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Il Signore degli Anelli raccontato da Federico Bellini e Ambra Guerrucci

E se la Terra di Mezzo immaginata dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien, fosse realmente esistita?” Dopo un attenta analisi di tutta la documentazione lasciata dall’autore, attraverso le conoscenze iniziatiche e misteriche, nonché la filosofia di cui sono intrisi i suoi romanzi che lo resero celebre, è lecito chiedersi se la sua opera non fosse frutto solamente della sua fervida immaginazione. Alcuni ricercatori sostengono, forse con un pizzico di presunzione, che Tolkien era a conoscenza di antichi libri stipati, o forse nascosti nei sot-terranei dell’Università di Oxford. Sembra, inoltre, che avesse confidato ad alcuni amici – tra i quali C.S. Lewis – che in realtà dietro quelle storie si celassero dei retroscena di cui nessuno sospettava l’esistenza, senza contare che in molte sue missive rivolte alle persone con cui corrispondeva, scrisse chiaramente che Il Signore degli Anelli parlava dell’Europa di 6500 anni fa: che gli Hobbit fossero in realtà gli irlandesi e gli Ainur e gli Elfi, invece, gli abitanti di una mitica terra del Nord. Si narra, infatti, nelle antiche mitologie della Terra, che degli esseri eccezionali abitavano una regione meravigliosa e che offriva tutte le ricchezze della vita. Eccezionali, perché avevano affrontato vittoriosamente molte prove difficili prima di rag-giungere l’Eden, e perché avevano saputo trovare la strada (la Strada Dritta) che conduceva a quel luogo paradisiaco, una “Terra di Mezzo” dove un Sole dolce e benefico non tramontava mai. Da questa terra nacque il mito dei “Saggi del Nord”, una comunità che viveva oltre la sofferenza e la morte, di cui gli antichi facevano risalire l’origine all’alba dei tempi. La misteriosa confraternita, quindi, faceva parte della “catena” simbolica che, partendo dal Vicino Oriente antico, e più precisamente dall’Egitto, attraversò il mondo greco-romano, assunse mol-teplici volti dell’ellenismo, della Gnosi successiva, e conobbe il suo apogeo nel Medioevo delle grandi cattedrali gotiche. Non è un mistero che In molte tradizioni, la dimora degli Dei si trova nel Nord, ma per la religione biblica, al contrario, il male si trovava proprio in quelle regioni, luoghi di sventura che ge-nerano distruzione. Non ci stupiscono questi contrasti, perché come sappiamo, le religioni che hanno ritrovato nella Bibbia la loro unica fonte di verità, hanno cercato durante i secoli, di annientare qualsiasi conoscenza ritenuta blasfema o “demoniaca”. Per certo, quando un riconosciuto scrittore cattolico, raccontava che gli Elfi (come alla fine anche Gandalf, Bilbo o Frodo), facevano rotta verso Valinor, la terra dei Valar, lungo la “Strada Dritta” in linea retta nel grande mare che partiva dai Porti Grigi, la somiglianza con il reame beato, apparentemente perduto dei Saggi del Nord – dove gli eroi, dopo aver superato faticosamente le prove della vita trovavano dimora su una montagna o isola, in molte culture chiamata “la Bianca”, la stessa che in India è conosciuta come la “Terra dei Viventi” dove convivono esseri capaci di orientare correttamente il destino del mondo – la somiglianza è senza alcun dubbio sconvolgente.
«Sicché, in giorni successivi, vuoi grazie ai viaggi compiuti per nave, vuoi per sapienza e arte di leggere le stelle, i re degli Uomini seppero che il mondo era invero sferico, e che agli Eldar era ancora permesso di partire e di giungere all’Antico Occidente e ad Avallónë quando lo volessero. Ragion per cui i custodi delle tradizioni tra gli Uomini affermarono che una Strada Diritta pur dovesse esistere per coloro ai quali fosse concesso di trovarla. E insegnavano che, mentre il nuovo mondo decadeva, l’antica via e il sentiero del ricordo dell’Ovest ancora erano certo percorribili, un enorme, invisibile ponte arcuandosi nell’aria fatta per il vento e il volo (ché ora erano costretti a seguire la curvatura del mondo) e attraversando Ilmen, luogo mortifero per la carne indifesa, fino a giungere a Tol Eressèa, l’Isola Solitària, e fors’anche al di là di questa, a Valinor, dove i Valar tuttora dimorano, osservando lo svolgersi della storia del mondo.» (Akallabêth – Il Silmarillion)
