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Arabic Marketing: quale lingua per il mercato interno?

Un mercato nel mercato. I flussi migratori magrebini e mediorientali che negli ultimi anni hanno coinvolto l’Italia, creando un mercato potenzialmente fruttuoso, rappresentano un’opportunità che le nostre aziende devono imparare a sfruttare nel modo migliore. Dati aggiornati Istat mostrano che la comunità marocchina, quella più numerosa, conta 433.000 individui, seguita dalla comunità tunisina con 105.000 immigrati e da quella egiziana che ne conta 78.000 circa. Il numero di immigrati arabofoni in Italia ammonterebbe pertanto a 616.000 unità circa, escludendo dal calcolo le comunità più piccole (algerini e palestinesi) nonché l’immigrazione clandestina, non facilmente quantificabile. Il trend di questi flussi migratori, sebbene nell’ultimo anno sia aumentato in minor misura rispetto agli anni precedenti per via delle contingenze attuali, è in crescita costante. Di recente il mondo del marketing italiano pare essersi accorto di questo mercato: società di servizi telefonici (come Tim) lanciano campagne pubblicitarie di piani tariffari per chiamate all’estero su cartelloni pubblicitari e brochure in lingua araba, così come in arabo vengono tradotti messaggi pubblicitari che riguardano dai servizi bancari ai servizi postali e così via; si sta insomma inaugurando una forma di multilanguage advertising in cui troviamo un messaggio pubblicitario esclusivamente in arabo oppure associato ad una traduzione in italiano. Con una certa razionalità potremmo supporre che un messaggio in arabo risulti sempre chiaro ad un immigrato magrebino. Ma la realtà è più complicata di quanto sembra. Lingua scritta vs lingua parlata. Benché il MSA (Modern Standard Arabic) sia la lingua ufficiale di tutti i paesi del maghreb, il suo impiego effettivo è relegato al contesto scritto. Libri e giornali vengono scritti in MSA dal Marocco, alla Tunisia, alla Libia, mentre a livello di espressione orale, ogni regione del maghreb utilizza un suo proprio dialetto, influenzato da diversi substrati autoctoni od esogeni (berbero, francese, italiano, spagnolo), il che impedisce in certi casi la capacità di intercomprensione. In altre parole, un tunisino non avrà problemi a colloquiare in arabo con un algerino, ma se si troverà a parlare con un cittadino di Marrakech è molto probabile che la loro conversazione si terrà in francese piuttosto che in arabo. Ora, considerando gli alti tassi di analfabetizzazione da un lato, e un certo “prestigio” connesso all’apprendimento e all’impiego di una lingua europea dall’altro, risulta chiaro che il ruolo del MSA nel maghreb è decisamente marginale. Alla luce di ciò, siamo davvero sicuri che un messaggio in arabo standard risulti del tutto comprensibile e/o familiare al mercato degli immigrati italiani? Quale lingua usare. Fare marketing per un mercato immigratorio interno equivale grosso modo a fare marketing internazionale. Tuttavia, oltre agli eventuali adattamenti che il prodotto/servizio necessita per risultare gradibile alla diversa cultura con cui si interagisce, bisogna intuire anche gli adattamenti che il messaggio necessita per risultare familiare e veritiero. Non vi è dubbio che inserire nell’advertising parole, modi di dire, od anche uno degli innumerevoli proverbi di cui pullula l’arabo dialettale risponda a questa necessità. Nel caso dell’Italia, il mercato di riferimento più vasto è rappresentato dalla comunità marocchina. Per dare un’idea della distanza che intercorre tra MSA e arabo marocchino traduciamo l’ipotetico messaggio pubblicitario di un operatore telefonico: “Adesso ti piacerebbe parlare con tutto il mondo?” prima in arabo standard: “hal turidu an tatakallama ma’a al ‘alami kulluhu, al-‘an?” quindi in arabo marocchino “ash katibghi titkellem ma’ gaa’-l-‘alam, daaba?”. Non bisogna essere arabisti per rendersi conto che le due frasi sono sostanzialmente diverse! Quindi, dal momento che l’arabo dialettale è la vera lingua madre dei potenziali clienti, impiegarlo parzialmente nel messaggio sarà il modo più efficace per stabilire quel senso di familiarità e chiarezza che è alla base di qualsiasi contrattazione, nel mondo arabo-islamico. La curiosità. Il punto chiave di un efficace arabic marketing consiste non solo nel “personalizzare” il messaggio con locuzioni tipiche della lingua madre del cliente, ma anche nel modo in cui presentare tale messaggio. Utilizzare l’alfabeto arabo per scrivere espressioni dialettali risulterebbe riprovevole (dal punto di vista di un musulmeno infatti, l’alfabeto arabo ha natura divina, quindi si confà solo alla scrittura dell’arabo Standard/moderno o dell’arabo Classico/medievale). La soluzione è quella di traslitterare le parti del messaggio in arabo dialettale mediante l’alfabeto latino. (Vedi frase traslitterata sopra). Questo meccanismo di traslitterazione avrà una conseguenza estremamente importante: aiuterà il cliente ad imparare l’alfabeto latino, grazie alla lettura del messaggio pubblicitario. Al di sotto di questa dinamica che ad alcuni potrebbe sembrare banale, si trova un carattere innato della cultura maghrebina: la curiosità. Offrendo al cliente la possibilità di imparare o di migliorare le sue capacità linguistiche, (si tenga presente che imparare l’alfabeto latino rappresenta una sorta di promozione sociale) da un lato si stimola la sua “voglia di integrazione” (che spesso si traduce nell’adozione di un modello di vita improntato al consumismo) e dall’altro si fomenta la sua curiosità nei confronti del messaggio che gli viene proposto, creando nel tempo un rapporto privilegiato tra l’azienda dedita a questo nuovo tipo di arabic marketing e le sue preferenze. In conclusione, prevedendo che la società italiana diverrà sempre più multietnica (non lo è già?) le imprese italiane non avranno altro modo di massimizzare l’appeal del loro maketing nei confronti del mercato “straniero” se non tramite l’analisi dei gusti e delle peculiarità culturali pertinenti a questo nuovo tipo di clienti, tenendo sempre chiaro in mente che l’integrazione è prima di tutto una dinamica linguistica, e in secondo luogo commerciale.

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