare prima dell’anno nuovo.
I
rapporti tra le due superpotenze della Guerra Fredda sono notevolmente
migliorati con la presidenza Obama. Ne parliamo con Viktor Kremenjuk,
vice direttore dell’influente Istituto Usa-Canada. "La politica del
reset – esordisce uno dei massimi esperti di rapporti est-ovest,che
espone con orgoglio nel suo studio varie fotografie in compagnia di
tutti gli ultimi capi della Casa Bianca – ha raggiunto il suo primo
obbiettivo. E’ stato fermato il peggioramento nei rapporti bilaterali.
Il secondo obbiettivo è tornare indietro al punto da dove sono partite
le incomprensioni. Tanti sono i problemi accumulatisi, ad incominciare
dall’allargamento della Nato ad Est. Ormai non si può più levare lo
status di membro dell’Alleanza atlantica ai Paesi neo-aderenti. Allo
stesso modo , la Russia non può ritirare il proprio riconoscimento all’
Abkhazia ed all’Ossezia del sud.
Sarebbe una perdita di prestigio.
Russi ed americani si devono sforzare di trovare una strada nuova,
cercando, se necessario, percorsi mai seguiti prima, evitando
atteggiamentida scontro. Sono numerosi i teatri a cui guardare insieme.
Prendiamo il Medio Oriente, inteso come Grande Medio Oriente, da dove
provengono segnali minacciosi per tutti. C’è la guerra in Iraq,
Afghanistan, Pakistan. I rischi di un conflitto con l’Iran sono alti.
Non ci sono situazioni tranquille in Tagikistan, nella regione cinese
dello Xinjiang.
Se si discuterà con Obama di questi argomenti le relazioni bilaterali prenderanno nuovo impulso".
I
russi sperano in Barack Obama, un presidente con all’apparenza
caratteristiche differenti da quelle dei precedenti inquilini della
Casa Bianca?
"Si. Mi sembra che sia un leader di un’altra
generazione. Per prima cosa soltanto una parte della sua vita è
trascorsa durante la Guerra Fredda che Lui non ricorda o preferisce non
ricordare. Pensa in maniera differente. Purtroppo, come lui dice
giustamente, alcuni dei nostri politici sono con un piede nel passato.
Ma è difficile per noi russi dimenticare una guerra persa".
Lei è il primo russo in tanti anni di lavoro che sento affermare una cosa simile. La gente della strada non ha questa coscienza.
"Posso
anche aggiungere che, in realtà, noi abbiamo vinto perchè abbiamo
fermato colossali e stupide spese per la corsa agli armamenti ed
abbiamo smesso di minacciarci l’un l’altro con gli americani.
Sostenendo questa interpretazione, ho, comunque, ragione. Tuttavia
l’Urss si è disintegrato, abbiamo perso degli alleati e la Russia è
rimasta da sola e mezza isolata. Ed anche in questo caso non ho torto".
Torniamo
ai vostri avversari della Guerra Fredda . Gli imperi crollano sempre
prima economicamente. La crisi finanziaria scoppiata nel 2008
rappresenta la fine degli Stati Uniti come unica superpotenza rimasta
all’epoca della globalizzazione? L’aspetto più incredibile è che è
stata stata proprio Washington a spingere verso la mondializzazione dei
commerci e della vita in generale.
"Gli Usa e noi tutti siamo
entrati in una nuova fase di sviluppo e non si sa dove si vada.
Washington ha assunto la posizione di leader dell’occidente e su questo
nonci piove. In tale posizione gli Stati Uniti attraggono il resto del
mond, o almeno un gran numero di Paesi, che vogliono sempre una realtà
unipolare e pro-americana. Questi Stati non si lamentano della loro
scelta poichè Washington è riuscita a garantire loro sicurezza,
prosperità, svilupposoprattutto tecnologico ed altro. Mi sto riferendo
al "miliardo d’oro" di popalazione globale, come noi tecnici la
chiamiamo.
