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Sarà la fine delle obbligazioni bancarie?

L’Italia è il paese europeo con la maggior diffusione di obbligazioni bancarie a tal punto che queste oggi arrivano a contare il 15% del portafoglio finanziario degli italiani.
Purtroppo non si tratta di un record positivo, anzi rappresentano il classico esempio del perché non sappiamo come investire i risparmi.
Come riscontrato dalla Consob, l’ente di vigilanza della Borsa, i bond delle banche riescono a pagare tassi di interesse inferiori ai titoli di stato di pari scadenza e caratteristiche. E questo nonostante presentino un maggior rischio e minor liquidità (con il termine liquidità si intende la facilità di vendere un titolo senza dover rimetterci troppo a causa degli scarsi scambi).
E questo vale per le obbligazioni tradizionali ma il problema vero sono le obbligazioni strutturate, anche queste ben presenti nei portafogli dei connazionali. Questi bond includono anche particolari contratti derivati che rendono più complicato definirne profilo e rendimento. Ci sono varie tipologie di questi titoli, da quelli con capitale garantito a quelli il cui andamento è collegato a varietà di panieri azionari. Qui il problema non sta solo negli scarsi rendimenti attesi in rapporto ai più sicuri e certi titoli di stato, il problema sta nel fatto che sono proposte con commissioni di collocamento molto alte.
Ci sarebbe da chiedersi come mai i risparmiatori italiani sottoscrivano questi titoli, ma la risposta appare scontata. Purtroppo per scarsa conoscenza finanziaria ci si affida ciecamente ai consigli di bancari e promotori, consigli che però non possono che essere interessati. Per la banca infatti un titoli di stato offre commissioni molto limitate in confronto ai propri titoli, ovvio perciò che si punti su questi ultimi a scapito del cliente.
Eppure gli strumenti per fare confronti ci sono. Non solo su Internet dove è possibile verificare i rendimenti di diversi titoli, ma basterebbe leggere una singola pagina del prospetto informativo che accompagna il titolo. In questo prospetto infatti per legge deve essere pubblicato un confronto con un titolo di riferimento che solitamente è il titolo di stato. Se ci offrono un’obbligazione banca a 5 anni quindi nel prospetto comparirà il confronto con il Btp di pari scadenza e sarà facile notare se e come a fronte di un rischio maggiore tale rischio sia correttamente compensato o meno.
Se la scarsa educazione e attenzione finanziaria degli italiani finora ha favorito questi titoli è però probabile che ben presto le cose cambieranno e questo grazie alla recente riforma della tassazione delle rendite finanziarie. La riforma infatti ha unificato l’aliquota di imposta per tutti gli investimenti di natura finanziaria al 20%, esclusi i titoli di stato che rimangono al 12,5%. Sarà quindi più difficile per le banche piazzare le proprie obbligazioni, è facile che questi comincino a ricorrere ad altre tipologie di investimento come conti di deposito e prodotti a breve termine.
In effetti già si possono vedere tali effetti visto che sempre più banche fisiche stanno lanciando i propri conti di deposito in concorrenza con quelli online. Le obbligazioni delle banche non spariranno ma sicuramente verranno molto ridimensionate dalla minor tassazione dei titoli di stato e dal maggior appeal dei conti online a breve termine.

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