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Dispositivi di protezione individuale

Tale definizione ci è fornita dall’art. 74 del decreto legislativo 81, che nel 2008 è divenuto il testo unico di riferimento in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, andando ad abrogare molte disposizioni tra le quali i d.lgs. 277/91 e 626/94.
L’articolo successivo tende subito a porre in evidenza il carattere residuale di tali dispositivi. I DPI, infatti, devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o comunque ridotti in modo significativo attraverso l’impiego di misure tecniche di prevenzione, di mezzi di protezione collettiva o di misure volte alla riorganizzazione del lavoro.
Tra gli obblighi del datore di lavoro rientra quello di valutare attentamente i rischi nei quali incorrono i propri dipendenti. Successivamente dovrà scegliere il dispositivo di protezione individuale più adeguato considerando le specifiche di quelli presenti sul mercato. Egli deve inoltre mantenere in efficienza gli stessi, assicurarne le condizioni d’igiene mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante, provvedere a che siano utilizzati soltanto per gli usi previsti. Obbligo ulteriore in capo al datore di lavoro è quello di informare e procedere ad una formazione dei dipendenti sia riguardo l’uso degli stessi sia riguardo i rischi dai quali il DPI li protegge.
In capo ai lavoratori invece vige l’obbligo di sottoporsi al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro, ove ritenuto necessario, nonché di utilizzare i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
Gli articoli in tema di antinfortunistica, in particolar modo di abbigliamento antinfortunistica devono essere adeguati ai rischi che devono prevenire, alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro e alle esigenze ergonomiche e di salute del lavoratore. Requisiti essenziali dei DPI sono ergonomia, comfort, innocuità e solidità. Specifiche norme europee indicano poi requisiti ulteriori e metodi di prova per verificarne la conformità agli standard richiesti dalle norme stesse.
Il controllo della conformità spetta al Ministero del Lavoro e della previdenza sociale e al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato attraverso i propri organi ispettivi.
IL d.lgs. 475/92 suddivide i DPI in tre categorie (I, II e III) in funzione della loro capacità di salvaguardare la persona dal rischio da cui si deve proteggere:
DPI di semplice progettazione per salvaguardare le persone da rischi fisici di lieve entità (contatto, urto con oggetti caldi non superiori a 50° C; vibrazioni e radiazioni tali da non raggiungere organi vitali e/o provocare lesioni permanenti).
Raggruppa i dispositivi che non rientrano nelle altre due categorie.
DPI destinati a salvaguardare da rischi di morte, lesioni gravi e permanenti (apparecchi di protezione respiratoria filtranti, caschi, visiere, DPI destinati ad attività che espongono a tensioni elettriche, a temperature non inferiori a 100° C e cadute dall’alto).
In caso di dispositivi della II categoria, il fabbricante deve sottoporre al c.d. Organismo Notificato, previsto dalla direttiva UE 89/686/CEE, un campione rappresentativo per la verifica. L’Organismo Notificato rilascia un attestato di certificazione CE. Il fabbricante quindi marchia CE il DPI e lo munisce di nota informativa d’uso.

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