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UN MILIONE AL GIORNO… IN LIGURIA

«Sono stati anni duri, quelli della scuola di specializzazione in Medicina: non venivo pagata e per mantenermi ero costretta a lavorare quando gli altri andavano in ferie, a fare guardie mediche nel fine settimana e guardie pediatriche la notte. Non c’era un momento libero, non c’era vita». La dottoressa Anna Timitilli, specializzata in Pediatria e Malattie Infettive e attualmente in servizio all’Asl 3 genovese, ricostruisce con queste parole la dura vita del medico specializzando italiano, che tra il 1982 e il 2006 ha lavorato gratis quando i suoi colleghi europei portavano a casa una congrua borsa di studio.

Quella della dottoressa Timitilli è solo una delle tante storie raccolte da Consulcesi nel corso del suo “Giro d’Italia” dei rimborsi ai medici ex specializzandi, che fa oggi tappa in Liguria e porta agli operatori sanitari locali rimborsi per oltre 1 milione di euro. A beneficiarne, decine di camici bianchi provenienti dalle province di Genova, Imperia, La Spezia e Savona, che avevano fatto ricorso per ottenere il rimborso per gli anni di specializzazione non pagati. Per loro assegni, bonifici e vaglia per una media di oltre 50mila euro ciascuno, completamente esentasse. Consulcesi ha consegnato, ad oggi, oltre 7 milioni in altrettante Regioni d’Italia, e ne consegnerà nei prossimi giorni altri 13 nelle restanti, per un totale di 21 milioni in 21 giorni.

La Liguria è tra le Regioni più premiate dai Tribunali italiani che continuano ad emettere sentenze favorevoli ai camici bianchi e di condanna nei confronti della Presidenza del Consiglio per le borse di studio non pagate. E la gioia di chi ottiene finalmente giustizia è tanta, come conferma anche la testimonianza della dottoressa Timitilli, una dei tanti professionisti sanitari che hanno lottato e vinto con Consulcesi e proprio ora vedono riconoscere i loro diritti negati durante la scuola post-laurea.

«Sia io che i miei colleghi – spiega ancora la dottoressa genovese – eravamo a conoscenza del fatto che avevamo diritto ad una borsa di studio, così come avveniva negli altri Paesi europei. Purtroppo, però, non ci veniva data una lira, e noi eravamo costretti a tirare avanti come potevamo».

La dottoressa Timitilli non è stata la sola, infatti, a subire questa ingiustizia in un arco di tempo così ampio. Al suo fianco ci sono oltre 160mila colleghi nelle stesse condizioni. Un totale destinato ad aumentare di molto a causa di una recente sentenza della Cassazione (la 1734/2015 del 2 settembre) che ha ampliato il bacino di ex specializzandi che avevano diritto alla borsa di studio, includendo anche chi ha iniziato una scuola post-laurea in medicina dal 1978 in poi. Anche loro hanno dunque diritto di fare ricorso per ottenere il rimborso delle somme non ricevute.

Ricorso che, al termine degli studi, sia la dottoressa Timitilli che alcuni suoi colleghi hanno deciso di intraprendere attraverso un sindacato: «Purtroppo la nostra esperienza con il sindacato – spiega la dottoressa – non è stata positiva: non solo ci hanno detto che non avevamo diritto ad alcun rimborso, ma ci abbiamo rimesso anche i soldi dell’avvocato. Successivamente ho deciso di affidarmi a Consulcesi ed ho fatto due ricorsi, uno per specializzazione. Ad oggi ne ho già vinto uno. Aspetto i risultati dell’altro».

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