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La Fiat è ancora una azienda italiana ‘

Crisi mondiale dell’au­to, atto secondo e ricadute
un po’ dappertutto. A Termini si sciope­ra contro la chiusura della
fabbri­ca: gli operai chiedono al popo­lare presentatore Fiorello di
smet­tere i suoi spot per la Fiat: solida­rietà e uno scatto di
orgoglio si­culo . A Modena si sciopera con­tro il trasferimento della
produ­zione della Maserati a Torino. In Messico si brinda perché la
casa automobilistica investirà 550 mi­lioni di dollari per iniziare la
pro­duzione della Fiat 500. In Russia si brinderà perché una joint
ven­ture con la Sollers produrrà mez­zo milione di vetture all’anno:
no­ve modelli Fiat e una spesa di 2,4 miliardi di euro. Con un po’ di
iro­nia, la presidente di Confindu­stria Emma Marcegaglia, parlan­do ai
giornalisti dopo una riunio­ne del direttivo degli industriali a
Torino, ha detto: «Ringrazio Marchionne di essere presente, è arrivato
oggi dal Messico e parti­rà per la Russia». Globalizzazio­ne
e spirito peripatetico. La stra­tegia di Marchionne è molto chia­ra: si
basa sull’idea che nel mer­cato globale, una volta che india­ni e
cinesi saranno decollati, po­tranno sopravvivere solamente le case con
un fatturato annuo di 80 miliardi di euro e una produzio­ne annua di 6
milioni di auto. La Fiat ha un fatturato di 60 miliardi di euro ed una
produzione di 2,5 milioni di auto. Con la Chrysler, fatturato e
produzione potrebbe­ro crescere di un terzo: all’obiet­tivo minimo
manca ancora più del 40%. Una situazione scomo­da. Bisogna produrre di
più e ta­gliare dove fabbricare non è com­petitivo. Però alzi la mano
chi prova dolci sentimenti di gioia al­l’idea di perdere il proprio
posto di lavoro. La bufera si è concen­trata, in Italia, su Termini
Imere­se. Le autorità regionali hanno preso posizione nel senso di non
consentire sul sito alcun insedia­mento alternativo che non sia
in­dustriale. L’ha ribadito l’assesso­re
siciliano alle Attività produtti­ve Marco Venturi, commentan­do la
delibera della giunta per mettere a disposizione 350 milio­ni di euro
per la realizzazione e il miglioramento delle infrastrut­ture nell’area
di Termini. «La giunta», ha proseguito Venturi, «ha anche deciso di
vincolare l’area in cui sorge lo stabilimento Fiat all’attività
industriale e, in particolare, alla produzione au­tomobilistica.
Diciamo no a qua­lunque altra ipotesi e, in partico­lare,
all’insediamento della gran­de distribuzione commerciale.» Ci
sarebbero, secondo la Regione Sicilia, ben otto offerte per pren­dere
in mano lo stabilimento. La più quotata sembra essere quel­la di Cimino
& Associati Private Equity (Cape): un esborso di 900 milioni di
euro per costruire au­to elettriche a partire dall’anno prossimo,
quando la Fiat ferme­rà la produzione nello stabilimen­to siciliano.
Simone Cimino, pre­sidente di Cape, ha raccolto circa 50 milioni di
euro da investitori tra cui il governo regionale della Sicilia e
Natixis, una banca fran­cese. Cape sarebbe anche in trat­tative con
Reva, il costruttore di auto elettriche di Bangalore, per produrre i
suoi veicoli in Sicilia. Il manager ha detto
al Financial Ti­mes che già solo 30.000 veicoli l’anno porterebbero la
società al breakeven. Secondo Cimino il suo piano potrebbe creare 3.500
po­sti di lavoro nella produzione, nei sistemi e nella rete di stazioni
di ricarica che le auto elettriche ri­chiedono. Ovviamente,
l’impren­ditore siciliano sta chiedendo un bel po’ di soldi in
incentivi. Ma al­tri incentivi, quelli che nel 2009 hanno sorretto la
domanda di au­tomobili in tutta l’Europa e l’Ame­rica, non saranno
rinnovati. Il mi­nistro italiano dello Sviluppo Claudio Scajola ha
detto che bi­sogna rientrare nella normalità del mercato, perché
rinviare que­sta scelta fermerebbe i consumi e porterebbe a difficoltà
molto più grosse l’anno prossimo. Ed è feli­ce e contento, il ministro,
del com­mento dell’AD della Fiat, secon­do cui non rinnovare gli
incentivi è «una scelta condivisa». «Si ven­deranno 350 mila auto in
meno», prevede Marchionne, ma «nes­sun altro stabilimento italiano è in
pericolo». Oddìo, magari ci sa­rà qualche centinaio di migliaia di ore
in cassa integrazione, a spe­se dello Stato, ma tutto dovrebbe
sistemarsi. Ma sarà vero’
Paolo Brera
Foto : Marchionne

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