La Strada Diritta è una via di Arda, precisamente è la via che supera la curvatura del mondo, e permette di giungere fino alle terre immortali di Aman o Valinor. La Strada Diritta, chiamata così perché segue il vecchio percorso attraverso Belegaer, il Grande Mare, fu creata dai Valar dopo l’Akallabêth, la caduta di Númenor, quando il Mondo, allora piatto, venne reso curvo, e questa Strada rimase l’unica via d’accesso alle Terre Imperiture, che prima di quest’evento erano raggiungibili da chiunque; solo agli Elfi ed alle loro navi era possibile percorrere la Via Diritta, e solamente con il permesso dei Valar. Una nave, passando per la Strada Diritta, osservata dalla costa, sarebbe diventata lentamente sempre più piccola, fino a scomparire in un punto senza scendere sotto l’orizzonte; questo perché questa avrebbe continuato a navigare senza seguire la curvatura del pianeta, creata appositamente per evitare la possibilità che altri Uomini, come Ar-Pharazôn, l’ultimo Re di Numenor, potessero violare un precetto dei Valar, sbarcando senza il loro permesso sul Reame Beato. Così come negli antichi miti della nostra umanità, si raccontava di come i saggi e i maestri spirituali abitavano nelle isole, tanto che lo stesso cristianesimo non riuscì a demolire questa certezza e si con-tinuò ad affermare che santi ed eremiti vivevano su queste terre benedette da Dio. L’isola, in sostanza, è un punto fisso in mezzo all’infinito delle cose possibili, la prima coerenza, il primo punto d’appoggio di cui l’uomo ha bisogno per prendere coscienza della propria natura cosmica. L’isola non è una fine, ma un trampolino verso l’assoluto, il luogo ideale da cui poter contemplare il mondo e nel quale si ritornava all’origine di tutte le cose, dove è possibile generare di nuovo un’umanità più armoniosa: la terra magica al di là dell’Oceano, chiamata il ‘paese brillante’, ‘i campi incantati’, ‘la terra promessa’, ‘il paese dei vivi’, diversa dalle terre dove si sono stabiliti gli uomini – considerate terre della morte -, nella quale si gode di ogni bene e si beneficia dell’illuminazione eterna, più vivificante del calore del Sole. Tolkien sosteneva che le sue opere fossero basate sulla pura verità, e se qualcuno cercava di mitigare tale af-fermazione, sottolineando il senso metaforico degli eventi narrati, egli andava in escandescenze e rispondeva che non si trattavano affatto di allegorie e metafore; erano antichi eventi realmente accaduti, che egli aveva appreso attraverso le sue letture. Quando la tradizione nordica, che Tolkien conosceva a menadito, parla dell’esistenza di una “Grande Irlanda” in tempi molto remoti, non manca di precisare che questo paese era la “Terra degli Uomini Bianchi”, proprio come bianchi erano Saruman e poi Gandalf, che venivano da Valinor per aiutare gli abitanti della Terra di Mezzo; infatti non è nemmeno un mistero che il bianco sia stato spesso attribuito agli uomini saggi e pacifici, ai grandi Maestri. Ma le somiglianze non finiscono qui. Come gli Elfi, prima ospitati a Valinor dai Valar, decideranno in seguito di tornare nella Terra di Mezzo, anche nella mitologia antica si riscontra una simile analogia, di quando il satiro Sileno, maestro di Dioniso, visse una curiosa avventura. Partito dalla Tracia arrivò in Boezia dove, dopo essersi ubriacato, si addormentò in un giardino di rose. Molto incuriositi dalla sua presenza, i giardinieri lo legarono con delle ghirlande di fiori e lo portarono al loro re, Mida. Fine dicitore, Sileno fece al re sorprendenti rivelazione. Disse che al di là dell’Oceano, c’era un grande continente dove dei geniali architetti avevano eretto magnifiche città. I loro abitanti vivevano molto a lungo in eterna felicità e le loro leggi erano giuste. Da qui, un giorno, partì una colossale spedizione di almeno diecimila uomini, le cui navi si diressero verso le isole del Nord, forse per scoprire il paradiso dei grandi iniziatori. Si ritiene che sia stato un ardito navigatore norvegese, Erik il Rosso, a scoprire la Groelandia. Nei primi anni dell’XI secolo, raggiunse anche una piacevole terra che prese il nome di “Vinland” (nome decisamente simile alla Valinor di Tolkien), la ‘terra del vino’ che alcuni eruditi identificano con il Nord America. Giunta l’estate, narra la Saga di Erik, partì per colo-nizzare la terra che aveva scoperto, chiamandolo ‘paese verde’ perché, secondo lui, la gente avrebbe desiderato venire in una regione con un nome così bello. Fino all’epoca dei Goti, infatti, la Groelandia, vantava una bella vegetazione e si prestava facilmente all’elaborazione di un mito. Ma un altro mito, tanto caro anche all’oscuro e nefasto nazismo esoterico, è quello della terra di Thule, il paese della fine del mondo. Gli antichi immaginavano Thule come una terra ostile, ‘malgrado la sua posizione settentrionale’. Solino nel I secolo a.C., scriveva: “Thule è un paese fertile dove si raccolgono grandi quantità di frutta che matura molto tardi”. Ma all’origine della comunità di questi abitanti del Nord, ci sono gli Dei, forze creatrici, simboli della vita nella sua massima purezza, proprio come lo saranno i Valar nella Terra di Mezzo di tolkeniana concezione.
