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Risultati migliori nei Paesi ricchi di materie prime.

Sotto il
profilo econo­mico il 2010 non sarà un periodo di vacche grasse, ma la
crescita globale dovrebbe tornare a pre­valere lasciandosi alle spalle
una delle più pronunciate decelera­zioni da decenni. Stando a esper­ti
collaudati il Prodotto lordo mondiale scatterà in avanti a un tasso
medio del 3,2% se calcolato con riferimento al locale potere di
acquisto e del 2,5% conteggian­do invece la fluttuazione del cam­bio
ufficiale delle valute.
Ritmo e portata dell’espansione non saranno
generali. Mentre al­cune nazioni marceranno spedi­tamente, altre
arrancheranno. Ad esempio, a fronte del 24,5% in Qa­tar, 11% in
Turkmenistan e 9,5% in Azerbaijan – tutte e tre dotate di vaste risorse
naturali – in Svizze­ra il PIL dovrebbe lievitare dello 0,6% soltanto
(v. Tabella). Le pro­spettive sono delineate nel pon­deroso rapporto
«2010: country by country – Forecasts of political and economic trends»
(IV+266 pagine), frutto di un team di cir­ca 500 analisti
dell’Economist In­telligence Unit (EIU), specialista di ricerche
macroeconomiche con esperienza sessantennale. Emerso a latere del
rinomato set­timanale londinese The Econo­mist (decollato nel 1843)
dispo­ne di impeccabili referenze go­dendo fin dagli albori del patroci­nio di enti della portata di Banca Mondiale e Fondo Monetario In­ternazionale.
A
premessa delle dettagliate ana­lisi focalizzate su circa 190 Paesi
­ciascuno esaminato sia sotto il profilo economico che politico
­l’annuale rassegna tratteggia la possibile evoluzione nelle
prin­cipali aree geografiche: continen­te americano, Asia e Australia,
Medio Oriente e Africa del Nord, resto dell’aggregato africano ed
Europa. Gli Stati Uniti, reduci da una contrazione del PIL del 2,4% nel
2009, dovrebbero quest’anno tornare a beneficiare di una cre­scita del
2,5% a dispetto dell’as­senza di ulteriori generosi stimo­li fiscali da
parte dell’amministra­zione di Barack Obama, sensibi­le a non
peggiorare troppo lo sta­to delle pubbliche finanze.
La tendenza
delle famiglie a con­vertirsi al risparmio dovrebbe raf­forzarsi,
permanendo le incer­tezze del mercato del lavoro e la maggiore
parsimonia delle ban­che a concedere credito di ogni sorta.
Il
Brasile seguiterà a potenziare il proprio apparato produttivo, ma c’è
incertezza per Indie Occi­dentali, Messico e altri Paesi che a lungo
hanno migliorato il pro­prio tenore di vita grazie all’ap­porto di capitali di investimento, turismo e rimesse degli emigrati negli Stati Uniti.
In
Oriente Sri Lanka, Vietnam e Bangladesh dovrebbero affian­care Cina e
India nello spuntare tassi di sviluppo fra il +6,4% e il 5,6%,
compensando così la più modesta accelerazione di Giap­pone (+1,2%),
Nuova Zelanda (+1,6%), Australia (+2%) e Paki­stan (+2,4%).
Una
maggiore richiesta di idro­carburi incentiverà sensibilmen­te il PIL di
Qatar e Iraq (+24,5% e +6,2% rispettivamente). Ma gli Emirati Arabi
Uniti troveranno arduo scrollarsi di dosso i riflessi delle serie
vicissitudini di Dubai. Nelle nazioni a Sud del Sahara l’oscar se lo
aggiudica il Sud Afri­ca che dovrebbe beneficiare di una crescente
domanda dei suoi minerali e del ruolo di anfitrione nel torneo mondiale
di calcio.
Nel continente europeo, Russia inclusa, saranno i Paesi
ricchi di petrolio e metano (come il trio prima menzionato) a vedere il
PIL galoppare. Di contro quelli che si affacciano sul Mar Baltico
rischiano di essere ulteriormen­te distanziati per l’afflosciarsi
del­l’enorme bolla creditizia. Tempi migliori dovrebbero emergere
nell’Europa Occidentale nel suo insieme.
Per quanto specificamente
ri­guarda la Confederazione Elve­tica i tecnici dell ‘EIU prevedono
un’avanzata dello 0,6% dopo il rientro del -2,6% dell’anno che ci siamo
lasciati alle spalle.
Giuseppe Scimone

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