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Geotermia a bassa entalpia: caratteristiche e possibilità di utilizzo

Parlando di geotermia, vengono in mente gayser, vapore e alte temperature, il tutto utilizzato per generare energia elettrica muovendo turbine. Ciò non è sbagliato, ma si tratta di una sola delle forme di sfruttamento dell’energia geotermica: la cosiddetta geotermia ad alta entalpia (temperatura dell’acqua > 150°C). Ne esistono però altre due categorie, ovvero la geotermia a media entalpia (90-150°C) e la geotermia a bassa entalpia (<90°). In questo testo, verrà trattato quest’ultimo tipo di risorsa, meno energetica delle altre, ma con grossi vantaggi, in termini di costi complessivi (molto inferiori) e di possibilità di utilizzo (è sfruttabile praticamente ovunque).
Si tratta infatti di sfruttare a proprio vantaggio la riserva di calore del terreno o di corpi idrici, con importanti possibilità di abbattere l’impatto economico e ambientale della climatizzazione di edifici e strutture residenziali e produttivi. Oltre agli aspetti ecologici ed economici, il maggiore vantaggio di questa risorsa è la sua vasta applicabilità: a seguito di una corretta progettazione dell’impianto di scambio geotermico, è utilizzabile praticamente in tutti i contesti geologici. L’unica cosa necessaria, infatti, è un corpo a temperatura all’incirca costante con il quale scambiare il calore, come terreno, falda acquifera o acqua libera (fiumi, laghi): è sufficiente che la sua temperatura sia maggiore di quella esterna d’inverno e minore d’estate. A questo punto è sufficiente installare una pompa di calore per spostare il calore dall’edificio (per raffrescarlo) verso questo corpo o viceversa (per riscaldarlo).
Appurata la possibilità di utilizzare questa grande risorsa praticamente in ogni contesto edificato, si passa quindi a descrivere le modalità di installazione di un impianto di questo tipo. Innanzitutto bisogna decidere quale corpo è maggiormente utilizzabile per lo scambio di calore. Questo dipende dal tipo di contesto geologico e idrogeologico dell’area, nonché da eventuali limitazioni edilizie. Si può parlare di due grandi categorie: i metodi che prevedono unicamente scambio di energia (i cosiddetti closed loop) e i metodi che prevedono anche scambio di materia (open loop). Tipicamente i primi consistono in sonde geotermiche verticali o orizzontali (in genere costituite rispettivamente da tubazioni e serpentine), i secondi si avvalgono di pozzi per acqua o di prelievi da corpi idrici superficiali (laghi, fiumi, ecc). Gli impianti closed loop hanno costi di installazione leggermente superiori e una resa in piccola parte inferiore, ma una volta installati non richiedono praticamente alcuna spesa aggiuntiva di utilizzo o manutenzione. Al contrario gli open loop consentono di avere spese inferiori in fase di installazione (pozzi meno profondi) e maggiore efficienza complessiva del sistema, ma hanno maggiori costi sia di manutenzione (pompa dell’acqua, filtri), sia burocratici (analisi periodiche delle acque re-immesse in falda). La scelta del metodo migliore in un dato contesto è da farsi dopo un’attenta analisi.
Per ulteriori informazioni sulle ricerche più recenti riguardo le applicazioni e l’installazione di impianti per lo sfruttamento dell’energia geotermica a bassa entalpia, visitate il sito www.studioservida.it.

Dott. Arnaldo Pini

STUDIO GEOLOGICO DOTT. DIEGO SERVIDA
e-mail [email protected]
Sito internet www.studioservida.it

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