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Popoli indigeni e diritti umani -di Raffaella Milandri

La storia dei popoli indigeni si ripete, ancora ed ancora. Sempre si ripete, laddove c’è un popolo indigeno, pacifico, che vive a contatto con la natura, felice dei prodotti della terra e e di uno stile di vita tradizionale senza ambire ad avere un McDonald’s dietro l’angolo, un SUV parcheggiato sul retro di casa e un iPad dalle mille funzioni. Gente semplice, fiera, come potevano essere i nostri antenati. Eppure, proprio per questa semplicità, invece di essere salvaguardati in quanto unici, sono oggetto di discriminazioni razziali e, spesso, di persecuzioni feroci; in particolare quando, nelle loro terre spesso autentici paradisi terrestri-incontaminati, senza inquinamento, spesso anche senza quei fili elettrici e telefonici che ovunque scorrono come cicatrici ed elementi alieni- viene trovato un giacimento minerario-oro, diamanti, bauxite, carbone- o una risorsa da sfruttare-petrolio, foreste. Poco importa a governi e multinazionali di questi popoli, queste famiglie, queste culture antiche che sono patrimonio dell’Umanità: lo abbiamo visto nei secoli-indiani d’America, aborigeni australiani- e lo vediamo oggi- boscimani, pigmei, adivasi, indios e tante etnie con l’unica colpa di vivere oggi come centinaia, migliaia di anni fa. Un problema gravoso che riguarda molti popoli indigeni, inoltre, è proprio la comunicazione: in molti casi intere etnie parlano solo la loro lingua specifica, e solo pochissimi sanno comunicare attraverso la lingua inglese e internet. Per chi vuole manipolare, fuorviare, inviare una sbagliata informazione su queste etnie e cosa succede loro, è un facile terreno imbrogliare le carte. E queste etnie sono a rischio di estinzione: una volta fagocitati dal nostro “Progresso”, una volta allontanati dalle loro tradizioni e dalle loro terre ancestrali, cadono vittima di alcolismo, depressione, AIDS, ad una velocità terribile ed impressionante di adeguamento alla nostra “civiltà”. “Sto investigando su alcune situazioni, tra cui i Boscimani del Kalahari- da vicino, in alcuni casi mi assoggetto ai rischi che corre il testimone oculare di un crimine” dice Raffaella Milandri. “E’ un vaso di Pandora orribile e devastante. Popoli che andrebbero subito protetti soggiacciono a raggiri, ricatti, ingiustizie e crudeltà inimmaginabili. Oggetto di razzismo nei loro stessi Paesi. ” La storia-e il cinema-ci hanno fatto conoscere la storia degli indiani d’America, messi nelle riserve dopo un genocidio spietato, oggi tuttora soggetti a leggi diverse. Il 29 luglio scorso il Presidente Obama ha firmato il Tribal Law e Order Act: una legge che permette finalmente alla polizia tribale di avere maggiori poteri e una preparazione adeguata a portare giustizia nelle riserve. http://www.youreporter.it/video_STOP_AI_CRIMINI_NELLE_RISERVE_INDIANE_1 Le statistiche dicono infatti che nelle riserve indiane degli Stati Uniti, ad oggi, il tasso di criminalità è dalle 2 alle 20 volte superiore che nel resto del Paese; un dato, ci si augura, destinato a cambiare. In Orissa, India, coesistono ben 63 etnie di popoli indigeni diverse, di cui alcune primitive. “Le tribù Bonda e Dongria Khond, ad esempio, vivono tuttora su remote aree montane, scendono a valle molto raramente. I loro costumi, le loro usanze si presentano incredibilmente intatti dopo migliaia di anni. L’impatto devastante con il “progresso” in questi casi va mediato e centellinato, le loro preziose culture vanno preservate così come i loro linguaggi peculiari.” L’Orissa è un territorio caratterizzato proprio da questa massiccia presenza di popoli indigeni; ma da pochi anni sono state messe a sfruttamento anche le numerose miniere di bauxite presenti. Non solo quindi le miniere minacciano -ed in alcuni casi hanno già devastato-le terre ancestrali di questi popoli, ma le multinazionali-Vedanta e Posco- oltre all’estrazione compiono in loco anche la lavorazione della bauxite, che causa un pesante inquinamento dell’aria e delle falde acquifere. E’ il caso di Niyamgiri. Attorno a Niyamgiri Hill, una collina sacra a tutti gli abitanti della zona, sorgono oltre 300 villaggi di tribù di Dongria Khond , Kutia, Kondh e altri popoli indigeni. Oltre a casi di espropriazione illecita dei terreni, nei villaggi in pochi anni l’ambiente divenuto malsano ha generato molti casi di tumori della pelle, malattie polmonari, e malaria, con decessi e molte persone ammalate. C’è stata una moria di bestiame, le coltivazioni sono rovinate. Fieri e combattivi, gli abitanti di Niyamgiri non demordono e lottano strenuamente per difendere la loro terra, la loro vita. “Ho avuto modo di raccogliere molte testimonianze dalla gente semplice dei villaggi, che con un incredibile sorriso amaro mi ha raccontato di arresti, torture, soprusi, ricatti. In alcuni casi sospetti omicidi. Una forma più raffinata e sottile forse, ma molto simile a quella che ha portato gli indiani d’America ad essere quasi decimati.” dice la Milandri. “Mi hanno raccontato di come emissari di questa multinazionale, la Vedanta, vadano nei villaggi, offrendo alcolici, promettendo lavoro e nuove terre alla gente. Promesse mai mantenute. ” Attorno allo stabilimento, che occupa 62 kmq ed è in espansione, un muro di cinta che ha tagliato villaggi, distrutto case, e fatto sì che i bambini di alcuni villaggi ora debbano compiere, per andare a scuola, 8 km a piedi ogni mattina anzichè 1 km. Ironicamente, sui muri dello stabilimento, immagini che inneggiano ad un futuro migliore per tutti. “Ho realizzato alcuni filmati di denuncia, con interviste ed appelli anche a Sonia Gandhi, di origini italiane. Questa gente semplice ma fiera merita un aiuto. Il Governo indiano, che dà potere ai singoli Stati del Paese, non riesce a monitorare la situazione in mano ai politici locali.” All’inizio di luglio 2010 il tempio sulla collina sacra è stato distrutto proprio per indebolire quella fede indomita dei popoli indigeni locali. Un lume di speranza? Staremo a vedere. Il Governo Indiano, dopo aver visionato il Saxena Report, ha bloccato la Vedanta che però ancora scalpita e chiede nuovi terreni. Come dice Kumti Majhi, a capo di una associazione di oltre 10.000 abitanti di Niyamgiri “Solo la diffusione della informazione ci può salvare”

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