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Anche l’allattamento al seno può avere i suoi rischi

Uno studio davvero controcorrente quello che hanno deciso di affrontare i ricercatori del Sunderland Royal Hospital britannico. Sul banco degli imputati sale – udite, udite – l’allattamento al seno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di allattare elusivamente al seno per i primi sei mesi, l’allattamento esclusivo viene promosso in ogni dove e le proprietà nutritive del latte materno, assolutamente indubbie, diventano baluardo di ogni discussione o dibattito che abbia come oggetto l’allattamento.
Negli ultimi decenni si è assistito ad un’autentica crociata in favore dell’allattamento al seno e contro quello artificiale, tanto che molte mamme che non riescono o non se la sentono di allattare finiscono col dover fare i conti non solo con la depressione post-parto, i dolori, la stanchezza, la paura del nuovo compito di mamma e mille altri sentimenti contrastanti, ma anche con un senso di colpa nuovo di zecca perché come il latte di mamma non c’è nulla e se non riesci a nutrire il tuo bambino con il tuo latte quasi quasi sei una mamma di serie B (un po’ come se non hai partorito spontaneamente).
Ora questo ricercatore britannico, Sam Richmond, in collaborazione con un team di scienziati irlandesi, sta studiando l’incidenza di un disturbo chiamato disidratazione ipernatremica, che si verifica quando la perdita di acqua è superiore a quella dei sali, un disturbo che sembra stia interessando un numero sempre maggiore di neonati.
In pratica se il piccolo non assume una quantità sufficiente di latte nei primi giorni di vita i livelli di sodio nel sangue salgono drammaticamente e se non si interviene tempestivamente possono verificarsi danni piuttosto seri, come problemi neurologici, cancrena e nei casi più gravi anche la morte. Naturalmente si tratta di una circostanza molto rara che, però, secondo i ricercatori si sta verificando un po’ più spesso negli ultimi tempi ed è ricollegabile proprio alla volontà di allattare al seno ad ogni costo.
Per indagare sulla questione gli studiosi hanno chiesto all’Unità di Sorveglianza Pediatrica britannica di compilare un rapporto ogni quattro settimane per segnalare il numero di bambini soggetti a disidratazione grave. Lo studio durerà 13 mesi al termine dei quali sarà possibile fare il punto sulla situazione e agire di conseguenza.

“La maggior parte delle persone è sempre più ferma nel sottolineare che nulla di negativo potrebbe venire dall’allattamento al seno – ha spiegato lo studioso alla BBC – ma spesso questo attaccamento quasi religioso al latte materno può provocare danni anche gravi”.
La risposta al problema non è per forza il ricorso al latte artificiale.
Forse basterebbe aumentare la rete di sostegno alle mamme nei reparti di ostetricia, oppure sarebbe sufficiente offrire un supporto a quelle che hanno difficoltà ad allattare e che troppo spesso vengono lasciate sole con frasi di circostanza che ribadiscono quanto “il latte fa bene e quanto sia importante”, senza che ricevano alcun sostegno concreto per far sì che l’allattamento al seno diventi una esperienza appagante e sana per mamma e bebè.

Tratto da http://mammanews.blogspot.com/

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