“I miti” – disse Lewis a Tolkien – “sono menzogne senza valore, ma imbellettate.” “Niente affatto” – rispose Tolkien. “I miti non sono menzogne. Erano il modo migliore – a volte l’unico modo – di trasmettere ai posteri alcune verità altrimenti inesprimibili. Noi proveniamo da Dio, ed inevitabilmente i miti che creiamo, benché non del tutto veritieri, riflettono schegge di vera luce, la verità eterna che è con Dio. I miti forse sono inesatti, ma svolgono egregiamente il ruolo di consiglieri, mentre la mentalità materialistica ed il ‘progresso’ conducono solo all’abisso e all’ascesa al potere del Male.” “Nell’esporre la propria fede nella intrinseca verità della mitologia” – scrive il biografo di Tolkien, Humphrey Carpenter – “Tolkien mise a nudo il fulcro della propria filosofia di scrittore, la quale si evince chiaramente nel Silmarillion, ma è riscontrabile in ogni altra sua opera. Il racconto Tree and Leaf è essenzialmente un’allegoria circa il concetto di vero mito, e la poesia: Mythopoeia è un’esposizione in versi del medesimo concetto.”
Tolkien, inoltre, aveva dato vita a dei personaggi talmente ‘veri’ da rimanere impressi nell’immaginario collettivo, a cominciare dall’eroe solare Gandalf o la sua nemesi, Sauron, l’Oscuro Signore, tramite il quale cercò di dimostrare come questo potere demiurgico si fosse manifestato per costringere l’uma-nità di Arda, del tutto simile alla nostra, ad una sorta di schia-vitù con il fine ultimo di distruggere il pianeta, drenandolo della sua energia per poi trasferirla nei propri dispositivi esistenziali. In effetti, il nome proprio del Signore degli Anelli è Sauron (cioè Saturno o Kronos), in più la figura di Sauron è ovviamente molto vicina al dittatore mesopotamico Sargon, il quale si dice che inventò il Tempo, cioè fu il primo a codificare la misurazione del tempo lineare inventando meridiani, calendari, orari e trasformando la realtà nel monocromatico mondo lineare in cui oggi viviamo. In effetti, dai romanzi di Tolkien non sappiamo cosa Sauron stesse cercando di realizzare, non del tutto almeno. Sono note le sue intenzioni di distruggere gli Elfi, custodi di una eccessiva conoscenza e dunque perico-losamente potenti, come si intuisce che stesse cercando di intrappolare la Terra in un meccanismo succhia-energia, dele-gando il compito a delle creature da lui forgiate, veri e propri cloni mezzosangue, identificati nei romanzi come gli Orchi e ad altre creature non del tutto umane; umane solo in parte, proprio come gli Arconti dello Gnosticismo o le Razze Aliene della ben più moderna ufologia. Ma la mentalità materialistica di Sauron, è anche una metafora della nostra attuale società moderna, perché proprio come lui aveva fatto (e il suo mentore Melko ancor prima), è possibile che in futuro anche noi fabbricheremo in laboratorio dei mostri genetici, simili ai suoi orrendi Orchi. L’inquietante verità, però, è che lo stiamo già facendo, perché i governi stanno già lavorando alla creazione di super-soldati, proprio ciò che facevano Melkor/Morgoth, prima, e poi Sauron, dopo, il quale clonavano esseri appositamente progettati per combattere. “E’ possibile che in passato furono creati dei mostri genetici, e che oggi la storia abbia iniziato a ripetersi nuovamente?”
Tolkien era cosciente che si trattasse di una storia vera, in quanto lo aveva compreso dalle molte letture dei miti antichi nordici, ma anche medioevali, nonché dai testi filosofici, religiosi e gnostici di altre parti del mondo. Inoltre, sapeva che tale conoscenza, un tempo diffusa nei nostri resoconti storici, venne spazzata via da queste forze arcontiche (o aliene), forze votate a non farci comprendere cosa sia realmente accaduto. Per questo motivo, forse, dovremmo guardare al romanzo Lo Hobbit e alla trilogia del Signore degli Anelli con occhi nuovi. Non solo è possibile che le creature in esse descritte siano esistite nella realtà storica, ma che anche quegli eventi potrebbero avere una lontana attinenza con fatti realmente accaduti. Tolkien scrisse di una antica setta devota a Saturno (Melkor/Morgoth) il cui intento malvagio era l’asservimento del nostro pianeta, il che sembra rispecchiarsi nell’attuale NWO o nell’opera di alcune sette occulte. Tali schiavisti non sono fit-tizi, attraverso i loro apparati orwelliani ci osservano e ci programmano continuamente, proprio come faceva Sauron nella Trilogia di Tolkien con il suo “grande occhio che tutto vede.”
Tratto da “Il Fuoco Segreto di Gandalf” di Federico Bellini e Ambra Guerrucci, Risveglio Edizioni

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