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Suoni, la nuova silloge poetica di Guido Mazzolini

La precedente silloge dello scrittore cremonese Guido Mazzolini, dal titolo “L’Attimo e l’Essenza”, verteva sull’inutilità della poesia e sulla percezione consapevole del tempo, concetto questo ripreso in seguito nel romanzo “Il passo del gambero”.
Allo stesso modo “Suoni”, pubblicato da Edizioni progetto Cultura, non si tratta di una raccolta generica di poesie ma di omogenei componimenti che ruotano attorno ad un’unica idea. Esternare la “genesi” di un libro di poesie non è mai semplice, è un intervento complesso che presume un’assoluta sincerità e la voglia di indagare e scoprire. L’atto poetico è maestro di grandi verità, ma anche di sublimi contraddizioni. La poesia infatti può evidenziare i confini invalicabili dell’ uomo e nello stesso tempo il proprio essere infinito e scintilla eterna di luce. Il suono della parola scritta o della voce, il ritmo metrico del verso, le metafore nascoste che evocano mondi contrastanti rappresentano un regalo, forse il più grande affidato all’umanità.
L’uomo di terra rossa, protagonista delle prime pagine, riceve in dono la vita intera, costellata da esperienze ed esigenze molteplici; la vita piena di sensazioni e sentimenti contrastanti, l’amore e l’odio, la guerra e la pace. L’ultimo dono che riceve, quello più importante, è la capacità di poter descrivere tutto il resto. È difficile accorgersi del dono ricevuto quando tu stesso ne sei parte. Cosa sarebbe la vita se non potessimo parlare di lei? Cosa sarebbe l’esistenza senza la capacità di esprimerla in mille forme di linguaggio differenti? La poesia diviene così una porta aperta per svelare gli abissi dell’uomo e le sue vette più elevate; il verso è un grimaldello di sillabe per aprire cancelli serrati da troppo tempo e che nascondono la più intima essenza.
Lo scopo di “Suoni”è quello di trovare il significato più evocativo dell’espressione, riconoscendo in questo il fine principale dell’atto poetico espresso attraverso suoni e parole portatrici assolute di significati, senza ombra di dubbio o ambiguità. Dall’inutilità poetica descritta nel primo libro, all’indispensabilità della poesia come unico modo per garantire l’espressione autentica. Il passaggio sembrerebbe troppo estremo, ma leggendo con attenzione, ci si accorge che una vena di malinconia pervade questi versi. La rabbia e la noia sembrano alternarsi in modo eterogeneo. Mazzolini dimostra una particolare predisposizione nei confronti della poesia, linguaggio che comunque non predilige, alternandolo anche alla narrazione. Il primo testo di “Suoni” è emblematico: Cerco un suono primordiale/Verbo che soffiò il respiro/che innalzò montagne e scavò torrenti/dando forma al tempo e all’increato/ai giganti e alle stagioni./Non cerco boato di vulcano,/mugghio di tuono, grido di tempesta,/fragore di onde o di uragano,/ma il solitario soffio di una brezza lieve/che possa scuotere, destare,/abbattere pareti e conoscenze/che innalzi torri di pensiero/che bruci ideologie e bandiere./La primigenia voce che trasse dal fango/noi legulei per sempre mescolati al cielo,/navigatori di stelle e d’infinito.

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