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I quattro Paesi più a rischio.

L’acronimo DGII gira da mesi fra gli analisti. E’ formato dalle
iniziali di Paesi venuti alla ribalta per scelte azzardate, se non
proprio velleitarie, con la mira di incentivare crescita e prestigio
nazionali. Sono stati investitori locali e internazionali, attratti
dalla prospettiva di lucrare grossi dividendi, a pagare un prezzo
salato. I sogni sono andati in frantumi in Dubai, Grecia, Irlanda e
Islanda.
Nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle il
declino del loro PIL supera di molto il tasso di flessione dell’1,1%
attribuito dal Fondo monetario internazionale all’intera scena globale.
DUBAI:
l’altro ieri il minuscolo Emirato del Golfo Persico (3.888 kmq e 2,2
milioni di abitanti contando gli ultimi arrivi) ha iscritto il proprio
nome nel Guinness Book of Records con l’inaugurazione del grattacielo
Burj: con 828 metri sorpassa di gran lunga il Taipei di Taiwan
(508metri), le malesiane Petronas Twin Towers (452m) e la Sears Tower
di Chigaco (442m).
La colossale costruzione, completata dopo un
sessennio di febbrile lavoro, ha comportato esborsi per 4,5 miliardi di
dollari e impegnato 30.000 maestranze, in gran maggioranza provenienti
da India e Pakistan. E’ il fiore all’occhiello del sessantenne sceicco
Mohammed bin Rashid al-Maktoum, che non è andato per il sottile pur di
condurlo in porto. Ma la realizzazione del Burj (Torre, in arabo) non
altera lo stato disastroso delle finanze di Dubai dove i prezzi del
mercato immobiliare sono rientrati di un buon 50% in pochi mesi e ciò
ancora prima che i dirigenti di Dubai World – il maggiore consorzio
imprenditoriale della zona – chiedessero una proroga agli impegni per
22 miliardi di dollari assunti con i creditori internazionali, con
alcune banche britanniche in prima fila. Per il gruppo di ricerca
Beltan Financial i risvolti condizioneranno a lungo le future relazioni
esterne dell’Emirato la cui solvibilità è stata salvaguardata dal
confratello Emirato Abu Dhabi (ricco di giacimenti di idrocarburi che
invece difettano al Dubai) con un prestito di 10 miliardi di dollari.
Ciò spiega come all’ultimo momento la denominazione del grattacielo dei
primati sia stata cambiata includendo il nome dell’emiro reggitore di
Abu Dhabi.
GRECIA: Con il
debito pubblico lanciato verso i 326 miliardi di euro il governo
socialista di George Papandreou, subentrato lo scorso ottobre allo
schieramento conservatore di Costas Keramanlis, ha parecchie gatte da
pelare. La disperata impresa di risanamento è resa ardua dalla
decisione delle tre agenzie leader di rating di abbassare il voto di
solidità del Paese. Il clima di instabilità è inasprito dalla
prospettiva di una lievitazione al 18% nel numero dei senza lavoro.
Avendo
sofferto l’anno scorso un rientro del -2,5% nel Pil, sara’ un successo
se entro la fine del 2010 la Grecia riuscirà a riportarsi su terreno
solido.
IRLANDA: La
qualifica di Tigre Celtica l’Eire se l’è guadagnata grazie alla
rilevante crescita economica favorita dalla disponibilità di mano
d’opera qualificata, bassi salari e incentivi fiscali particolarmente
apprezzati dalle aziende di oltre frontiera. La pronunciata
speculazione edilizia, assecondata dall’approccio superliberale delle
banche locali, e un certo smottamento negli investimenti dall’estero
sono stati deleteri all’avanzata del PIL. A parere dell’autorevole
Economist Intelligence Unit la crescita si porterà quest’anno al -2,5%
dall’eccezionale -7% del 2009.
ISLANDA:
Avendo sdegnosamente rifiutato più volte l’invito ad aderire all’UE,
costretta ad abbandonare la pesca per il declino del merluzzo,
Reykiavik puntò le migliori carte sul rafforzamento del terziario,
banche in primis. Infatti i tre principali istituti di credito
Clintnir, Landsbanki e Kaupthing vennero incoraggiati a espandersi
all’estero, a cominciare dal Regno Unito. Il credit crunch ha però non
solo inferto una bordata letale al trio (rimpiazzato nell’estate scorsa
dalle ragioni sociali di Islandsbank, New Kaupthing e New Landsbanki)
ma ha in aggiunta lasciato centinaia di migliaia di piccoli
risparmiatori (britannici inclusi) a fronteggiare perdite disastrose.
Autore: Giuseppe Scimone.

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