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Breve introduzione alla meditazione

Dobbiamo realizzare in noi stessi il cambiamento che vorremmo nel mondo. MAHATMA GANDHI Definire che cosa è la meditazione in un breve (spero di poterlo definire ancora tale una volta terminato di scrivere) articolo non è cosa semplice. Soprattutto per chi, come il sottoscritto, la meditazione la pratica da oltre venticinque anni e deve condensare in poche righe un percorso di vita iniziato tanto tempo fa’. Per i “teorici” della meditazione (e qui lasciatemi aprire una piccola parentesi polemica) tutto ciò risulta molto più semplice (non sapete quanti blog o siti che parlano di meditazione sono gestiti e riempiti di contenuti da persone che la pratica meditativa l’hanno annusata soltanto sui libri!) poichè non debbono fare altro che rifarsi alla tale tradizione, agli scritti del tal maestro o al manuale della tale scuola. Quello che cercherò di mettere in questo articolo sarà, al contario, soltanto esperienza reale e vissuta in prima persona: errori, difficoltà, ostacoli, afflizioni, ma anche gioie, soddisfazioni, risultati tangibili raggiunti, cercherò di condensare il tutto in modo che tu possa capire cosa evitare ma allo stesso tempo riconoscere il sentiero giusto da percorrere.
Iniziamo? Dai…..
Come ogni pratica, anche quella che si muove lungo un percorso di tipo spirituale, comporta diverse tappe. Occorre innanzitutto ricevere un insegnamento (la meditazione non si improvvisa, non basta chiudere gli occhi e stare a fantasticare per una decina di minuti per dichiararsi provetti meditatori) e poi assimilarlo. Nessuno nasce con la scienza infusa. Bisogna però evitare che l’insegnamento resti lettera morta e riflettere profondamente sul significato stesso. Ma anche fermarsi ad una semplice quanto superficiale comprensione intellettuale non risulta essere sufficiente, non si guarisce lasciando la ricetta del medico vicino al malato o imparandone il contenuto a memoria. Per fare in modo che la nostra coscienza ne esca cambiata, che ciò che abbiamo introiettato a livello mentale possa dare frutti, dobbiamo passare all’azione. E qui entra in gioco la meditazione. In questo articolo non tratterò una metodologia in particolare, non mi rifarò a scuole di pensiero specifiche, ma metterò in risalto il tratto comune che permea ognuna di queste: ossia il familiarizzare con le proprie qualità positive e la coltivazione della calma interiore. Con la pratica meditativa, adottando inizialmente sessioni brevi ma regolari, possiamo iniziare a familiarizzare con la nostra mente, ossia ciò che noi crediamo essere il nostro vero sè, il centro nevralgico di tutto il nostro essere. Inizialmente, lo noterete ben presto, la nostra mente inizierà ad essere recalcitrante, si inventerà mille scuse per non permettere a noi stessi di ritagliarci quello spazio necessario al raccoglimento, se ne verrà fuori inventandosi giustificazioni, impedimenti e quant’altro. Con il passare del tempo assumeremo una certa padronanza come se riportassimo una farfalla sul fiore della concentrazione ogni volta che vola via. Lo scopo, però, non è di fare della nostra mente uno studente virtuoso che però si annoia, ma renderla forta, salda, ma anche duttile e flessibile, possiamo meditare anche in modo non concettuale sulla natura stessa della mente e, quando il flusso dei pensieri si è calmato, contemplare la pura coscienza così com’è. La meditazione differisce dalla semplice analisi intellettuale perchè mette in moto un meccanismo, non si tratta di una semplice intuizione o di un improvviso lampo di genio, ma una nuova percezione della realtà e della natura della mente, di far sbocciare nuove qualità che entrino a far parte del corredo del nostro essere, come una seconda pelle. Ho detto in precedenza che la meditazione è azione, infatti a che cosa servirebbe se non si traducesse in un miglioramento di tutto il nostro essere ed i suoi frutti non venissero sparsi a piene mani nella nostra vita di tutti i giorni. “Saprà il mio cuore diventare un albero carico di frutti, che potrò raccogliere e dividere con gli altri?” si chiedeva Khalil Gibran. Una volta sbocciati i fiori della pazienza, della forza interiore, della serenità, dell’amore e della compassione, ne offriremo i frutti a chi ci circonda (e questo a testimonianza del fatto che un cammino spirituale non deve essere intrappreso unicamente per vantaggi e tornaconti propri, ma, una volta che quest’ultimo ci avrà condotto in territori ricchi delle qualità appena menzionate, nostro compito sarà quello di condividere con gli altri i risultati raggiunti e metterli in guardia da eventuali ostacoli posti sul cammino). Se fino ad oggi non avevi mai sentito parlare di meditazione o ne avevi una conoscienza molto sommaria, questo articolo spero ti abbia chiarito le idee e fatto nascere una sorta di curiosità o buona predisposizione alla pratica meditativa. Mi piacerebbe se volessi condividere con me le tue riflessioni, non essere timido/a e scrivimi, mi farà davvero piacere.

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