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Obama è disposto a finanziare le aziende se i manager dimostrano di avere le capacità per guidarle fuori dalla crisi. Che cosa ne pensa? Sì, il presidente degli Stati Uniti riconosce al manager un ruolo centrale per lo sviluppo dell’azienda. E nello stesso tempo, pone la capacità del manager al centro anche della vita economica di un Paese. Dopo un lungo periodo di accuse e mistificazioni della figura del manager, credo che ora sia nuovamente in evidenza la reale portata del suo operato. Che è di grande responsabilità. Non a caso, in Francia, i dipendenti della Caterpillar se la sono presa proprio con i manager prendendoli in ostaggio. Sono due facce della stessa medaglia.
Come definisce lei il ruolo del manager? Manager è una parola inglese che deriva dal verbo to manage, ‘gestire, coordinare’. Quindi, indica una persona che nell’azienda, pubblica o privata che sia, ha la responsabilità del processo di definizione degli obiettivi di business e di guida di tutte le azioni che portano al perseguimento di tali obiettivi, attraverso l’assunzione di decisioni sulle risorse e sulle persone disponibili e necessarie. In realtà, in una società caratterizzata da stabilità e prevedibilità, il dirigente per decenni in Italia è stato un dirigente. Era chiamato a gestire una organizzazione, non a crearla. Oggi, in una società sistemica, dove tutto cambia continuamente, scenari, fini, persone e perfino valori, il manager non può più solo gestire ma deve avere le capacità di pianificazione, di creazione dei processi, di portare avanti insomma un ruolo proattivo sui processi di business. Ciò implica, maggiore responsabilità. E maggiori rischi. Per questo ad un buon manager si deve rispetto. E’ come un generale che sotto ogni medaglia ha molte ferite, molte notti passate a pensare, molto coraggio, anche molta solitudine.
Crede che il management italiano sia pronto? Che il sistema gli riconosca medaglie e valore? Mah! Il nostro Paese risente di una serie di scelte politiche che poi sono diventate cultura e pensiero dominante, che non hanno incoraggiato all’ autonomia, alla scelta. Quindi è normale che poi di fronte alle difficoltà che un manager può incontrare, opinione pubblica e media non siano preparati a una corretta valutazione delle evidenze. Ora tutto questo dovrà cambiare. Quando una barca fa acqua, il capitano deve farsi carico anche dei buchi nella carena, della vita e della mentalità, dei comportamenti dei suoi uomini e collaboratori e sergenti, che magari non sono tutti all’altezza della situazione. Nell’emergenza le attività possono essere frenetiche, tanto da far pensare a un caos, o lente, da far temere che il comandante sia distratto da altri fini. Tuttavia, senza la fiducia, da cui viene la necessaria serenità, il manager, come il capitano della nave nella tempesta, non può andare avanti. Può avvenire che a qualche zavorra si debba rinunciare o magari che si perda invece qualche tesoro accantonato nella stiva, ma se questo è il prezzo per salvare barca ed equipaggio, sparare su comandante servirà solo a far naufragare l’intero equipaggio con tutto il carico.
Assumersi le responsabilità è dunque un dovere imprescindibile per un manager? Di solito il manager in Italia è responsabile, ma non ha deleghe. Questo è tipico delle aziende familiari ma anche di tante aziende pubbliche che caratterizzano la nostra economia. Al centro dell’impresa c’è l’imprenditore, che ha avuto e ha buone idee di business. Poi però le idee devono diventare progetti, organizzazione, strategia, numeri, rapporti con le istituzioni, con le normative, rapporti tra Paesi, normative, culture e organizzazioni diverse, in un disegno di crescita costante. E con l’attenzione sempre massima alle persone, che sono strumenti primi e fini della vita dell’azienda. E tutto questo dovrebbe essere compito del manager. Quando c’è confusione di ruoli, l’azienda sbanda. Magari qualche volta può capitare che faccia un salto avanti, ma nel business bisogna vincere la guerra, non basta aggiudicarsi qualche battaglia. Pertanto, l’assunzione di responsabilità come assunzione del compito di guidare l’azienda è importante, ma deve esserci a monte una delega, un riconoscimento del ruolo, delle sue competenze, dei suoi compiti. E’ importante, come ho detto che questa delega sia riconosciuta anche dalla società, dai media. Altrimenti, le sue responsabilità al manager vengono imputate quando le cose vanno così così o malissimo, senza che egli abbia mai potuto veramente scegliere.
