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Il tempo non aspetta, il cerchio non è rotondo. Visitare Skopje.

AUTORE: LORETTA MASOTTI

Nel bellissimo film di Milcho Manchewski del 1994 “ Prima della pioggia” giustamente Leone d’oro a Venezia, era rappresentata una Macedonia fatta di alture rocciose, affascinanti ma aspri paesaggi di montagna, poveri villaggi. Veniva descritto un territorio attraversato da odio interetnico, fanatismo fondamentalista, in un’atmosfera di angosciosa attesa della guerra. 

Arrivare a Skopje con queste suggestioni filmiche (il regista è nato proprio nella capitale dell’attuale repubblica di Macedonia) può essere un buon inizio, anche se non aiuta molto a orientarsi. Nel cuore di Skopje c’è un ponte ottomano di travertino bianco, costruito dai Turchi nel XV secolo, sopra il fiume Vardar, che collega la città vecchia alla città nuova. Giungendo al ponte, da Piazza Macedonia, si lascia alle spalle la città slava macedone, ricostruita dopo il terremoto del 1963. E’ stato questo un evento drammatico che ha causato la morte di 1066 persone, danneggiando o distruggendo l’85% degli edifici. Gli aiuti consistenti giunti soprattutto dagli altri territori della Iugoslavia hanno permesso una rapida ricostruzione che è però avvenuta in modo caotico e non sempre felice, come nel caso del gigantesco palazzo delle poste, stile vecchio Est europeo, o del complesso delle telecomunicazioni. Questi edifici oggi appaiono piuttosto malandati per scarsa manutenzione. L’ispirazione complessiva di questa parte della città è sicuramente occidentale, con l’ampia Via Macedonia piena di negozi, alberghi, ristoranti e bar moderni. Vi è anche la statua di Madre Teresa di Calcutta, nativa di Skopje. Attraversando il ponte, popolato da ambulanti che vendono la loro merce, si entra in un altro mondo, orientale, abitato prevalentemente da albanesi. Qui si vedono minareti e cupole di bagni turchi, un caratteristico bazar, con negozietti ove si possono comprare sandaletti in cuoio, borse di pelle, gioielli d’argento, tappeti; localini ove con pochi dinari si assaggiano specialità, bevendo magari un the alla menta.

Interessanti sono i Bagni di Daut Hamman Pascià che risalgono al 1466, una volta i bagni turchi più grandi dei Balcani, ora sede della Galleria d’arte della città. Forse la costruzione più suggestiva è la chiesa di Sveti Spas (Santo Salvatore) del XVII secolo. Si tratta di un edificio per metà sotterraneo perché allora nessuna chiesa poteva essere più alta di una moschea. In essa si trova una bellissima iconostasi del 1824 di dimensioni relativamente modeste ma notevole per l’alta qualità dell’esecuzione, ottimamente intagliata in legno dipinto. Ricorda per bellezza un’altra iconostasi nella chiesa di Sveti Naum del XVII secolo, che si trova al confine con l’Albania, 30 Km a sud della città di Ohrid sul lago omonimo.

Degno di nota anche il Kursumli Han, vasto caravanserraglio del XVI secolo che ospita attualmente il Museo della Macedonia, e la fortezza del VI sec d.c. anche se risale nella attuale forma all’epoca turca. Unica anomalia il Teatro dell’opera e balletto, situato subito dopo il ponte, ma di costruzione moderna. L’impressione non è comunque quella di un luogo in cui occidente e oriente si mescolano, ma di una continua giustapposizione tra macedoni e albanesi, musulmani e ortodossi. Parlando con abitanti della zona moderna emerge un disinteresse, quando non una presa di distanza, rispetto alla zona orientale, anche se le relazioni tra etnie sembrano migliorate. Non dimentichiamo che nel non lontano 2001 vi è stata la sommossa degli Albanesi nella Macedonia occidentale e abbiamo assistito a loro azioni armate lungo il confine macedone-Jugoslavo del Kosovo.

Quel ponte ritmato da tredici ampi archi  segna quasi una linea di demarcazione netta tra due mondi, anche se la storia non si ripete e, come dice un monaco nel film di Manchewski, “ Il tempo non aspetta, il cerchio non è rotondo”.

                  

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