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Lavorazione plastiche e possibilità di riciclo

In Italia le uniche plastiche ad essere riciclate sono quelle degli
imballaggi,solo i loro produttori, infatti, pagano per la raccolta
differenziata. Così il resto va al rogo.

Innanzitutto, plastica è un termine generico che raccoglie materiali diversi, a seconda della lavorazione e dello stampaggio plastica.
Quelle che vengono riciclate sono solo plastiche da imballaggio
(bottiglie, flaconi, sacchetti della spesa…). Tutto il resto, come i
giocattoli per esempio, non viene preso in considerazione.
Semplicemente per motivi economici: nessuno paga per raccoglierlo. I
produttori di imballaggi, infatti, versano una quota per ogni
tonnellata di materiale immesso sul mercato. Con questi soldi il
CoRePla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il
recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica) compra ai Comuni la
plastica della raccolta differenziata. Visto che il prezzo cresce con
l’aumentare della quantità e della qualità della plastica, i soldi non
basterebbero per pagare tutto.

Alcune plastiche, a seconda della lavorazione cui sono sottoposte e dei produttori materie plastiche,
sono raccolte solo per il loro valore calorifero e destinate al
termovalorizzatore, perché riciclarle non è economicamente vantaggioso.
Si riciclano invece i polimeri utilizzati negli imballaggi e cioè il
Pet (la plastica trasparente delle bottiglie e dei contenitori
alimentari), il polietilene ad alta densità (Hdpe, quello dei flaconi)
e a bassa densità (Ldpe, shopper e film di imballaggio della carta
igienica o dello scottex), il polipropilene. L’importante è che ciò che
si introduce sia pulito, cioè che non sia rimasto cibo o altro residuo
organico al suo interno.

Vediamo però qualche numero. Nel 2008
sono stati immesse sul mercato circa 2.205.000 tonnellate di
imballaggi. 673.000 sono state avviate al riciclo, mentre altre 554.000
sono state inviate al termovalorizzatore. Del recupero, circa 370.000
tonnellate sono imballaggi industriali, il resto invece arriva dai
rifiuti urbani.

Ecco cosa accade. I comuni fanno la raccolta –
ognuno a modo suo – e la plastica viene spedita a uno dei 39 impianti
di selezione che lavorano per CoRePla. Prima di essere avviate al
riciclo infatti, le plastiche devono essere sia separate da sostanze
contaminanti (metallo o carta) sia divise a seconda della composizione
chimica e delle caratteristiche. Ogni materiale ha un processo di
lavorazione diverso. L’80 per cento del lavoro di selezione è
automatizzato. Una volta selezionato, il materiale viene venduto dal
consorzio agli impianti di riciclo a livello europeo attraverso aste
telematiche.

Le applicazioni dei materiali riciclati sono
innumerevoli: il Pet diventa maglioni, imbottitura o moquette; il
polietilene, invece, viene impiegato per realizzare tappi, sacchi della
spazzatura o manufatti per l’industria edile.
L’impiego di materie plastiche
riciclate comporta un notevole risparmio economico, energetico e di
emissioni. Basti pensare che per la produzione di un chilogrammo di
plastica vergine servono due chilogrammi di petrolio. Rispetto alla
produzione di materia prima vergine, rigenerare il Pet consente un
taglio dei consumi energetici fino al 90 per cento, e delle emissioni
di gas serra fino al 95 per cento.

Aspettando tecnologie che ci
permettano di aumentare l’efficienza del sistema, si può agire per
migliorare la qualità e la quantità della raccolta. Secondo CoRePla, il
metodo porta a porta è il migliore, ma solo se condotto correttamente,
per esempio prevedendo turni di raccolta frequenti.

Attualmente
la raccolta differenziata è stata attivata in quasi 7.300 comuni e
raggiunge più del 90 per cento della popolazione. La quantità di
materiale raccolto varia però significativamente a seconda dell’area
geografica: la raccolta procapite al Nord è pari a 13,2 chili, al
Centro (Abruzzo Toscana, Lazio, e Molise) di 6,5 e al Sud 4,9.

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