Che tipo di formazione serve al manager? Credo che studi in economia o in Giurisprudenza siano appropriati. E’ importamte conoscere lingue straniere. L’inglese è scontato. Io poi ho viaggiato molto, ho trattato business sugli Urali come in Far East, negli Stati Uniti e in Africa.
L’etica fa parte delle competenze di un manager di successo? Il manager deve coniugare l’etica del contesto sociale e culturale in cui opera con quella dell’azienda e la propria. Non è un processo scontato. I cittadini applicano regole da vita di pace, il manager spesso deve quantomeno difendersi in una giungla dove è già tanto se è riconosciuto un codice di guerra, con le sue necessarie leggi speciali. Trovare un punto di incontro, di equilibrio, quindi non è facile né immediato, né è sempre frutto di una strada a senso unico. Anche in questo caso, il manager agisce con la sua sensibilità, la sua intelligenza, la sua capacità di mediazione. Oggi poi, il manager deve avere grandi capacità perché i mercati in aree geografiche diverse possono valere principi diversi, basta pensare che in Cina, in una società basata sul collettivismo, copiare non solo non è reato ma è apprezzato. Da noi il patrimonio intellettuale è la cosa più preziosa da difendere.
Oggi ‘trasparenza’ è una parola chiave quando si parla di management’? Io credo che un buon manager debba fare come la buona mamma che quando deve spiegare la vita ai figli deve fare attenzione a non anticipare le domande per non scandalizzare, sollevare preoccupazioni, dubbi. Ciò non significa nascondere. Semplicemente si tratta di avere cura di poter sempre rispondere delle scelte e delle situazioni, senza necessariamente offrire ‘antipasto a chi magari non sta chiedendo nemmeno il dolce. Questo perché gli stakeholder di un business possono essere numerosi, talvolta la discrezione concede tempo utile a far maturare positivamente le cose. Talvolta, una decisione può essere misurata e valutata solo a cose fatte.
Lei ha una specializzazioni nel mercato delle energie rinnovabili: quali sono le peculiarità in questo settore? Le energie rinnovabili e i finanziamenti che gli Stati hanno devoluto al settore hanno creato importanti opportunità di business che è giusto e doveroso non trascurare. Infatti, impianti e progetti fanno girare capitali, creano posti di lavoro, oltre ai benefici del risparmio energetico per il Paese, naturalmente. C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare. Gli imprenditori e i manager che si dedicano a questo business stanno facendo da apripista sul piano delle norme, dei procedimenti autorizzativi, degli accordi con le istituzioni. Infatti, vi sono ampi spazi vuoti da colmare e grazie a coloro che a proprio rischio e pericolo si stanno dedicando al business delle rinnovabili, chi verrà dopo troverà la strada lineare.
Molti progetti non arrivano in porto per problemi burocratici, mancanza di autorizzazioni, carenze legislative. E in alcuni casi vanno persi ingenti finanziamenti. Magari la colpa va al management. Come vede questa situazione? Come ho detto, in questo campo c’è un po’ tutto da inventare, manager e istituzioni insieme, passo dopo passo. Naturalmente, mentre per il manager il rischio, l’assunzione di responsabilità sono connaturati, per il funzionario pubblico non lo sono affatto. E quindi si creano situazioni di empasse. Caso tipico sono gli impianti geotermia. La geotermia è una grande opportunità perché il calore della terra è sempre disponibile, quasi ovunque, per tutti. Il problema è valutare l’impatto degli scavi nel sottosuolo, le falde acquifere, etc. In merito non c’è ancora nulla di certo, nemmeno a livello di studi tecnici. Quindi chi si mette a costruire impianti geotermici è un pioniere. Per risolvere la m oltiplicazione dei livelli giurisdizionali, sarebbe si doverbbe arrivare a formare una conferenza dei servizi, ma al momento non sono ottimista sui tempi.
Tags: CRISI ECONOMICA, Michelangelo Martinelli, ruolo manager
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