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Secondo alcuni grazie alle moderne tecnologie siamo dentro alla terza rivoluzioneindustriale, quella dove le Informazioni possiamo generarle in prima persona e farle girarepiù rapidamente, dove tutto, anche l’energia, può essere considerato “condiviso”. Alle volteascoltando questi visionari mi sento nel futuro. Quel futuro che da bambina avevo vistosolamente in tv e che oggi sembra per certi versi già superato.Al contempo però il futuro di oggi è molto diverso da quello che immaginavo da piccola. Lamaggior parte delle informazioni che girano sulla rete o sui canali, chiamiamoli cosi“democratici”-quelli dove ognuno dice la sua aspirando ad un’eguaglianza sociale e adun’autorevolezza di pensiero che non esistono ma che oggi, grazie a fan, followers o aqualche altro guazzabuglio tecnologico è più facile scimmiottare- ha l’amaro sapore delcomplotto, del buio senza speranza, dell’etica di proprietà esclusiva di pochi eletti chescrivono non per cercare di salvare il mondo marcio che sta nei loro occhi ma per farvedere che in un mondo dove i giganti non esistono, loro sono quelli che piùassomiglierebbero al Nessuno della mitologia. Gli Ulisse, quelli che fanno gli scemi per nonandare in guerra –ma che la guerra la fanno vincere-, i low profile insomma, oggi nonvanno più di moda.In un contesto in cui l’informazione sembra estremamente disponibile, in cui lasovraesposizione sembra un valore da perseguire e il concetto sessantottino dell’esserealternativo è stato riassunto e assorbito in una cultura mainstream alla Steve Jobs o aqualche movimento nostrano che manderebbe tutti a casa a fare la calza, l’impegno dei“vecchi” credo debba essere quello di riuscire a trasferire ai giovani (o almeno a loro) ilsenso critico, verso se stessi prima di tutto.Mi sono accorta di quanto il mio mondo non sia più quello della generazioneimmediatamente successiva alla mia quando, durante una chiacchierata di poco tempo fain mezzo a giovani neolaureati, ascoltavo le loro paure e la loro visione del mondolavorativo che (non) li aspetta dietro l’angolo: alla stessa età in cui io avevo la percezione diessere arrivata finalmente all’inizio di quella scala in cui i miei genitori hanno dimostrato illoro spessore e il loro valore, assumendosi la responsabilità di creare ricchezza per lasocietà civile e per “il mercato” e non vedevo l’ora di confrontare i miei muscoli giovani eforti con le asperità della vita vera e far vedere quanto valevo, ecco, a quella stessa etàquesti brillanti neolaureati hanno le paure e le disillusioni di chi ha visto già tutto, di chi siè misurato col mondo e ha fallito.Allora è questa l’altra faccia dei candidati che si presentano ai colloqui, o dei ragazzi cheinseriamo in azienda che si mostrano volenterosi e sicuri di loro stessi, quando nonsaccenti e presuntuosi grazie agli investimenti in studi e master pagati dai loro genitori? Èl’assenza di prospettiva il prezzo che devono pagare gli eredi degli yuppies degli anni ‘80?Qualche tempo fa volevo pubblicare delle riflessioni sul grande successo che stannoriscontrando alcune trasmissioni televisive di self-help e di trasferimento di competenze dibase: dal come vestirsi per ogni occasione, come educare un cane o ristrutturare casa pervenderla in tempi più brevi o come riconoscere di essere affetti da una malattia con sintomiche ci vergogniamo di comunicare anche al medico curante o migliorare il rapporto dicoppia ritornando a scuola di anatomia di base fino ad arrivare a come migliorare leperformance del genitore quando i figli ci riducono allo stremo delle forze.L’aspetto interessante di questo successo è che, pur se con strumenti diversi, in Italiacontinuiamo a perseguire l’imperativo di Cavour di fare “gli italiani”, dopo che era stata”fatta l’Italia”. Il fil rouge che lega la quasi totalità delle trasmissioni di life style è centratasull’approfondimento: cioè sul costringere lo spettatore (o meglio, il soggetto dellatrasmissione nel quale lo spettatore è portato a ritrovarsi) ad andare oltre la superficiedelle cose inchiodandolo alle proprie responsabilità: siamo noi a dover acquisire piùstrumenti, noi a dover modificare atteggiamento sia con il cane aggressivo sia con il figliomaleducato (mi perdonino la vicinanza quelli particolarmente sensibili alle differenze),siamo noi a doverci mettere in discussione e in gioco se il rapporto di coppia non funziona,noi che dobbiamo prendere coscienza della quantità di cibo che ingeriamo se abbiamo unpeso di gran lunga superiore a quello che vorremmo.. e via di seguito..Ciò però che mi ha convinto che queste riflessioni avessero un legame stretto con ilmanagement è stata la lettura dei commenti alla trasmissione che ha recentemente
debuttato su
Cielotv, il canale sky del digitale terrestre: The Apprentice. Avevo avuto mododi seguirne diverse puntate durante un soggiorno negli USA e ne ero rimasta entusiasta.Avevo pensato, e lo penso ancora, che una figura dirompente e di successo come DonaldTrump forse sarebbe stata troppo per il pubblico italiano: il dito puntato che invital’aspirante apprendista a prendere la via dell’uscio con la perentorietà dell’americano
you’re fired!
(sei licenziato) è stato trasformata in un “sei fuori” più digeribile per il popolo
Covid19: Solidarietà digitale è una iniziativa governativa che garantisce servizi…
Centric 8 PLM offre una nuova interfaccia utente, piu elegante…
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