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Banche tedesche al guinzaglio.

Il governo
tedesco ha scelto la linea della prudenza nel presentare ieri a Berlino
il rap­porto economico 2010. Una cre­scita che, comunque, ci sarà e
an­che superiore alle ultime previ­sioni dello scorso autunno.
Rivisto
al rialzo con un altro 0,2% dopo gli ultimi sviluppi positivi
soprattutto nel settore delle esportazioni, l’incremento del Prodotto
interno lordo tedesco (PIL) arriverà quest’anno secon­do le ultime
previsioni governati­ve fino all’1,4%, dopo che nel 2009 la Germania a
causa della crisi finanziaria mondiale aveva accusato un tracollo del
5% del PIL, una caduta mai registrata do­po la fine della seconda
guerra mondiale. Alcuni esperti sono ad­dirittura ancora più ottimismi
e tra questi anche il Fondo mone­tario internazionale (FMI) che ar­riva
a prevedere una crescita del­l’economia tedesca fino al due per cento
nell’ambito di una cre­scita mondiale del 4,3 per cento.
Ottimismi a parte, il governo te­desco fa bene a essere prudente e a
parlare di una «ancora fragile ripresa economica» che potreb­be
dimostrarsi ancora tutt’altro che duratura. Il peggio è ormai alle
spalle, ha detto il ministro dell’Economia Brüderle, ma la ri­presa
sarà lunga e difficile.
Le imprese stanno in questo mo­mento ancora
riducendo le loro capacità produttive e decidono investimenti con molta
oculatez­za nel timore che la ripresa, dro­gata dai molti pacchetti
congiun­turali statali, possa rivelarsi pog­giare sulla sabbia.
Comunque sa­rà, la ripresa congiunturale non andrà a beneficio né dei
dipen­denti, i quali dovranno preparar­si a bassi aumenti salariali, né
dei disoccupati che nel corso dell’an­no saliranno a una media di 3,7
milioni di unità.
Il ministro dell’Economia Rai­ner Brüderle ha confermato la volontà del governo di ridurre la pressione fiscale al fine di assi­curare
un ulteriore sostegno al­la crescita e anche di voler tener fede
all’impegno programmati­co di una maggiore disciplina di bilancio a
partire dal 2011. Mol­te imprese temono che il gover­no federale possa
intervenire con maggiore decisione nei vari processi economici e
finanziari. Indubbiamente il 2010 sarà l’an­no di una riforma del
settore fi­nanziario con una più netta se­parazione delle attività
commer­ciali delle banche dalle loro at­tività speculative.
Dopo che
il presidente della Ban­ca centrale europea (BCE), Jean-Claude Trichet,
ha assicurato il governo USA tutto l’aiuto possi­bile nel compito di
porre un freno all’ingordigia delle banche, an­che il presidente della
Bunde­sbank, Axel Weber, ha criticato le banche tedesche che
tendereb­bero ancora a utilizzare i loro uti­li per pagare cospicui
bonus ai lo­ro manager, invece di devolverli al rafforzamento del loro
capitale di base necessario per essere all’al­tezza delle difficoltà in
caso di una nuova crisi.
Il timore del cancelliere Angela Merkel e dell’intero governo te­desco è che l’amministrazione americana prenda troppo presto
le sue decisioni per costringere le banche a concentrarsi su quel­lo
che dovrebbe essere il loro compito principale, vale a dire il
finanziamento della reale eco­nomia, senza attendere il coor­dinamento
delle varie misure a livello internazionale. I casi del­la WestLB di
Düsseldorf, della Hypo Real Estate (HRE) di Mo­naco e della Commerzbank
di­mostrano che il governo di Berli­no non ha lo stesso grado di
de­cisione di cui il presidente ame­ricano Obama sta dando prova nel
suo obiettivo di costringere le banche a decidersi se voglio­no essere
degli enti al servizio delle imprese, del singolo citta­dino e anche
dello Stato o se in­vece vogliono essere degli inve­stitori di rischio
come lo sono i fondi Hedge.
Da quel poco che si è sentito di­re dal
cancelliere tedesco riguar­do al problema di una tassa sul­le
transazioni finanziarie – con­siderata molto problematica per­ché oltre
che colpire i complica­ti prodotti derivati, che sono al­la base delle
difficoltà delle ban­che, essa si ripercuoterebbe an­che sul commercio
delle azioni e delle obbligazioni -, sembre­rebbe di capire che il
governo te­desco miri a una riforma del
si­stema finanziario che costringa le banche a versare una regolare
imposta sugli utili in un fondo di salvataggio al quale fare ricorso
nell’eventualità di una nuova cri­si finanziaria. La tendenza tede­sca
sembra essere di porre più l’accento sulla prevenzione che non sulla
richiesta alle banche di una partecipazione al paga­mento dei danni
causati.
Questo dovrebbe restare un pro­blema tra gli azionisti di
una banca e i manager sui quali ca­de la responsabilità della crisi, i
cui termini di prescrizione an­drebbero opportunamente al­lungati, come
ha chiesto il mini­stro federale tedesco della Giu­stizia. Resterebbe
ancora il pro­blema della grandezza di una banca, che quando ha la
dimen­sione di una J.P. Morgan o di una Deutsche Bank non può essere
lasciata fallire pena il crollo del­l’intero sistema finanziario. Una
soluzione potrebbe essere l’ob­bligo di una maggior base di ca­pitale
di garanzia, la qual cosa potrebbe anche avere l’effetto di limitare
un’eccessiva espansio­ne di una banca.
Luciano Barile

Foto :Rainer Bruderle

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