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“C’è un sacco di posto giù in fondo”.

"Considerate la mastodontica Enciclopedia Britannica e tutti i suoi 24
volumi", esordì il fisico, "e immaginate di poterli scrivere tutti
sulla capocchia di uno spillo. Se riuscissimo a farlo, potremmo
raccontare alla nostra bibliotecaria , che tutti i giorni fa avanti e
indietro fra gli scaffali, che presto le sarà sufficiente cercare i
libri all’interno di uno spazio grande quantoun francobollo. Vi starete
domandando: è possibile fare questo’ Ebbene, io vi dico di sì. Potremmo
già farlo con la tecnologia a nostra disposizione e credo anzi che sia
il momento di sviluppare le capacità di miniaturizzazione per
realizzare cose ancora più incredibili". Con il suo inconfondibile
stile capace di rendere comprensibili anche i concetti più difficili,
Feynman proseguì poi il suo discorso descrivendo possibilità più
avanzate.
Intuì le enormi potenzialità dei computer (che in quei
anni non brillavano quanto a capacità di calcolo e allo stesso tempo
erano macchinari enormi che occupavano intere stanze) e di come queste
si sarebbero esponenzialmente moltiplicate se i loro componenti fossero
stati minuscoli, addirittura composti da poche centinaia di atomi.
Immaginò una tecnologia che permettesse ai chimici di sintetizzare le
molecole assemblandole atomo per atomo invece di usare le tecniche
classiche. Ispirato dagli studi sul DNA, all’epoca recentissimi, pensò
alla possibilità di immagazzinare informazioni in poco spazio in modo
più sofisticato rispetto a minuscole incisioni su uno spillo: così come
le cellule possono leggere le informazioni codificate nel nucleo e
agire di conseguenza. Feynman sognava la realizzazione di strutture
artificiali in grado di fare lo stesso.
Descrisse l’importanza di
migliorare le capacità di ingrandimento dei microscopi elettronici,
fino a poter vedere i singoli atomi (un risultato teoricamente
possibile ma decisamente lontano da quanto era tecnicamente
realizzabile allora): non solo questo avrebbe reso possibile la lettura
di un’enciclopedia scritta su uno spillo, ma avrebbe anche
incredibilmente accelerato lo sviluppo di scienze come la biologia.
Arrivò anche a descrivere un’applicazione medica della sua idea: quanto
sarebbe stata più semplice la chirurgia se fosse stato possibile
costruire dei "chirurghi molecolari" che potessero essere inghiottiti,
muoversi all’interno del corpo e operare senza bisogno di tagli,
iniezioni o procedure invasive’
In poche parole, anche se la parola
non era ancora stata inventata, Richard Feynman aveva introdotto per la
prima volta il concetto di "nanotecnologia".
Con un’altra delle sue
frequenti intuizioni sulla comunicazione del sapere scientifico,
Feynman concluse il suo intervento lanciando un concorso a premi.
"Questo campo di studi è così incontaminato", disse, "che persino i
ragazzi dei licei potrebbero raggiungere dei nuovi record di
miniaturizzazione. E, visto che mi rendo che la scienza da sola
potrebbe non risultare abbastanza eccitante, voglio mettere in palio
due premi da 1.000 dollari: uno per chi riuscirà a scrivere la pagina
di un libro su una superficie 25mila volte più piccola, l’altro per la
prima persona che costruirà un minuscolo motore funzionante. Sono
sicuro che non passerà molto tempo prima che qualcuno mi chieda di
firmare gli assegni".
L’intento del fisico era naturalmente quello
di dimostrare che le sue intuizioni erano così azzecate che poco tempo
sarebbe bastato a tramutarle in reltà. E i fatti gli diedero, visto che
bastarono 11 mesi a uno studente del Caltech, William McLellan, per
vincere il premio per aver realizzato un motore elettrico del peso di
un quarto di milligrammo. Risultò invece molto più complicato risolvere
l’altra sfida: solo nel 1985 Tom Newman, un dottorando della Stanford
University, ci riuscì, incidendo un racconto di Dickens su uno spillo
con un fascio di elettroni. Secondo il racconto do John Gribbin, un
biografo di Feynman, ci furono difficoltà molto peculiari per
l’assegnazione del premio: il grado di miniaturizzazione era tale che
sulla capocchia c’era prevalentemente spazio vuoto e ritrovare con il
microscopio la porzione di superficie contenente il racconto non fu
affatto facile. Ormai attribuiti i due assegni da 1.000 dollari, per
chi volesse cimentarsi c’è ancora una speranza: il Foresight Nanotech
Institute di Palo Alto porta avanti la tradizione, istituendo ogni anno
un concorso dedicato a Feynman che premia gli autori dei più
significativi sviluppi, teorici e sperimentali, nel campo delle
nanotecnologie.
