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Perché chi ha subito maltrattamenti da piccolo seguita a maltrattarsi?

Tante persone hanno subito maltrattamenti di natura psicologica; troppe, poi, disgraziatamente hanno subito anche maltrattamenti di natura fisica ovvero sessuale. Si è comunemente portati a ritenere che chi ha provato su di sè queste bruttissime esperienze voglia evitare tassativamente di fare del male a sé stesso. Nella realtà, accade giusto l’opposto. Il fanciullo che ha subito maltrattamenti assume la tendenza a trasformarsi in un adulto violento, e questo è un chiaro esempio di quanto influsso possa avere l’educazione che si è avuta in passato. Vi è stato trasmesso a non avere considerazione di voi stessi e non porgere attenzione ai vostri bisogni. Avete fatta propria la lezione: vi adeguate a quel canovaccio che è stato progettato per voi. Questo canovaccio dispone che non siete degni di ricevere un buon trattamento, che siete “cattivi”, che è corretto che siate castigati. Quelle iniziali violenze vi privano della vostra correttezza insita e della sensazione della vostra innata dolcezza; vi dicono che possedete un lato incerto, spaventoso, di cui dovete aver paura. Le violenze insegnano a non aver fiducia di voi stessi, che non siete degni di intimità, sicurezza e affetto. Essi sopprimono lo spirito e arginano l’abilità di caricarsi dei rischi. Imparate a strangolare ciò che sentite e a manipolare gli altri per pervenire alla soddisfazione delle vostre necessità. Le violenze sono un’insegnante malvagio, creano una condizione che vede tutti perdenti, la quale a sua volta scatena un circolo vizioso e pericoloso. Malgrado ciò, si può rifuggire da quegli insegnamenti e il canovaccio lacerato; la condizione che vi riguarda non deve per forza essere un vicolo cieco. Per rompere questa spirale di brutalità è ineluttabile cominciare a considerare che il canovaccio non lo avete scritto voi e che non dovete adeguarvi a esso per forza. Non è vostra la colpa dell’educazione che avete ricevuto da piccoli, né è un’ingiustizia a voi addebitabile il fatto di aver subito violenze. Questa ferocia non la meritavate. Non avevate alcuna supervisione. Siete interamente innocenti. Pure nel caso in cui foste stati dei fanciulli difficili, non dovevate incassare maltrattamenti: nessuno li merita. L’interrogativo su chi avesse sbagliato non ha nemmeno motivo di essere posto: ha avuto un contegno scorretto e sgradito chi vi ha usato violenza. Nettamente. Dovete accogliere l’idea che siete stati delle vittime e che non avete di cui vergognarvi o da coprire. Non dovete perdonarvi per una cosa che non era sotto il vostro comando. Prendete le giuste distanze dal senso di colpa: questa colpa non è a voi imputabile. Ripetete a voi stessi tante volte: “la colpa non è stata mia!” fino a quando non lo crederete con pertinacia. Questo è il primo passo, un passo determinante. Il secondo passo per scostarsi dal canovaccio è quello di ammettere che siete buoni. A prescindere da ciò che avete fatto o che è stato perpetrato ai vostri danni, siete buoni. Questa bontà e insita in voi, con voi è venuta al mondo e con voi lo lascerà, a condizione che non continuiate a negarla e a respingerla. Ripetete a voi stessi: “io sono buono!” fino a che non sarete profondamente convinti. Quando avrete sicuramente fatto vostro questo parere, ve ne renderete conto di propria volontà. Acquisirete coscienza di questa vostra mitezza, e tale coscienza è molto importante. Fatti questi primi importanti passi, sarete pronti a risanare voi stessi dalla violenza. Questo procedura di miglioramento di solito ha inizio con un sentimento di rabbia contro l’autore dei maltrattamenti. Questa indignazione è utile e non va schivata. Dovete essere infuriati: guardate ciò che vi è stato strappato! Per dominare questa indignazione in modo produttivo, forse avrete bisogno dell’aiuto di un esperto. Dovete rivolgerla all’esterno, al di fuori di voi, ma non palesemente contro il colpevole. Non dovete cambiarla in un contegno furioso, se non volete ricadere in un circolo vizioso. Dopo la stizza, arriva il perdono, vi rendete conto che chi vi sottoposto a maltrattamenti da piccolo si adeguava pure lui a un canovaccio disdicevole. Con il perdono, arriva il disinteresse. Il passo finale si estrinseca nel liberarsi dal canovaccio. Siete voi i protagonisti della vostra esistenza. Lo siete pure dei vostri modi di agire. Se continuate ad affliggere voi stessi e gli altri, a questo punto sarà colpa vostra poiché avete la giusta contezza di poter disporre diversamente. Fino a questo momento potreste essere stati coinvolti in un progetto non predisposto da voi. Ora tutto è differente e siete liberi di compiere le vostre scelte. Non c’è mai una buona ragione per fare violenza a se stessi. Non c’è mai la necessità di punirsi oppure di accettare comportamenti votati alla rovina. Potete amarvi, accettare il vostro lato ambiguo, perdonarvi per i vostri errori, prendere le distanze dal passato di sofferenze e proseguire a vivere la vita al meglio delle vostre abilità. Se decidete di procedere sulla strada dell’odio verso voi stessi e di attuare modi di agire distruttivi, prendete atto che ora si tratta di una vostra volontà e non si tratta sicuramente dell’effetto di un’educazione errata. Il giovinetto che è in voi è il vostro capro espiatorio, ora. Questo piccolo merita di essere amato, di essere trattato bene, di essere preservato e di stare al sicuro. Soltanto voi potete correggere ciò che il passato vi ha destinato. Quale desiderio migliore ci può essere nella vita?

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