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Il paesaggista una figura da inventare?

L’uomo ha esercitato sull’ambiente una serie di modificazion che esaminate in un lasso di tempo lungo risultano nella stragrande maggioranza dei casi peggiorativi degli equilibri biologici e naturali. Infatti, nel corso dei millenni., l’uomo è passato dalla raccolta dei frutti spontanei  e dalla caccia ad attività come l’allevamento e via via ad altre più complesse come l’agricoltura intensiva, lo sfruttamento di cave e miniere, la regimazione delle acqueper usi domestici e irrigui e tante altre opere che hanno comportato, di fatto, una alterazione del patrimonio naturale e modificato profondamente il paesaggio. Il livello di antropizzazione, in Italia, è molto complesso ed è in una fase di transizione tra vecchie realtà agricole, ove il lavoro è parte rilevante, come nelle zone montane, ed altre in cui la meccanizzazione ha livelli che alcuni decenni fa erano inimaginabili. Queste realtà necessitano di essere opportunamente coordinate in modo che abbiano sull’ambiente un impatto conciliabile con la sopravvivenza dell’umanità nel futuro e che lo stesso sia vivibile e non prsenti certi scempi che in passato sono stati facilmente tollerati e mai , quantomeno, additati. Cementificazione forsennata di spiagge e fiumi, eccessiva pavimentazione in zone montane, piani regolatori che non hanno mai tenuto conto della vocazione delle caratteristiche pedologiche dei terreni. Perchè costruire case  su terreni molto fertiliove l’agricoltura può svcilupparsi senza condizionamenti e invece sovvenzionare danni da alluvioni e da altre calamità in altre aree in cui era forse meglioincentivare l’allevamento o il rimboschimento o l’industria? Quello che manca in Italia è la figura del paesaggista che con interventi ad ampio respiro, con pianificazione e programmazione territoriale mette ordine al dissesto ambientale. Gli interventi anche se limitati in aree di modesta estensione, come la sistemazione di rive di fiumi o scarpate, il recupero di cave e aree dismesse, devono garantire il  miglioramento e il mantenimento degli equilibri ambientali e allo stesso tempo consentire la coesistenza con le svariate attività umane in modo che non vi sia sperpero di risorse primarie.Risorse primarie proprio come acqua, aria mari, fiumi e quindi paesaggio motivo di attrazione turistica per molti decenni. Purtroppo, alla figura di paesaggista , in Italia non si trova riscontro in nessun corso di laurea e tra l’altro è difficile inedividuarne una assomiglianza con quelle esistenti. Questo tecnico dovrebbe avere conoscenze simili ad un ingegnere con l’aggiunta di competenze in campo agrario e forestale e niente esclude il contrario cioè un laureato in Sienze Agrarie con dimestichezza di ingegneria. Se, poi, l’architetto ha un corredo di capacità in tecniche agronomiche, selvicoltura e arboricoltura il risultato finale non cambia e in questo agronomi, laureati in Scienze Biologiche e quant’altro possono presentarsi per il ruolo. Per il momento il paesaggista lo importiamo dall’estero e pensare che  siamo gli inventori del giardino scenografico.

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