Nell’ultimo decennio sono apparsi nuovi attori
internazionali, che sfidano questo sistema. Sto parlando in particolare
del Bric (Brasile,Russia,India e Cina), che riunisce Paesi
potenzialmente molto forti, ma non alleati della Casa Bianca. George
Bush jr. non voleva vedere questa realtà, che, invece, Obama comprende.
Il
grande interrogativo è se gli Usa troveranno un linguaggio comune con
queto gruppo di Stati senza il quale: primo, non è possibile
individuare vie d’uscita per le crisi economiche-finanziarie; secondo,
non si risolvono i problemi della proliferazione nucleare, della
sicurezza e del componimento dei conflitti – mi riferisco alle zone
calde, ossia Afghanistan, Iraq, Iran -. Prendiamo la Russia. Senza la
collaborazione del Cremlino i nodi del clima e dell’energia non si
sciolgono.
"Per farla breve, riusciranno gli Usa ad attrarre il Bric
verso il proprio ordine mondiale con delle intese o questi Paesi
diventeranno degli avversari? Ma come si può fare ad instaurare
rapporti amichevoli? Quali contattistabilire? L’India è una democrazia,
il Brasile non si sa, gli altri due no. Le basi ideologiche non sono
chiare e in questi Paesi vi sono diversi sistemi politici. E’ possibile
con loro collaborare? Forse, sì, ma si deve definire la sfera".
"Poi
esiste un altro gruppo di Paesi a cui il presidente Usa guarda con
preoccupazione, ossia gli Stati tradizionalisti, per la precisione
quelli islamici con più di un miliardo e mezzo di abitanti. L’Islam è
una religione combattente che mobilita imponenti mezzi finanziari con
pressanti ambizioni. Cosa fare con questi Paesi? Tra loro ci sono dei
regimi normali: Giordania, Marocco. Ma non sono quelli che dominano la
scena e che ascoltano Al Qaida e gli estremisti.
L’impegnativo
compito strategico di Obama è riuscire a trascinare il Bric per
costituire una base forte che costringa l’Islam a risolvere,
pacificamente e con l’uso della diplomazia, i suoi contrasti con il
mondo cristiano. Se lui non ce la farà nessuno sarà in grado di farcela.
Gli
Usa non sono mai stati un impero nell’intendimento classico. Non sono
mai stato d’accordo co la propaganda sovietica. Gli Stati Uniti hanno
una struttura completamente diversa: sono una reale democrazia che
pensa in maniera distinta. Non è l’epoca imperiale romana. E’ la Roma
repubblicana prima dell’impero. Una categoria del tutto separata con
delle similitudini."
Facciamo l’ipotesi che gli Usa non abbiamo
successo e venga a mancare una guida. Secondo lei si potrebbe aprire un
periodo pericoloso per l’umanità?
"Certo. Anche in presenza di un
sistema superorganizzato serve un leader che sappia dare delle
risposte. Se la sua posizione si indebolisce – anche per un breve
periodo – la situazione può cambiare. Per anni gli Usa hanno ricoperto
tale compito: hanno risolto i propri problemi interni, poi hanno
aiutato un vasto gruppo di Paesi – europei e non – e li hanno fatti
diventare loro alleati. In futuro Washington riuscirà a trovare nuove
risorse per rispondere alle sfide contemporanee? Questa è la domanda".
Quando
nel gennaio 2001 G.Bush jr entrò alla Casa Bianca la questione cinese
era al primo punto della sua agenda internazionale. Poi è venuto l’11
settembre.
"La Cina è una superpotenza fin dall’inizio della sua
storia. Adesso si sta muovendo. E’ incredibile la velocità del suo
tasso di crescita come è difficilmente comprensibile dove questo Paese
si dirigerà. La Cina dà ad intendere seri contrasti tra la sua
ideologia e la sua economia in espansione. Fino ad ora il sistema
politico ha garantito questi alti tassi, è stato in grado di mobilitare
le risorse ed ha definito una strategia di sviluppo adeguato.
