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Dal buon appetito all’obesità…tutti i consigli per scongiurare il pericolo sovrappeso

Avere un buon appetito è da sempre considerato un segno di salute. Ma cosa vuol dire avere buon appetito?

Dal buon appetito all’obesità… ne corre Significa arrivare all’ora del pasto con lo stomaco sgombro e la bocca che si riempie di saliva alla vista di un piatto di buon profumo e di bell’aspetto.

Significa anche avere la capacità di discernere se questo appetito deriva dall’avere lo stomaco vuoto e pronto a ricevere il cibo o se esso dipende da una inquietudine emozionale o mentale che porta a ricercare il cibo per colmare un vuoto che è di natura diversa dal bisogno fisiologico di nutrimento.

Il primo è un appetito buono, il secondo un appetito distorto.

Il primo va assecondato, il secondo non va represso – perché crescerebbe ancora più grande – ma osservato con attenzione per comprenderne le origini e trovare un modo più appropriato per risolverlo.

Se l’appetito è buono naturalmente si placa quando la fame è sazia. In questo modo la quantità di cibo ingerita è appropriata a soddisfare i bisogni nutrizionali del nostro corpo.

Se il cibo ingerito è appropriato non solo per quantità ma anche per qualità, l’organismo riceverà tutto quanto serve per rimanere in salute. Il metabolismo rimarrà equilibrato e non si creeranno accumuli di grasso capaci di dar luogo a un sovrappeso, che potrà nel tempo sfociare nell’obesità franca. Una alterazione del metabolismo potrà portare anche ad accumulo di colesterolo, acidi urici, acidi grassi, tutti potenzialmente nocivi per la salute.

La mania delle diete, che fiorisce ciclicamente almeno due volte all’anno – in primavera e autunno, ossia prima e dopo le vacanze estive – è non solo poco utile per dimagrire ma può addirittura essere causa di un ulteriore accumulo di peso non appena si ritorna all’alimentazione abituale. Meglio che essere ossessionati dalle diete dimagranti periodiche sarebbe dedicare un poco del proprio tempo a conoscere i fondamenti di una alimentazione corretta e pensare alla dieta nei termini di un insieme di principi orientativi sul modo di nutrirsi al fine di conservare la salute e prevenire le malattie. Una dietetica applicata in modo continuativo, varia e razionale; non periodica, né ossessivamente orientata al raggiungimento del peso forma.

Mangiamo per vivere, non viviamo per mangiare

Per quanto ovvio possa apparire si dimentica spesso che “mangiamo per vivere”: gli alimenti, se appropriati per qualità e quantità, forniscono energia per ricostruire le parti del corpo che quotidianamente si deteriorano, per la termoregolazione e per attuare ogni tipo di trasformazione necessaria alla conservazione della vita. La fame e la soddisfazione del gusto è ciò che la natura ha inventato perché questo bisogno fondamentale dell’organismo possa essere anche un piacere.

Ma molte persone amano il mangiare sopra ogni cosa, e non nel senso di apprezzare la qualità del cibo quotidiano, ma piuttosto dell’abbandonarsi ad un consumo eccessivo, sia quantitativo che qualitativo di alimenti. E’ immediatamente chiaro che una quantità smodata di cibo non può che creare ristagno nello stomaco e alterazioni progressivamente più gravi delle capacità digestive e delle attività metaboliche dell’organismo. Non sono altrettanto evidenti le modalità con cui la qualità dell’alimento può influenzare il nostro benessere.

Per dirla in termini occidentali è diverso l’apporto nutrizionale ed energetico di un piatto di pastasciutta o di lenticchie rispetto a quello di una insalata fresca, di una bistecca, di un pezzo di formaggio, di un bel pesce. Ognuno di questi alimenti fornirà non solo un diverso apporto calorico ma, soprattutto, diversa è la quantità di proteine, carboidrati, grassi, vitamine, sali minerali.

A seconda della nostra età, della stagione in corso, del tipo di costituzione che ci caratterizza, del tipo di lavoro che svolgiamo dovremmo essere capaci di pianificare, magari con l’aiuto di un nutrizionista, una alimentazione appropriata e capace di soddisfare non solo il palato ma i bisogni dell’organismo nel suo insieme.

È ben evidente che è sbagliato mangiare ogni giorno una “insalatona” o un panino a pranzo, per cinque giorni alla settimana. E magari carne e/o formaggio a cena, ripetutamente giorno dopo giorno.

Altre abitudini da bandire sono quelle di chi beve un caffè, o poco più, al mattino e digiuna fino a sera, quando finalmente soddisfa ogni tipo di fame con antipasto, primo, secondo, ed eventualmente il dessert. O di chi non ha mai fame ma mangiucchia tutto il giorno per noia o per abitudine. O ancora di chi alternativamente mangia pochissimo, ai limiti del digiuno,o moltissimo per saziare una fame che fame non è…

Le abitudini alimentari possono essere fonte di salute o di malattia, fanno parte delle abitudini igieniche di ognuno e sono soggette ai condizionamenti più svariati, familiari, sociali, alle mode. Riprenderle in esame criticamente di tanto in tanto può essere fonte di interessanti comprensioni.

L’obesità diviene ogni giorno di più una preoccupante epidemia in molti paesi del mondo occidentale. Negli Stati Uniti, anche in questo campo in prima fila, il 31 per cento della popolazione adulta (vale a dire circa 65 milioni!) sono obesi.

Anche la Cina ha denunciato recentemente, a seguito del repentino cambiamento di stile di vita , che interessa soprattutto i lavoratori delle grandi città, un crescente aumento dell’obesità.

Quanto all’Italia, il Ministero della Salute afferma che “Il riscontro statistico non lascia dubbi: sovrappeso e obesità in età evolutiva non sono certo un fenomeno raro, considerando che nel nostro Paese nel 1999-2000 la percentuale di bambini ed adolescenti (per un campione di età compresa tra i 6 ed i 17 anni) in sovrappeso raggiunge circa il 20%, mentre è pari al 4% la quota degli obesi. Il problema interessa soprattutto la fascia di età 6-13 anni, e “predilige” i maschi rispetto alle coetanee”.

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