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Turismo : Malindi perla nera d’Africa

La capitale del turismo italiano ed europeo in Africa: forse tra la
metà degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo il Kenia era
diventato la maggiore attrattiva nel “continente nero” per un gran
numero di turisti; ci pensarono poi i conflitti civili a raffreddare la
febbre per il Kenia ma ancora oggi lo stato, e soprattutto la città
costiera di Malindi, è una destinazione di sicura presa.

Malindi sorge nel breve tratto in cui il Kenia si apre al mare
(precisamente all’Oceano Indiano): è una città di media estensione con
una popolazione di poco superiore ai centocinquantamila abitanti (la
quarta per grandezza della nazione ma niente a che vedere con la
popolazione della capitale Nairobi, quattro milioni e mezzo di
abitanti).

La storia antica della città è ancora oggi avvolta nel mistero: si
deve andare dietro fino all’ottavo-nono secolo per trovare i primi
insediamenti umani nella zona: popolazioni, probabilmente di etnia
bantu, che avevano occupato tutta la zona costiera impiantando
rudimentali forme di coltivazione dove il fiume Galena provvedeva in
abbondanza al rifornimento di acqua per le terre.

Le prime notizie documentarie sicure sono però databili solo
all’inizio del quattordicesimo secolo nel momento in cui tutta la
regione era abitata da popolazioni Swahili (nate dall’incontro e dalla
fusione tra gli arabi e i Bantu autoctoni) che vi avevano trovato un
ottimo punto da cui far partire un fitto sistema di comunicazioni
commerciali con l’esterno. Documenti di provenienza cinese testimoniano
dell’arrivo nella città di navigatori provenienti dal paese del Sol
Levane e dell’instaurarsi di un fattivo scambio che porterà addirittura
al dono di una giraffa da parte delle popolazioni di Malindi ai nuovi
“clienti” cinesi. Quasi cinquant’anni dopo anche gli europei che
volevano aprire nuove strade di comunicazione verso l’Oriente fecero
tappa a Malindi: Vasco da Gama fu uno di questi e probabilmente senza
il saggio consiglio sulle rotte da tenere dato dai locali difficilmente
avrebbe potuto raggiungere l’India.

Già all’epoca a Malindi funzionava un importante porto che
rivaleggiava aspramente con quello di Mombasa (più a sud di circa un
centinaio di chilometri). Le attività mercantili ebbero il loro apice
quando iniziò la tratta degli schiavi: essi venivano trasportati in
città dall’interno via fiume o da nord attraverso la strada carovaniera
che arrivava dal Kenia settentrionale; una volta arrivati erano
scambiati nella piazza centrale e poi imbarcati verso le rispettive
zone di destinazione. Si hanno testimonianze sicure del fatto che
ancora a fine Ottocento la pratica era abbastanza diffusa: arrivò poi
l’occupazione britannica che stava costruendo un grande Impero in
Africa, dall’Egitto al Capo di Buona Speranza, e con essa lo
spostamento delle attività economiche verso le coltivazioni intensive
di prodotti da piantagione. Gli inglesi restarono nel paese fino al
1963 dopo che per vent’anni la protesta dei Mau Mau (i nazionalisti
indipendentisti keniani) si era opposta alle loro pretese; all’atto
della nascita della Repubblica Keniana Malindi era ancora uno dei porti
principali dello stato.

Oggi la città ha sensibilmente modificato il suo profilo economico
spostandosi verso le attività turistiche, tanto che la seconda lingua
più frequentemente parlata è proprio l’italiano dei molti turisti che
vi passano le vacanze.

Uscendo dai tanti villaggi vacanza per dirigersi verso le altre
città del Paese si incontra un sistema viario abbastanza disastrato e
spesso strade senza asfalto; l’aeroporto di Malindi è l’Aeroporto
Nazionale che attua prevalentemente un servizio di navetta verso
Nairobi e ospita i numerosi voli charter con a bordo i turisti europei.

Le lingue ufficiali di Malindi sono lo swahili e l’inglese, la
moneta ufficiale è lo Scellino Keniota; per gli affari diplomatici a
Malindi è presente un vice console onorario che si trova nel Sabeki
centre in Lamu Road, P.O. Box 704.

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