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Cimabue,Simone Martini, Taddeo Gaddi, Duccio di Buoninsegna, la Bottega d’Arte Toscana recupera l’arte medievale toscano più raffinato.

La Bottega d’Arte Toscana di Silvia Salvadori continua con il suo progetto culturale di recuperare la tradizione di icone religiose attraverso la riproduzione di icone sacre. Dalla Madonna di Crevole a quella di Duccio di Buoninsegna all’Annunciazione di Simone Martini, dalla Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti alla Madonna dell’Umiltà di Giovanni di Paolo e molte altre. La Bottega d’Arte Toscana si è proposta recuperare l’arte sacro e la storia medievale e rinascimentale della Toscana attraverso le sue riproduzioni realizzate con le tecniche tramandate nei secoli dal “Libro dell’Arte” di Cennino Cennini. Ogni icona o biccherna viene dipinta su supporti lignei di pioppo, tiglio, ciliegio e castagno, preventivamente lasciati stagionare per molti anni prima del loro utilizzo. Per la pittura si utilizzano pigmenti in polvere, gomme e resine di origine naturale legate al tuorlo d’uovo – tempera al tuorlo d’uovo -. Le dorature sono realizzate per mezzo di sottilissime foglie d’oro zecchino 24k/8k con la tecnica a guazzo, previa stesura di uno strato di bolo armenico su uno strato di preparazione composto da gesso e colla per doratori (rigorosamente esenti da prodotti chimici e sintetici). I motivi decorativi delle aureole e delle cornici sono interamente eseguiti mediante l’uso di appositi strumenti per orafi, detti ‘bulini’ o ‘punzoni’. Nascente da un interesse che è prima di tutto studio accurato e sapiente e continua sperimentazione, che si estende all’intera Toscana del tempo, da Arezzo coi tesori nascosti delle sue chiese, a Firenze e al suo medioevo dell’arte, forse per troppo tempo oscurato dai fasti del Rinascimento, per tornare a Siena con l’arte sacra delle sue icone e la pittura civica delle Biccherne, le copertine in legno istoriato dei registri contabili della stagione comunale. L’opera di Silvia Salvadori è forse quell’ultima, preziosa testimone in grado di conservare e tramandare una Cultura che è storia di un popolo di una terra e dell’anima, ancora capace di suscitare in noi la Meraviglia. Silvia Salvadori realizza riproduzioni Icone Sacre di pregio dei più importanti artisti medievali toscani: Cimabue, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Sano di Pietro, Giotto, Spinello Aretino e Piero della Francesca. Alcuni esempi: la Madonna di Crevole di Duccio di Buoninsegna Madonna di Crevole – Duccio di Buoninsegna La tavola proviene dalla chiesa di Santa Cecilia a Crevole; sulla base di una serie di indizi, si pensa che la tavola sia stata eseguita per la chiesa di Montepescini e poi passata all’eremo agostiniano di Montespecchio. Questo capolavoro giovanile di Duccio di Buoninsegna va considerato a confronto con la Madonna di Castelfiorentino di Cimabue. Data la forte affinità iconografica, è molto probabile che le Madonne di Crevole e di Castelfiorentino siano state eseguite in tempi molto ravvicinati, quasi in gara l’una con l’altra. La prima infatti, è opera di un Duccio molto cimabuesco, mentre la seconda ci mostra un Cimabue addolcito, in seguito al rapporto coinvolgente, col giovane Duccio di Buoninsegna. C’è nella Madonna di Crevole, una perfezione nel disegno, di composizione e di espressione che ne fanno un mirabile capolavoro. I grandi occhi mesti guardano intensamente lo spettatore, invitando a meditare sul tragico destino del proprio figlio. L’esecuzione è di una finezza tale che quasi non si vedono i sottili filamenti paralleli che, secondo una elaborazione artigianale risalente proprio a Cimabue, modulano il chiaroscuro. La rosea carnosità del Bambino viene esaltata dalla leggerissima veste che lo vela e che, insieme al suo piccolo mantello, ottiene dei risultati di una mobile e quasi liquida trasparenza, di una finezza inusitata. Una delle novità di Cimabue rispetto alla tradizione pittorica bizantina era la grande cura esecutiva; ma Duccio di Buoninsegna va oltre, verso una raffinatezza cui nemmeno il grande pittore fiorentino era mai arrivato. Nell’opera di Duccio di Buoninsegna è tutto attutito e come interiorizzato. Dall’arcano ammanto, dai grandi occhi mesti di Maria, si sprigionano una solennità e un’ intensa dolcezza patetica.

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