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Falchi contro colombe nella BCE.

I tassi di Euro­landia resteranno fermi all’1% al
board della Banca centrale euro­pea di oggi, un appuntamento in cui i
banchieri centrali dovranno fare il punto sulla fragile ripresa e sulla
crisi greca che rischia di allargarsi. Gli economisti si aspet­tano che
il costo del denaro nei Paesi dell’euro resti inchiodato all’1% per il
decimo mese conse­cutivo. Ed è probabile anzi che la Banca centrale
europea conti di lasciarli a tale livello fino a fine 2010: anche la
Fed ha promesso tassi fermi ancora a lungo. I ban­chieri dell’Eurotower
discuteran­no di «exit strategy», cioè del gra­duale ritiro delle
misure senza precedenti adottate negli ultimi due anni per riattivare
il sistema del credito. Anche la Fed ha dato il segnale che anche negli
USA è ora di riassorbire l’enorme liqui­dità che ha inondato il sistema
creditizio. Ma la Banca centrale europea dovrà anche fare i conti con
un sistema bancario ancora cauto nel concedere prestiti a fa­miglie e
imprese europee. Doma­ni, dal presidente della BCE Je­an-Claude
Trichet ci si attende un nuovo appello agli istituti di credito
affinché questi diano più prestiti e rafforzino i loro bilanci. Nuove
misure vere e proprie di «exit strategy», dopo la stretta sul­le aste
di liquidità a 12 mesi de­cisa lo scorso dicembre, potreb­bero arrivare
a marzo, quando l’Eurotower metterà mano alle aste settimanali con cui
attual­mente concede liquidità illimita­ta. Ma le «colombe» della BCE,
che chiedono prudenza nell’usci­re dallo stimolo monetario, de­vono
fare i conti con i «falchi» co­me il membro tedesco del board tedesco
Axel Weber, che a Davos ha chiesto un’accelerata. Al loro arco le
«colombe» hanno ancora alcune frecce importanti. Fra queste, una
ripresa che Trichet continua a definire «accidenta­ta» e fragile. La
Germania, prima economia di Eurolandia, potreb­be essere tornata alla
crescita sta­gnante. La disoccupazione oltre il 10% in Europa pesa sui
consumi, esangui anche a dicembre. E poi c’è la crisi della Grecia, che
po­trebbe allargarsi alla Spagna, al
Portogallo o ad altri, come ha av­vertito ieri il commissario UE agli
Affari economici, Joaquín Almu­nia. Dopo il verdetto positivo (con
riserve) dell’Unione europea sul­le misure anti deficit di Atene, og­gi
a Francoforte bisognerà fare il punto anche su questo.
La Spagna è a rischio per i guru dell’economia

La
Grecia traballa ma è soprat­tutto la Spagna del premier so­cialista
José Luis Zapatero a pre­occupare i guru dell’economia mondiale. Ultimo
ieri il Nobel 2008 Paul Krugman. Nel suo blog ospitato dal New York
Times ha avvertito che il «principale pro­blema» per la tenuta
dell’euro­zona non è la Grecia, ma la Spa­gna: fino a qualche anno fa
ave­va eccedenze di bilancio, ora ha pesanti deficit, a causa del
col­lasso della sua economia. Paro­le pesanti, parallele a quelle
pro­nunciate nei giorni scorsi a Da­vos da un altro guru dell’econo­mia
mondiale, Nouriel Roubini, l’economista statunitense cele­bre per
essere stato uno dei po­chi a prevedere la crisi mondia­le: la Spagna,
aveva detto, per l’elevato deficit, per l’esplosione della
disoccupazione, è una pos­sibile minaccia per la coesione della zona
euro, più di Grecia, Portogallo o Irlanda.
Foto : Jean-Claude Trichet.

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