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Comune di Firenze: Unity in Diversity, il ruolo delle tecnologie per supportare le città verso la pace

L’esperienza di ‘Liter of Light’ e gli interventi della seconda sessione
Il ruolo della ricerca e delle tecnologie per supportare le città nella costruzione delle strategie di
pace è stato il filo conduttore della seconda sessione di oggi di Unity in Diversity.
In apertura gli interventi di Lorenzo Giorgi e Giacomo Battaini di Liter of Light Italia che hanno
presentato l’esperienza dell’organizzazione non governativa che si occupa di diffonde nei Paesi in via
di sviluppo una nuova tecnologia ecosostenibile e open-source per illuminare le comunita? che non hanno
accesso alla corrente elettrica. Il sistema Liter of Light si compone di un pannello solare collegato a
un led alimentato da una batteria al litio ricaricabile. Durante il giorno la lampada irradia luce
tramite la rifrazione dei raggi solari prodotta dall’acqua nella bottiglia. Il led invece si accende
automaticamente al calare del sole grazie ad un interruttore.
‘Il progetto nasce con lo scopo di portare la illuminazione ecologicamente sostenibile a tutte quelle
popolazioni povere che non ce l’hanno in maniera ecosostenibile – ha dichiarato Lorenzo Giorgi, Ceo di
Liter of Light Italia -. Per la sua semplicità e per il suo basso costo questa soluzione può essere
adoperata in ogni parte del mondo. Liter of Light è attivo in 26 Paesi e più di 500mila lampade sono
già state installate nel mondo. Investire nell’ecosostenibilità è l’unico modo per garantirci un futuro
migliore. Sono molto contento di parlare con voi sindaci: siamo qui per far vedere che ci sono altri
modi, semplici ma rivoluzionari, per lo sviluppo’.
Questo sistema innovativo di creare luce consente quindi anche il riciclo di bottiglie di plastica,
dannose per l’ecosistema. Ma Liter Of Light non si limita a collocare fonti di illuminazione sul
territorio: fornisce alla popolazione locale un programma di formazione finalizzato ad apprendere come
costruire e riparare le lampade, rendendo possibile la creazione di microimprese.
Liter of Light ha vinto la settima edizione dello Zayed Future Energy Prize (categoria Non- Profit
Organization), il piu&768;, lo scorso aprile le Nazioni Unite hanno insignito l’organizzazione con l’UN
World Habitat Awards, a fronte della facile replicabilità e adattabilità delle luci solari.
I lavori sono proseguiti con una riflessione sul ruolo della ‘Scienza per la pace e il progresso’. Il
primo a prendere la parola è stato Francesco Pavone, direttore del Laboratorio Europeo di Spettroscopie
non lineari dell’Università di Firenze, che si è soffermato sulla necessità di individuare un
‘contenitore internazionale sulla scienza per la pace e il progresso’. ‘Gli strumenti per pace e
progresso sono la conoscenza, la cultura, la ricerca, lo sviluppo tecnologico ed il trasferimento di
tecnologie: elementi molto importanti per risolvere alcuni problemi nel mondo. La scienza è un ponte:
attraverso la politica, religioni, ideologie, economie, etnie, fattori geopolitici. La comunità
scientifica ha caratteristiche uniche: gli scienziati vogliono scoprire la realtà, corrono tutti
insieme, usano la stessa metodologia, la stessa lingua, lo stesso atteggiamento verso le scoperte senza
pregiudizi. Abbiamo bisogno di una piattaforma comune, di una lingua comune, uno scopo comune, per
trovare il modo migliore per aiutarci a vicenda nello sviluppo della pace e del progresso. Un ‘think
tank’ internazionale sarebbe molto utile per trovare strumenti, azioni, progetti basati sulla scienza e
tecnologie per portare pace, sviluppo e progresso nei paesi meno favoriti e non solo: un gruppo di
lavoro, un tavolo di lavoro, dove tutti i soggetti mondiali possano dialogare’.
