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Rischio Islanda anche per la Svizzera.

 

Nell’autunno del 2008 la Sviz­zera ha corso il
rischio di fare la fine dell’Islanda, ossia di dover­si sobbarcare
l’esposizione sui mercati di UBS che rappresenta­va circa quattro volte
il PIL elveti­co. Il problema di banche troppo grandi per fallire (too
big to fail) non può essere eluso dal nostro Paese. Per affrontarlo
potrebbe risultare anche utile la costituzio­ne di una Commissione
parla­mentare di inchiesta. Ciò è quan­to ha affermato ieri pomeriggio
a Lugano Konrad Hummler, socio accomandatario di Wegelin & Co.
Banchieri Privati e presidente del­l’Associazione dei banchieri
pri­vati svizzeri. Secondo Konrad Hummler «è neccessario che il Paese
sia messo a conoscenza che la Svizzera si è trovata a cau­sa della
crisi di UBS in una situa­zione di emergenza del tutto si­mile a quella
dell’Islanda». Co­me noto, in Islanda il fallimento delle banche del
Paese ha trasfe­rito allo Stato un’enorme quan­tità di debiti, tali da
costringerlo ad elimosinare aiuti dall’estero e dal condizionare il
futuro del Pae­se, poiché questi debiti dovran­no essere onorati.
Secondo Konrad Hummler, il problema di banche troppo gran­di per fallire è particolarmente acuto in Svizzera. E quindi sareb­be
molto grave che il nostro Pae­se non tragga le dovute lezioni da questa
crisi. Occorre quindi ave­re il coraggio di affrontare aper­tamente la
questione. A questo scopo potrebbe essere utile co­stituire una
Commissione parla­mentare d’inchiesta, anche per­ché i conti della
Confederazione e dei Cantoni sono ottimi, soprat­tutto se paragonati a
quelli di al­tri Paesi, ma su essi grava il po­tenziale rischio di una
loro esplo­sione a causa della necessità di salvare le due grandi
banche el­vetiche.
Per quanto riguarda il segreto bancario, Konrad
Hummler non ha nascosto che l’accettazione svizzera dell’articolo 26
dell’OC­SE e la consegna dei nomi di 300 clienti americani di UBS alle
au­torità statunitensi hanno incrina­to la fiducia nel segreto
bancario. Ora, secondo il socio accoman­datorio della Banca Wegelin, la
Svizzera deve cercare di allentare la pressione internazionale
of­frendo in cambio la soluzione de­finita Rubik, che consiste nella
salvaguardia del segreto banca­rio, ma nell’assunzione della mansione
di esattore fiscale da parte delle banche svizzere. Per Konrad Hummler,
l’esito di que­ste trattative è altamente incerto. Sulla situazione
economica in­ternazionale, il compito di
ridur­re l’alto livello di indebitamento si presenta difficile e ricco
di pe­ricoli. Tutti parlano dei bonus e delle alte remunerazioni del
set­tore finanziario, ma esse sono, secondo Hummler, «solo un sin­tomo,
ma non il vero problema». I problemi reali non sono inve­ce stati
ancora affrontati. Il prin­cipale è oggi quello di un siste­ma
finanziario risanato dalla mano pubblica e che funziona grazie alla
garanzia statale. Il ri­sanamento delle banche è stato infatto attuato
dalla Federal Re­serve e oggi gli istituti di credito beneficiano di un
costo del de­naro molto basso, simile a quel­lo del periodo tra il 2002
e il 2007, che ha favorito la formazione della bolla del credito che è
poi esplosa con la crisi dei mutui ipotecari subprime. Ora negli Stati
Uniti i crediti bancari al­l’economia reale, ossia alle im­prese, sono
in forte diminuzio­ne, mentre sta esplodendo il de­bito pubblico.
Altrettanto sta succedendo in Europa.
Per Konrad Hummler, la
conse­guenza è ovvia: oggi il problema non è più costituito da coloro
che hanno acceso un’ipoteca subpri­me, ma risiede nella credibilità
degli Stati di poter onorare i pro­pri debiti pubblici. La situazione è
critica, ma lo è soprattutto negli Stati Uniti. Lo spazio di manovra
dello Stato federale americano è molto limitato. Infatti il debito
pubblico statunitense ammonta a 12.300 miliardi di dollari e oggi è
finanziabile grazie a tassi di in­teresse
molto bassi dovuti alla po­litica monetaria fortemente espansiva. Un
rialzo dei tassi fa­rebbe esplodere il costo del finan­ziamento di
questa montagna di debiti. Il debito dello Stato ame­ricano, che oggi
nessuno mette in discussione, rischia in realtà di rivelarsi un’altra
catena di Sant’-Antonio. Infatti 7.800 miliardi di dollari del debito
pubblico ame­ricano è finanziato dal pubblico (e tra questo pubblico
figurano anche Paesi stranieri come Cina, Giappone, ecc.), i rimanenti
4.500 miliardi sono partite di giro tra le diverse holding parastatali.
La maggior parte sono soldi della So­cial Security (l’AVS americana)
che vengono usati senza che Wa­shington debba pagare alcunché. Altri
addirittura sono i soldi del­l’assicurazione sui depositi ban­cari ed
altri ancora.
Per Konrad Hummler, «vi sono fondati motivi per
dubitare che questi debiti verranno rimborsa­ti». La situazione dei
Paesi euro­pei non è migliore. Non sorpren­de quindi che il costo dei
Credit Default Swap (l’assicurazione contro l’insolvenza) sui titoli
sta­tali dei principali Paesi europei sia oggi superiore a quella sui
cor­porate bonds. se ciò non sorpren­de – ha aggiunto Hummler –
bi­sogna però anche sottolineare che un fenomeno del genere non si è
mai verificato in precedenza. Quanto alla Grecia, per Hummler, una sua
insolvenza non sarebbe un fatto che provocherebbe gra­vi conseguenze.
Alfonso Tuor
Foto : Konrad Hummler

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