Ma
tutto questo avrà delle conseguenze successive indirette sulla
politica, sul ruolo del business. Provocherà lo scontro tra interessi
militari per la sicurezza e quelli economici. E quale soluzione si
troverà per queste situazioni? Se l’accumulo di potenza economica
trasformerà il Paese in una grande forza militare allora la Cina sarà
un problema per tutti noi. Si dovrà allora pensare a come contenerla.
Oppure, al contrario, questo accumulo economico suggerirà ai cinesi di
rifiutare la variante militare e di sviluppare quello che loro hanno
ossia l’economia, la finanza, l’industria eccetera. Questa scelta non è
stata, però, ancora fatta da Pechino".
Il grande storico americano,
Richard Pipes, afferma che non si deve avere fiducia della Russia per
le sue tradizionali ambizioni imperiali. Bisogna dare una chance
all’odierna Russia? "All’inizio degli anni Novanta volevamo un dialogo
aperto con l’Occidente. Avevamo grandi speranze. Cosa abbiamo ricevuto
in cambio? L’allargamento della Nato. Quali conseguenze?
Per prima
cosa è stato licenziato il nostro ministro degli Esteri Andrej Kozyrev,
che dirigeva il movimento di avvicinamento all’Occidente. Secondo:
guerra in Jugoslavia. Ma a che cavolo è servita? Quali decisioni ha
portato? E’ stato creato il Kosovo. Quale e’ stato ilcosto di tutto
ciò? Prima hanno mandato via Evghenij Primakov, quindi Boris Eltsin.
Ecco che i servizi segreti sono arrivati al potere. Io dico agli
americani che loro con quelle decisioni ci hanno fatto saltare l’intero
processo di democratizzazione del Paese. Ma dove volevano andare quei
signori? Bisogna pensare prima. Senza la Russia non si risolve nessuna
questione globale. Il problema come comportarsi con noi è tornato di
moda. Non sono sorpreso".
Obama, tuttavia, pare dare alla Russia
nuova fiducia. Washington ha rinunciato ufficialmente al progetto di
dispiegamento del cosiddetto Scudo spaziale Usa in Europa centrale.
"Lo
Start è la prosecuzione di un processo iniziato negli anni Settanta.
Serve a stabilizzare l’equilibrio strategico e ad abbassarlo, ossia
rendere le cose controllabili. Quella linea politica continua
nonostante che G.Bush jr sia uscito dall’accordo che vietava la
creazione di sistemi missilistici di difesa. Questo aspetto era parte
integrante delle deterrenza. E’ chiaro che se gli Usa avessero creato e
dispiegato lo Scudo spaziale contro di noi tutti gli equilibri passati
sarebbero saltati. Avere lo stesso numero di vettori e di testate non
avrebbe significato più alcunchè. Gli americani si sarebbero potuti
difendere e noi no.
Io sono in disaccordo con i nostri militari.
Bush voleva piazzare in Europa un sistema non contro di noi ma contro
terzi, contro lanci missilistici inattesi, che so di talebani o
iraniani. Questa possibilità potrebbe diventare realtà. Sarebbe stato
logico che gli americani negli anni scorsi ci avessero proposto di
partecipare a quel progetto, ma così non è stato.
Perchè? Il
problema era a chi dovesse essere affidato il comando. Adesso sono gli
americani a dare ordini. Ma dov’è la garanzia che se ci fosse un
pericolo per Mosca un generale straniero darebbe l’ordine di difendere
la capitale russa? Non ci sono accordi e non siamo alleati. Quindi,
bisogna creare un sistema con un comando comune con un generale
americano ed uno nostro.
In ballo c’è la sicurezza dell’emisfero settentrionale".
Autore : Giuseppe D’Amato

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