La parola è poi passata a Ellen Beker, direttore del Progetto ECHO presso il Reparto per la prevenzione
del cancro & Scienze della popolazione al Centro oncologico Anderson dell’Università del Texas. Nel suo
intervento, dal titolo ‘Partnership per eliminare disparità e disuguaglianze nella prevenzione e
trattamento delle malattie in ambienti con scarse risorse’ Beker ha evidenziato come molte malattie che
portano alla morte oggi possano essere prevenute e curate, anche il cancro nonostante, secondo l’OMS,
ci siano 14milioni di nuovi casi di cancro ogni anno e più di 8milioni di morti. ‘Questi sono numeri
molto elevati e sono destinati ad aumentare del 70% nei prossimi cinque anni. Si muore più a causa del
cancro che per AIDS, malaria, tubercolosi. Bisogna portare ovunque gli strumenti che abbiamo già a chi
non ha accesso alle cure e per farlo abbiamo bisogno di partenariati. La mancanza di conoscenza e
informazione sul cancro dipende da educazione, reddito, condizioni di vita, credenze culturali e
sostegno carente da parte delle istituzioni. Mancano inoltre in molte zone del mondo le infrastrutture,
l’equipaggiamento e il capitale umano che servono per curare le persone. In Mozambico, un paese con
23milioni di persone, ci sono 7 specialisti nella cura del cancro: nel Regno Unito c’è un patologo ogni
15mila persone, in altre zone dell’Africa un patologo ogni 5 milioni di persone. Per curare il cancro
serve una diagnosi corretta, per la diagnosi serve la ricerca patologica: manca anche il personale
necessario, dagli oncologi ai chirurghi, al personale infermieristico; a fronte della disponibilità dei
farmaci, mancano le catene di fornitura: anche l’accesso alle cure palliative è limitato. I governi,
con i ministeri della salute, devono sviluppare delle priorità, sorvegliare la ricerca e che le risorse
vengano distribuite, devono rafforzare i sistemi sanitari per avere un progresso e uno sviluppo
sostenibile. Viviamo in un pianeta fragile e abbiamo tante sfide da affrontare. Le realtà sfortunate
sono tante però abbiamo gli strumenti e la conoscenza per fare la differenza e risolvere molti dei
problemi che abbiamo. I materiali che abbiamo necessari al progresso sono molti e sono limitati
soltanto dalla nostra incapacità di agire e di lavorare insieme per il bene comune. Dobbiamo andare
avanti creando collaborazioni e partnership’.
Anche Sune Svanberg, professore all’Università di Lund in Svezia e alla Normal University della Cina
del Sud nello Guangzhou e specializzato in fisica del laser, che è intervenuto a seguire ha ribadito
come ‘la scienza offra l’opportunità di lavorare insieme a persone molto diverse: in molto ambiti della
ricerca scientifica la collaborazione è fondamentale’. ‘Dobbiamo lasciarci alle spalle gli anni bui dei
confitti e delle divisioni e imparare a superare le divisioni. Tra la Svezia e la Danimarca un tempo ci
sono state guerre, oggi c’è un ponte che unisce questi due paesi. E negli ultimi tempi ho visto tanti
profughi utilizzare questo ponte per arrivare in Svezia dove sono benvenuti’. Svanberg ha poi
approfondito il tema del suo intervento, ovvero il ruolo della ‘Scienza e la tecnologica per un mondo
migliore’ illustrando i risultati di un workshop sull’utilizzo del laser e della luce che ha svolto in
alcuni paesi africani. ‘Abbiamo realizzato attrezzature utili ad effettuare diagnosi precoci di alcune
malattie a prezzi contenuti. In questo modo siamo stati in grado di fornire alle popolazioni locali una
opportunità preziosa di utilizzo concreto della ricerca scientifica’.
La chiusura degli interventi è stata affidata a Fernando Quevedo, direttore del Centro Internazionale
di Fisica Teorica ‘Abdus Salam’ di Trieste. Nella sua presentazione, dal titolo ‘L’importanza della
teoria per lo sviluppo’ Quevedo ha evidenziato come spesso, di fronte ai problemi, si privilegino
soluzioni nel breve periodo e questo è ancor più vero nei paesi in via di sviluppo. ‘Noi scienziati
teorici pensiamo invece a progetti a lungo termine e per questo diventa essenziale la formazione delle
persone. Soltanto così i paesi in via di sviluppo potranno crescere’. E sul ruolo della scienza
teorica, Quevedo ha ribadito che anche quello che sembra relegato nel campo della pura teoria in realtà
produce molti risultati concreti nel campo della tecnologia. Come i colleghi ha sottolineato come la
scienza sia l’occasione per superare le barriere tra i popoli e come esista già quella che ha definito
‘la diplomazia della scienza’: ‘I miei studenti vengono da tutti i paesi del mondo. Lavorano insieme,
imparano a risolvere problemi insieme. La scienza è universale e quindi ha la capacità di unire persone
che appaiono molto distanti’. (sc-mf)

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