La prima dellle visioni di Feynman ad essere
concretizzata fu quella sui computer. L’avanzamento delle tecnologie di
miniaturizzazione delle componenti elettroniche dei calcolatori ha reso
possibile, in questi 50anni, il passaggio dai mastodontici macchinari
ai quali le università statunitensi dovevano dedicare intere stanze
fino ai minuscoli computer palmari dei nostri giorni. Già negli anni
Sessanta Gordon Moore, il fondatore dell’azienda produttrice di
hardware Intel, notò che le dimensioni dei dispositivi elettronici a
semiconduttori tendevano a diminuire esponenzialmente, dimezzandosi
ogni due anni circa. Ciò che Moore forse non arrivava a ipotizzare era
che il fenomeno sarebbe continuato senza rallentare per altri 40anni:
l’attuale record, datato 2007, è di un transistor lungo poche decine di
nanometri e composto da appena 180 atomi di silicio. Ossia proprio
quelle poche centinaia di particelle che Feynman aveva immaginato
quando nessun altro osava pensarlo.
Nel 1974, 15anni dopo il
convegno di Pasdena, la tecnologia di alta precisione necessaria a
controllare i processi immaginati da Feynman era ormai così matura da
rendere necessaria l’invenzione di una parola per descriverla. Fu il
giapponese Norio Taniguchi, specialista del ramo, a inventare il
termine "nanotecnologia", che
definì come "il processo di separazione, consolidamento o deformazione
di un materiale effettuato atomo per atomo o molecola per molecola".
Era
il 1981 quando per la prima volta gli esseri umani furono in grado di
visualizzare oggetti picccoli quanto un atomo: il tedesco Gerd Binning
e il sangallese Heinrich Roher, fisici impiegati dalla IBM nei
laboratori di zurigo,avevano inventato il microscopio a effetto tunnel.
Con questo strumento, che sfrutta le leggi della meccanica quantistica,
è possibile ottenere risoluzioni fino a 1/10 di nanometro. Per
confronto, le dimensioni degli atomi vanno dai 6/100 di nanometro
dell’atomo di elio al mezzo nanometro dell’atomo di cesio: dunque
un’altra delle sfide lanciate da feynmanera stata vinta, aprendo
possibilità scientifiche così straordinarie che i due inventori vinsero
il premio Nobel per la fisica solo cinque anni dopo la scoperta.
Naturalmente
anche le ricadute nanotecnologiche furono evidenti: potendo
visualizzare le singole molecole, non era impensabile manipolarle.
Proprio grazie al microscopio a effetto tunnel furono scoperti, nel
1985, i fullereni, cioè allotropi del carbonio (sostanze con la stessa
composizione chimica ma con diversa struttura cristallina: gli esempi
più noti oltre ai fullureni sono la grafite e il diamante) dotati di
forme geometriche particolari, le cui peculiari proprietà chimiche e
fisiche sono ora oggetto di studi scientificie e eingegneristici
all’avanguardia. Un posto d’onore è occupato dai nanotubi, scoperti
negli anni Novanta. Le caratteristiche dei nanotubi sono quasi
fantascientifiche: sono il materiale più forte e più rigido che si
conosca, sono ottimi conduttori termici e discreti semiconduttori
elettrici, hanno caratteristiche cinetiche che li rendono componenti
ideali per eventuali "nanomacchine" e le loro proprietà ottiche sono
straordinarie. Le potenziali applicazioni dei nanotubi sono
estremamente numerose: dalle pile a cellulosa fino alle componenti
elettroniche, dagli indumenti per gli sportivi fino alla tecnologia
medica. Alcune di queste applicazioni esistono già, ma la sfida da
vincere negli anni futuri per consentire la realizzazione di altri
possibili utilizzi dei nanotubi è lo sviluppo di una tecnologia
efficiente ed economica per la loro produzione di massa e di un sistema
per evitare la comparsa di difetti strutturali che, se presenti, non
consentono alle proprietà desiderate di emergere.
Lo stato dell’arte
della tecnologia vede coesistere due diverse filosofie. C’è l’approccio
stocastico, con il quale tecniche chimiche classiche sono utilizzate
per produrre "nanomateriali": per esempioi nanotubi, oppure cristalli
di dimensioni nanometriche (come i cosidetti quantum dots,
cristalli semiconduttori dalle rivelanti proprietà fisiche quantistiche
, dotati di immmense potenzialità applicative in informatica e in
medicina). E c’è invece l’approccio deterministico, più vicino alla
visione originale feynmaniana: in questo caso le componenti delle
nanomacchine sono effettivamente assemblate molecola per molecola,
partendo da nanomateriali prodotti con l’approccio stocastico.
Uno
dei risvolti più affascinanti dell’approccio deterministico è quello di
progettare ingegneristicamente nanomacchine capaci di riprodursi da
sole e di evolvere, proprio come i sistemi biologici. Qualora questo
fosse possibile, e qualora fosse possibile esaminare con facilità i
risultati di questa evoluzione artificiale, gli ingegneri potrebbero
alla fine del processo selezionare, fra le nanomacchine evolutesi
autonomamente, quelle più adatte ad essere utilizzate dall’uomo. E’
solo fantascienza o per i nostri figli sarà normale routine’
Feynman non è più fra noi per anticiparci qualcosa, per cui non ci resta che attendere.
Autore : Vanni Noferini

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