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La stazione come polo di scambio, una nuova figura dell’urbanità della metropoli del XXI secolo

La rivoluzione dell’alta velocità, cominciata nel corso degli anni ’80, ha trasformato radicalmente il modo di concepire e di vivere la stazione ferroviaria della fine del XX secolo.
Animata dalla presenza sempre più numerosa di servizi e arredi urbani, la stazione è ormai percepita nella sua doppia natura di nodo intermodale dei trasporti e pezzo di città ritrovato.

Sgretolatasi progressivamente in “non luogo”, la stazione ritrova oggi la sua dimensione come vero e proprio spazio pubblico in cui poter reinventare la città moderna. Crocevia di tutti i nostri mezzi di trasporto meccanizzati (alta velocità, regionali, metro, tram, autobus, auto, taxi, bici…) – tutti con la loro diversa temporalità e la loro spazialità specifica – questo polo di scambio si è trasformato anche in un fantastico vettore dello sviluppo urbano e sociale.

Se si guardano gli ambiziosi programmi di valorizzazione immobiliare dei siti ferroviari in corso nella maggior parte delle città e delle metropoli europee e internazionali, sorge spontanea una riflessione: questa infrastruttura non incarnerà forse, d’ora in avanti, una delle espressioni più evidenti della rivoluzione urbana?

Profondamente e intrinsecamente diversa dagli aeroporti e dai centri commerciali, troppo spesso relegati in periferia, la stazione del XXI secolo rappresenta una forma compiuta di Nuova Urbanità della città contemporanea.

I paradossi della stazione nascono dalla sua duplice natura: porta di arrivo e di partenza, teatro del ritrovarsi e del separarsi, luogo di sosta (i treni vi “stazionano”, no?) e di viaggio, dell’immobilità e della mobilità, del singolo e della folla, del tempo che si ferma e della fretta, dell’andare a spasso e del correre, del tempo libero e del lavoro, del qui e ora e dell’altrove…

La stazione deve tradurre tutte queste apparenti contraddizioni in termini di qualità urbanistica e architetturale per imporsi come vera e propria soglia, fisica e concettuale, del nostro quotidiano di homo mobilis contemporaneo. Nella stazione ferroviaria si intersecano e interagiscono (a livelli opposti ma complementari) complesse questioni legate alle tecnologie dei trasporti (tecnica e architettura), allo sviluppo urbano (città), ai finanziamenti delle infrastrutture (politica ed economia) e alle necessità a breve, medio e lungo termine delle varie tipologie di viaggiatori e di utenti (società e cultura).

La stazione-polo di scambio è chiamata a risolvere, con un’organizzazione spaziale interna ed esterna diversificata, tutti i limiti intrinseci dell’infrastruttura e del contesto urbano. Tra queste problematiche spicca la gestione in uno spazio-tempo determinato di masse umane considerevoli: eterogenei e molteplici, gli utenti aspirano ad essere, in ogni caso, ben informati, guidati e aiutati per accedere il più facilmente possibile ad una varietà sempre maggiore di servizi e di mezzi di trasporto.

Peraltro, questi luoghi magici devono fare i conti, quasi sempre, con l’inevitabile sovrapposizione delle reti. Gli strati e i livelli delle reti ne limitano l’espansione orizzontale a terra e ne favoriscono le interconnessioni verticali, creando a volte spazi piranesiani straordinari, capaci di portare la luce naturale, e con essa la città stessa, fin nelle profondità dell’infrastruttura. Sono le reti stesse che agevolano l’insediamento delle stazioni nel cuore della città, sostenendone la legittimità in quanto luoghi di convergenza tra trasporti e metropoli.

Vero e proprio contenitore multiuso e polifunzionale, il polo di scambio costituisce altresì un’indispensabile “camera di decompressione” tra l’accelerazione della macchina e la temporalità della città e un fantastico strumento per creare una vera e propria rete tra le nostre città ravvicinate dall’alta velocità.

La stazione dell’inizio del terzo millennio collegherà in modo duraturo il territorio e l’urbano!

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