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Bigiotteria, bellezza, costrizione e falsi miti. Le donne “Giraffa”.

(Il testo originale di qursto articolo è disponibile all’indirizzo: http://www.madlyitalia.it/shop/?p=1823) Bigiotteria, bellezza, costrizione e falsi miti. Le donne “Giraffa”.

Un girocollo di sicuro effetto, quello portato dalle donne Kayan.

Dico volutamente “portato”, e non “indossato”, perché non si tratta di un accessorio che si può cambiare ogni giorno con troppa disinvoltura.

I Kayan vivono sulle montagne di confine tra la ex Birmania (ora Myanmar) e la Tailandia, e sono conosciuti anche con il nome di Padaung. Hanno origini tibetane e tailandesi.

E’ una popolazione ristretta, circa 40.000 persone, e le donne ancora oggi usano delle spirali di ottone avvolte al collo, che conferiscono loro il classico aspetto dal collo allungato, per il quale vengono definite le “donne giraffa”.

In realtà, non è vero che il loro collo sia più lungo del normale, si tratta invece di un effetto ottico, causato dal fatto che le loro clavicole e le loro costole, sotto il peso di questi “bijoux” (che possono arrivare a pesare fino a 5 Kg), inevitabilmente si abbassano di 45° rispetto alla posizione normale.

Viene portato come simbolo di bellezza, ed anche per identificare la loro identità tribale.
Ci sono molte teorie e leggende al loro proposito, perlopiù prive di fondamento:

· Alcuni affermano che sia un modo per identificarsi ed evitare che le donne Kayan possano sposare membri di etnie diverse.

· Altri pensano che voglia essere una protezione contro i morsi di tigre.

· Che voglia rappresentare il collo del drago.

· Che abbia reso l’aspetto delle donne meno interessante per i mercanti di schiavi….

Si tratta di ipotesi prive di riscontri oggettivi, come la convinzione possano essere strumenti di punizione, e che sia impossibile rimuoverli, in quanto i muscoli atrofizzati del collo non sopporterebbero più il peso del capo, arrivando fino a causare la morte delle poverette.
In realtà è possibile la loro rimozione anche dopo molti anni, ovviamente non senza qualche controindicazione per l’ambulazione e la postura, almeno all’inizio.
Ma non sembra siano molte le donne Kayan che scelgono di togliere il girocollo, forse anche a causa della pelle del collo, che risulta piena di cicatrici e segni, e inesteticamente depigmentata.
Oltre ai girocolli, le donne Kayan portano spirali di ottone anche sotto le ginocchia ed ai polsi, che non attraggono molto la curiosità degli stranieri, che concentrano la loro attenzione sul collo.

In Sudafrica vive il popolo dei Ndebele, che usa girocolli similari a quelli Kayan.
Esistono differenze sostanziali con i Kayan:
1) Il girocollo non è un pezzo unico, si tratta di una serie di cerchi che vengono progressivamente aggiunti, uno ad uno.
2) La collana non preme sulla cassa toracica nello stesso modo di quella Kayan, per cui l’effetto “giraffa” è molto più contenuto.
Le motivazioni culturali del girocollo Ndebele non sono molto “tranquille”, infatti nascono da una loro usanza, per la quale l’uomo (almeno nei tempi antichi, ma sappiamo che certe usanze sono dure a morire) rapiva la donna, e la portava, quasi sempre senza il suo consenso, presso la propria abitazione, dove la reclamava come moglie.
Quando l’uomo presentava la nuova moglie alla famiglia, veniva sgozzata una capra per presentare agli antenati il nuovo membro. La pelle dell’animale veniva poi usata per fare una “Isitimba” per la donna, si tratta di una specie di gonna in pelle.
Ovviamente molte donne non apprezzavano il fatto di essere state rapite e fatte forzatamente sposare, per cui, per evitare la loro fuga, la suocera provvedeva a mettere gli “Itzila”, anelli metallici, attorno alle gambe. In questo modo erano rallentati i movimenti, essendo difficoltoso correre. Inoltre venivano messi gli anelli anche attorno al collo, limitandone ulteriormente i movimenti.
Oggi il fascino di questi girocolli è ancora intatto, tanto che (sebbene abbiano origine da popoli che vivono in povertà, e siano anche simbolo di costrizione, violenza e mancato rispetto per le donne), vengono usati per rappresentare beni voluttuari di lusso, come nel caso di un noto brand di profumi:

Ma come sappiamo, i criteri del marketing non tengono conto della realtà e della storia ….

Autore: Flavio Battocchio 03/04/2013

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