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I Mondiali di calcio, un grande ritorno per il Sudafrica

Il portale Treccani.it ha pubblicato un
percorso di approfondimento sui Mondiali di calcio, manifestazione che
rappresenta il prodotto terminale di un lungo lavoro precedente: pubblicità,
biglietti, sponsor, indotto, diritti televisivi.

 

Il Campionato 2010 è stato
un formidabile veicolo verso i
mercati africani
, così come accadde nel 1994 per gli Stati
Uniti e nel 2002 per il Giappone e la Corea. Per la Repubblica Sudafricana
l’evento è stato indubbiamente di grande portata, non soltanto per il peso dei significati simbolici della scelta
(apartheid e vicenda di Nelson Mandela, paladino dei diritti degli oppressi).

 

Il predecessore di Blatter
alla guida della FIFA, João Havelange, colui che più di altri volle e promosse
a suo tempo tale candidatura, sottolineò il potenziale economico del Paese, il ruolo
internazionale legato all’oro e ai diamanti, il sistema delle vie di
comunicazione, la grandezza e la bellezza di molte sue città e degli impianti sportivi.

 

Pubblicità, biglietti, sponsor storici, indotto, soprattutto
diritti televisivi. Le cifre relative a Sudafrica 2010 lasciano pochi
dubbi: trenta miliardi di spettatori complessivi, 73.000 ore di trasmissione in
214 Paesi, per un incasso potenziale stimabile in circa tre miliardi di euro.
La finale di un mondiale nelle ultime edizioni ha avuto contatti da circa un
miliardo di persone, un abitante ogni sei del pianeta.

 

In questo senso si può affermare che il Campionato 2010 è un
formidabile veicolo verso i mercati africani, così come quello del 1994 (Stati
Uniti) fu per il mercato americano e quello del 2002 (Giappone/Corea) per
quello asiatico. Già da ora si può inoltre dire che il prossimo torneo, quello
che nel 2014 si svolgerà in Brasile, è stato varato nelle fondamenta e
forse qualcosa di più: già firmati numerosi contratti con sponsor nazionali e
internazionali, già garantito l’apporto di sei partner ormai legati da tempo
alla FIFA. Potentissime multinazionali, tanto per essere chiari, al punto che anche
evitando ulteriori e inutili forme di pubblicità, non è complicato pensare a
qualche famosa bevanda gassata, a qualche circuito bancario, al mercato
tecnologico (in particolare televisori, con quel nome breve e diffusissimo), e
così via.

 

Un campionato in cui le stelle si sono viste poco, a
cominciare dalle due nazionali giunte fin qui con il maggior numero di titoli
(Brasile, 5, e Italia, 4), uscite in maniera sicuramente diversa ma
complessivamente prematura; per proseguire con molti atleti assai quotati che
in questa occasione, per motivi fisici o tattici, non hanno brillato: il
portoghese Cristiano Ronaldo, l’inglese Wayne Rooney, gli argentini Lionel
Messi e Diego Milito, il brasiliano Ricardo Kakà (questo ha creato più di una
perplessità sui metodi di allenamento seguiti da molte nazionali in vista di un
prestazione sportiva svoltasi nell’inverno sudafricano e in molti casi
in altura); per finire, particolare da non trascurare soprattutto per il
futuro, con le terne arbitrali di diversi Paesi calcisticamente evoluti,
protagoniste in più di un’occasione di errori vistosi e pesantissimi.

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