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L’attacco di panico si manifesta quasi sempre con le stesse modalità, e questo rassicura, se così ci possiamo esprimere, almeno in parte, il paziente, perchè l’ha già vissuto in passato, anche se, alcune volte può presentarsi con sintomi inconsueti o diversi, ovvero in maniera molto più subdola, provocando, così, nel paziente una condizione di ” terrore ” e di ” sentirsi in pericolo “, al punto da spingerlo a rivolgersi al Pronto Soccorso, per via della convinzione che non sia panico, ma stia per accadere qualcosa di nuovo.
Questa nuova e diversa sintomatologia che terrorizza il paziente si basa essenzialmente, in genere, su sintomi respiratori, che danno la drammatica idea di essere sul punto di soffocare, mentre, altre volte, l’attacco si presenta sotto forma di fortissima oppressione toracica, accompagnata da fitte e da un forte ed improvviso dolore al braccio sinistro, il quale, insieme ad una angosciante e persistente sensazione di anestesia alle braccia e alle gambe, fà immediatamente temere all’infarto.
L’attacco di panico può durare da pochi minuti fino ad un massimo di venti minuti, mezz’ora addirittura, anche se le sensazioni vissute dal paziente sono talmente intense, da fargli percepire l’idea di aver vissuto un’angoscia lunghissima, imparagonabile nel tempo, infatti nella manifestazione del panico, mentre all’inizio, le prime avvisaglie sono piuttosto sfumate e danno un senso di distacco e di estraneità e tutto è falsato ed ovattato, subito dopo, improvvisamente, si verifica una straordinaria accelerazione del pensiero, attraverso la quale i suoni, le voci, i colori e la luce diventano ostili ed insopportabili, al punto da essere vissute in maniera ossessiva per via dell’intensità emozionale, provocando così la sensazione di essere sul punto di impazzire.
Esaurita la fase acuta, subentra la fase dello spossamento, caratterizzata dalla condizione per la quale il paziente appare ancora profondamente provato ed esausto e stà per entrare in uno stato di astenia fisica protratta, in quanto quasi completamente privo di forze, perchè la crisi appena trascorsa ha sollecitato in modo intenso tutto il suo corpo.
Ed è proprio a proposito di questa sintomatologia così intensa, sconvolgente e, peraltro, piuttosto incomprensibile, per lo più dalle persone che ne sono state colpite le prime volte, che il paziente che si presenta ad un terapeuta per un disturbo di panico ha, tipicamente, l’atteggiamento di chi stà male per qualcosa di incomprensibile, totalmente slegato dalla propria storia e dalla propria responsabilità, tant’è che l’insorgenza di questo disturbo, in alternativa, potrebbe essere attribuito soltanto ad eventi secondari non rilevanti.
In effetti, si ritiene corretto, clinicamente, scientificamente ed umanamente, identificare e far coincidere la terapia del disturbo da attacchi di panico con il tentativo di ridurre o, se possibile, eliminare, definitivamente, la presenza di attacchi di panico e dell’agorafobia e l’obiettivo della guarigione completa dev’essere considerato fondamentale, in quanto senza il suo ottenimento, la qualità della vita del paziente resterà, evidentemente, scadente e, molto difficilmente, si renderà possibile qualunque altro tipo di intervento, di qualche utilità significativa, per il miglioramento della sua qualità della vita. E non si tratta di una precisazione inutile, in quanto non è raro, nella pratica clinica, essere consultati da pazienti con disturbo da attacchi di panico reduci da interventi terapeutici totalmente orientati alla comprensione cognitiva, emotiva, esistenziale o relazionale dei loro problemi, senza che ciò abbia prodotto dei risultati apprezzabili sulla sintomatologia più evidente del panico, erroneamente considerata secondaria, rispetto a dimensioni più nobili o vere del disturbo.
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