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Lettere e scienze, sull’orlo del divorzio

Pochi
giorni fa ho avuto il piacere di ritrovare un vecchio amico, di cui
avevo perso le tracce da tempo. Con orgoglio mi da notizia della sua
laurea in fisica sub-nucleare, con tanto di lode. Le congratulazioni
sono però amare; il discorso, infatti, termina nella solita querelle
des humanistes et des techniques, con un’affermazione esemplare sui
diversi percorsi
di formazione affrontati: “Se mio figlio studierà qualcosa di
umanistico, lo strozzerò con le mie mani”. Un concetto espresso in modo
rozzo, sommario e senza troppe precisazioni, che però ci fa capire
quanto frivola e poco utile sia considerata l’area umanistica da alcuni
professionisti dell’area tecnico-scientifica. In particolare,
percepisco nelle loro parole una distorta considerazione delle lettere,
identificate con il mondo onirico, dell’irrazionalità e dell’emozione
pura, e affrontate, a loro avviso, con un metodo privo di ogni
scientificità.

Il
divorzio tra lettere e tecnica è un prodotto della cultura occidentale e
della formazione
eccessivamente specialistica e frammentaria che la contraddistingue. Se
però osserviamo da vicino i due macrocosmi dello scibile umano,
scopriamo che questi operano secondo metodologie e obiettivi comuni.
Consideriamo, ad esempio, la letteratura narrativa o poetica: sono
sostanzialmente due gli approcci con cui possiamo avvicinarci al testo.
Il primo è una lettura decontestualizzata dell’opera, slegata da
informazioni esterne al testo, che di solito affrontiamo per puro
piacere ed arricchimento personale. Ognuno di noi ne darà pertanto
un’interpretazione propria ed esclusiva, a seconda del proprio
background esistenziale. E’ il caso della poesia contemporanea che,
esasperando la componente visiva e lavorando per immagini, si presta ad
infiniti significati. Il secondo è invece la lettura analitica, che
facendo riferimento al contesto storico, sociale e letterario in cui
l’opera fu scritta ricerca il messaggio originale dell’autore:
un’interpretazione dunque univoca, come quella della Divina Commedia
affrontata alle superiori.

Questi approcci sono simili, a mio avviso, a quelli forniti
in un qualsiasi corso di formazione scientifica: c’è la ricerca pura, la
scienza applicata e quindi l’ingegneria. Prendiamo ad esempio il
chimico e l’ingegnere chimico: due ruoli con una preparazione simile,
ma finalità molto diverse. Il chimico è lo scienziato puro, che si
occupa di stabilire e verificare le leggi universali della chimica, ma
senza una applicazione concreta. Il chimico scopre nuovi reazioni e
relazioni tra le materie chimiche, proprio come l’interpretazione
analitica fornisce nuove informazioni sull’autore ed il suo tempo a
partire dal testo. L’ingegnere chimico, al contrario, è colui che trova
una finalità pratica alle leggi stabilite dal collega e, dunque, le
interpreta in modo personale facendo riferimento al proprio background
di esperienze. Ingegneria e la lettura decontestualizzata fanno quindi
capo alla soggettività, che, attenzione, non vuol dire operare in
assenza di logica e ragione: come l’ingegnere ha a che fare con leggi
che non può ignorare, io, scrivendo questo testo, devo sottomettermi
alle regole del linguaggio, affinché il mio messaggio possa essere
preciso.

Ci sono
poi tanti altri esempi utili a sottolineare gli intrecci tra le scienze
umanistiche e tecniche: c’è la linguistica moderna di Chomsky e la
grammatica generativa, che cerca di stabilire le leggi che regolano la
produzione linguistica di un dato tempo e luogo, basandosi non tanto su
una grammatica data ma sull’opinione degli stessi parlanti e, quindi,
ricorrendo largamente alla statistica; sempre la statistica, applicata
alla storia, ha permesso di scoprire una certa ciclicità nell’andamento
demografico nella storia, e, quindi, un avvicendamento armonico tra
periodi di guerra e carestia e periodi di pace. Allo stesso modo,
ricordiamo gli stretti rapporti tra filosofia, nella fattispecie
l’etica, e le recenti scoperte nel campo della genetica, senza citare
l’importanza che riveste la sociologia nel campo dell’architettura. La
querelle, dunque, non è altro che il tentativo di scindere due universi
che, in realtà, non operano in modo così diverso, e che perseguono il
medesimo obiettivo, ovvero il progresso dell’umanità.

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