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Giulio Stasi, drammaturgo, regista e attore teatrale ci ha chiesto di rientrare in quell’incavo di passaggio tra dentro e fuori, tra due stati fatti di posizioni diametralmente opposte: parola e silenzio, entrata e uscita, buio e luce, incanto e disincanto, orgasmico piacere e temibile disgusto.
Glory Holes, performance di 11 minuti andata in “scena”, (mai come in questo caso le parole sono un impedimento), per la rassegna romana Short Theatre, ci chiede proprio di farci piccoli, di tornare in uno stato quasi fetale e di perderci nell’ombra del Macro Testaccio per poi ritrovarci rannicchiati in cilindri rassicuranti ed inquietanti al tempo stesso. In silenziosa attesa di qualcosa, qualcuno, guardando oltre, confortati solo dalla luce flebile di una candela collocata all’estremità opposta a quella dove ci è chiesto di sederci.