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La musica italiana: dalla “musica anni’70” alla “musica di consumo”

Vorrei dedicare questo articolo alla situazione della musica in Italia, dando maggior attenzione a quella cantautorale, almeno dal mio piccolo punto di vista, che credo sia condivisibile da molti altri cantautori e musicisti che abbiano anche in parte messo il naso al di fuori della propria cameretta. I tanto amati e nostalgici anni ’70 sono ormai alle nostre spalle. Pensare che la gente girava per le strade con i vinili di Fabrizio De Andrè sotto braccio mentre per i locali suonavano le proprie canzoni i vari Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Ivano Fossati, Roberto Vecchioni, sembra ormai un’immagine veramente sommersa dalla polvere. Dagli anni ’90 le cose sono cambiate. La sperimentazione dei grandi Area & Co. ha ceduto il posto alla “musica di consumo”. La gente non ha più tempo e voglia, dopo una giornata dedicata ad un lavoro alienante che gli darà il tanto per arrivare a fine mese, di stare lì a riflettere su un testo un po’ “impegnato” o ascoltare una musica un po’ meno monotona e banale. La gente ha bisogno della “spensieratezza”, sfondarsi in discoteca e non pensare, perché pensare può dar fastidio a qualcuno. Ora nei locali possiamo ascoltare quasi esclusivamente le cosiddette “Tribute band” o “cover band”(la musica originale rompe le balle),utili a far battere il piede alle persone fradice sui banconi e soprattutto a riempire i locali. In sintesi, ne consegue la cosiddetta formula: non porti gente = non suoni, ergo zero qualità e più profitto. Facendo un paragone tra la musica italiana odierna e quella degli ultimi decenni del secolo scorso, qualsiasi persona può porgersi una domanda: ma perché prima avevamo Tenco, Bindi, Endrigo e gli altri già citati e ora siamo assediati dai vari Marco Carta, Valerio Scanu & Co.? Possibile che i geni siano nati tutti in quegli anni? La risposta si divide in due: prima cosa in quel periodo le persone erano inebriate da tutt’altra corrente culturale, seconda i bravi artisti ci sono anche nel 2011, eccome se ci sono, ma purtroppo sono relegati nell’underground italiano(se quello in Italia si può definire underground),naturalmente non per voler loro, è il sistema che sta risucchiando tutto. Per quanto riguarda il discorso “cultura”, bisognerebbe anche ad esso dedicare un lungo articolo. In poche parole, potrei dire che è innegabile, per quanto riguarda l’Italia, l’iniziativa politica anti-culturale che ormai si muove da anni, e che oggi sta dando i risultati peggiori, assai tangibili. Invece, per quanto riguarda i bravi artisti del cosiddetto underground, un esempio lampante di genio della musica cantautorale italiana, poco conosciuto alla massa, è Max Manfredi. Ma perché non lo sentiamo alla radio o non lo vediamo in Tv, insomma nei principali media? La risposta è sempre una: non rientra nel target della già accennata “musica di consumo”. Troppo difficile da promuovere, quindi meglio investire sulla musica più facilmente orecchiabile e di poche pretese artistiche. Per fortuna rimangono alcuni spiragli di luce. Ci danno la possibilità di conoscere più facilmente i cantautori degli anni recenti come Vinicio Capossela, Samuele Bersani, Daniele Silvestri, Gianmaria Testa, che per fortuna ci regalano un po’ di vera arte. Negli anni ’70 farsi ascoltare era sicuramente molto più semplice e divenire popolare altrettanto. Ai tempi esisteva ancora la vera figura del “produttore”, che investiva completamente sul talento di un giovane. Ora tale figura non esiste più, abbiamo tanti imbroglioni e forse qualche persona di buon senso, se ancora esiste. Comunque non voglio dilungarmi sul discorso “produttori”, relative etichette discografiche e radio perché vorrei dedicare loro un proprio articolo. Continuando a ragionare sulla situazione della nostra musica, non posso che farvi notare che anche quella estera non ci aiuta. Oltre al solito underground, che ad esempio ci ha dato da pochi anni gli Antony and the Johnsons, ci tartassa con le varie Britney Spears, Shakira, Lady Gaga etc., grazie alla maturata globalizzazione. Un altro fattore che secondo il mio parere ha danneggiato gravemente la musica italiana è stato la nascita dei talent-show. Sappiamo benissimo che il mercato musicale è saturo e tali format televisivi hanno contribuito enormemente a gettare in esso 2-3 “artisti” all’anno. Qui il problema principale non è il numero, ma un altro: questi “artisti” meritano veramente di entrare nel mercato di massa? In altre parole, vorrei dire che la qualità di queste proposte è molto bassa, naturalmente con le dovute eccezioni. Per “qualità bassa” non intendo necessariamente il livello canoro, perché ci sono anche delle voci interessanti, ma intendo la scarsa originalità della musica che propongono. In questo modo abbiamo un’inflazione di interpreti che cantano canzoni scritte dalla solita cricca di autori, canzoni che innegabilmente si confondono l’una con l’altra, ma di questo ai discografici non importa niente, perché la gente è educata a questa musica ed è questa che vende! E a noi non servono interpreti tutti uguali, ma servono artisti che creino nuova arte e diano nuovi stimoli alla nostra musica! Detto ciò, io mi chiedo: ma perché al posto di Marco Carta non sento, nelle maggiori radio, uno dei bravissimi cantautori che gira nei locali per quattro soldi? Qui la risposta apre un discorso molto variegato, che coinvolge Major, etichette indipendenti e altri fattori che portano a tale stato di cose. Dico solo che per me il padre di tutti questi fattori è l’economia, ma è solo una mia idea, non ne voglio fare un assoluto. Alla conclusione di questo articolo, mi rendo conto che affrontare un tema così vasto, in cui è facile perdersi in digressioni quasi obbligate, è molto complicato; ma spero di aver toccato quasi tutti i punti che caratterizzano la situazione musicale italiana e del cantautorato. Inoltre vorrei precisare che mi rendo conto che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono ancora tantissime persone che continuano ad ascoltare buona musica e lottano ogni giorno per un’arte dignitosa. Poi rispetto naturalmente le persone a cui piace Marco Carta, sono soltanto incazzato perché altri tipi di musica non hanno altrettanti mezzi per raggiungere ogni persona di questo paese e non solo. G.D. Fonte: Il blog Cantautori in Italia

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