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Come uscire dal lavoro precario

Prima di scrivere questo articolo, pubblicato sul nostro sito www.romstampa.it/uscire-dalprecariato.htm,  abbiamo fatto un giro sul web per capire se qualcuno si era azzardato a parlare di questo argomento scottante: come uscire dal lavoro precario. Non abbiamo trovato nulla. Noi siamo giornalisti on line ed il nostro lavoro è anche quello di scansionare manualmente le varie fonti del web per segnalare news di interesse pubblico su determinati temi, intervistando e citando le fonti. In questo caso non è stato possibile, per cui le soluzioni per uscire dal precariato saranno dettate dalla nostra esperienza e dalle testimonianze reperite da lavoratori nel mondo reale e non virtuale, del web. Un primo passo importante sarebbe non entrare mai nel mondo del lavoro, in modo precario, ma entrarci stabilmente e definitivamente. Non tutti i lavori sono precari, ma l’instabilità colpisce settori professionali molto, ma molto gettonati, specie nel mondo dei laureati e plurispecializzati. Nessuno deve rinunciare ai propri sogni e se davvero si vuole fare un percorso diverso da quello dei propri genitori, si deve avere il coraggio di fare scelte drastiche. Un caso esemplare è quello della Ricerca. Tanti ricercatori universitari hanno scelto di andare a vivere all’estero perchè più pagati e più valorizzati dagli enti di ricerca, considerazione che in Italia, pur avendo ricercatori e una Ricerca di ottimo livello, è difficile da ottenere.  Un giovane che pensa: io mi laureo, ma voglio lavorare vicino casa, per stare  vicino ai miei genitori, al mio ambiente, ha già lanciato le basi per un  futuro da disoccupato e da precario. Per cui le scelte da fare per il futuro devono essere fatte per tempo, ancora prima di iniziare il percorso di studi. Voglio vivere in Italia e voglio una laurea in Scienze della Comunicazione? Sì? Bene: devo sapere che avrò una gavetta interminabile e che probabilmente resterò precario/a a vita a meno di mettere il mio titolo di studio nel cassetto e fare un lavoro che non mi piace o per cui non mi sento portato. Ma anche in questo caso, spesso, si commettono errori madornali, come rifiutare a priori un lavoro che non piace. Ma prima di rifiutarlo, per inseguire le nostre ambizioni, siamo proprio sicuri che quel lavoro una volta fatto non ci sarebbe mai piaciuto? Un esempio: un 30 enne con il diploma di geometra o laurea in ingegneria civile  da sempre sogna di lavorare in un grosso studio di progettazione , ma dopo anni e anni di gavetta,  si trova ad aver collezionato solo esperienze di lavoro gratuito o stage retribuiti con rimborsi spese. Un male grave del mondo del lavoro, dove si cerca sempre più di sfruttare e non di formare, ma se la realtà ( sicuramente da cambiare), per ora, è questa, non ci si può piangere addosso a vita, bisogna fare il modo di cambiare le cose in meglio. E come? Penserete voi che leggete. Come? Partendo da quello che si ha, dalle proprie risorse. Nell’esempio citato, mettiamo il caso che il 30 enne abbia un padre  titolare di un’impresa edile già avviata, che gli ha offerto la possibilità di prendere in mano le redini dell’attività, ma il giovane dice no a priori. Troppe tasse, troppe spese, fare il muratore non gli piace proprio, lui vuole fare l’ingegnere ben pagato! Ma il diplomato o laureato in questione, se avesse detto sì, avrebbe potuto fare il muratore per un pò, restare titolare dell’azienda, assumere dei manovali e prendere le misure dei lavori da realizzare, o curare la fase della progettazione per il cliente, in qualità di geometra o ingegnere, dunque, avrebbe potuto realizzare il suo sogno, a casa propria, con le risorse messe in campo dal proprio genitore. Anzi questo ragazzo è fortunato, tanti giovani non hanno padri che possono dare loro un’occupazione. Per cui, alla base di tante esperienze di lavoro precario, ci sono anche delle scelte sbagliate, o meglio un modo sbagliato di guardare la vita e la realtà, provocato forse dalle stesse aspettative dei genitori che inculcano al figlio l’idea di doversi laureare per avere un futuro migliore, perchè " mio figlio non deve passare quello che ho passato io" ed invece, se un figlio passasse quello che ha passato il genitore, crescerebbe meglio e maturerebbe prima, acquisendo anche quel pizzico di umiltà e quello spirito di sacrificio proprio delle passate generazioni. Non è un caso, infatti, che gli immigrati, anche se plurilaureati, con conoscenza delle lingue, accettano più facilmente qualsiasi tipo di lavoro, cosiddetto "umile" e gli italiani un pò meno. Ci sono badanti laureate, assistenti agli anziani straniere di grande cultura, che lavorano per guadagnare. Questa dovrebbe essere, oggi, vista la crisi del mercato del lavoro, la mentalità tipica dei ragazzi italiani, perchè lo spirito di adattamento si coltiva fin da piccoli, imparando a stare bene in qualsiasi situazione e non solo nel lavoro che abbiamo sognato di fare o per quello che avremmo voluto diventare. Essere validi ed in gamba, non vuol dire successo e carriera a tutti i costi, questo è un modo sbagliato di vedere la vita, che ci hanno introiettato fin da piccoli. Essere se stessi è anche lavorare onestamente, sei laureato e fai tutt’altro. Bè? Dove sta il problema?  Non sei un fallito, ma una persona che ha saputo andare avanti nella vita. Questo è il vero successo e non quello proposto da modelli velleitari ed inutili che stanno rovinando il futuro a migliaia di giovani che sognano di diventare manager e professionisti di alto livello e si ritrovano nella trappola del lavoro precario a vita.  Per uscire dal lavoro precario, oggi, bisogna fare un passo indietro e riscoprire professioni dimenticate, antichi mestieri artigianali. L’altra sera in Tv, un funzionario di un ente ittico ha segnalato che i giovani italiani non vogliono più fare i pescatori. Perchè non istituire corsi di laurea in Scienze ittiche, visto l’alto valore del nostro patrimonio ittico nazionale? E poi ci lamentiamo che la maggior parte del pescato non arriva dai nostri mari! Per tornare ad altri esempi di diplomati e laureati in cerca di occupazione, ma senza genitori che possono dare una mano. Anche in questi casi si può evitare di incappare nel lavoro precario. Ci sono tante offerte di lavoro nel campo del sociale o per segretaria in studi medici, dove i contratti sono il più delle volte di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Per ottenere quel genere di lavoro, specie segretaria, bisogna proporsi fin dal giovanissimi, 20, 25 anni, perchè gli stipendi iniziali sono generalmente bassi, per salire dopo qualche anno di servizio. Per cui anche per i lavori  che non piacciono c’è da fare gavetta. A 20 anni, segretaria per pochi spiccioli, a 30 anni segretaria con uno stipendio dignitoso. E i sogni? Quello che avremmo voluto fare? A quelli non bisogna mai rinunciare. I sogni  li possiamo anche coltivare come hobby o realizzare, ma lontano, molto lontano da casa.

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