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La terra che abbiamo in comune: incontro a Expo

A Reggio Emilia, nel Parco del Mauriziano, c’è un orto che produce a km 0 e dove si tengono corsi di formazione – teoria e pratica – sulle tecniche di agricoltura biologica e biodinamica.
Nel villaggio di Koubri, in Burkina Faso, a 30 km dalla capitale Ouagadougou, c’è un campo coltivato con le tecniche dell’agricoltura biologiche, ci lavorano 30 famiglie e 50 studenti della scuola. A dare vita alle due iniziative, in collaborazione con Fondazioni for Africa Burkina Faso, sono due associazioni di migranti burkinabè, impegnate in Italia per l’inserimento dei loro concittadini e che, dall’Italia, lavorano per contribuire al futuro del loro Paese.
Due storie che parlano di migrazione e sviluppo sostenibile e che sono raccontate, sabato 10 ottobre 2015, alle ore 14.30, spazio Slow Food Expo, Piazza della Biodiversità, nell’incontro La Terra che abbiamo in comune.
Promosso da Fondazioni for Africa Burkina Faso – iniziativa per il diritto al cibo promossa da 28 fondazioni di origine bancaria associate all’Acri e realizzata in collaborazione con ACRA-CCS, CISV, LVIA, MANI TESE, Fondazione Slow Food per la Biodiversità e CeSPI – e inserito nel programma di Ottobre Africano, La Terra che abbiamo in comune. Storie di migrazione e sviluppo sostenibile è una riflessione sul contributo fondamentale che i migranti hanno oggi sia sul territorio dove abitano e vivono sia nella costruzione di un futuro sostenibile nel Paese di origine e per conoscere, dalla voce dei protagonisti, storie, idee e progetti di un percorso migratorio che non è un viaggio di solo andata, ma si trasforma in occasione di riportare indietro competenze e saperi. All’incontro partecipano Abdou Yabré, dell’associazione di migranti Abreer che presenta il progetto Dall’orto in città di Reggio Emilia al Burkina Faso, Flora Tognoli, dell’associazione Watinoma per il progetto BioxTutti a Koubri. Intervengono Abderrahmane Amajou, Responsabile migranti Slow Food; Marzia Sica, Fondazioni for Africa Burkina Faso. Modera Sara Zambotti, conduttrice e autrice Caterpillar Radio2.
“L’idea di Un orto in città, racconta Abdou Yabrè, dell’Associazione di migranti burkinabè Abreer di Reggio Emilia – è nata nel 2010 quando è cominciata la crisi economica e molti di noi hanno perso in lavoro. Allora ci siamo riuniti e su una cosa tutti eravamo d’accordo: dovevamo trovare una strada che potesse darci l’opportunità di reintegraci nel mondo del lavoro in Italia e, allo stesso tempo, di poter tornare nel nostro Paese di origine con un progetto professionale e di vita”. La strada Abdou e i membri di Abreer l’hanno trovata nell’agricoltura sostenibile. “E’ il lavoro che conosciamo meglio. Il Paese da cui veniamo, il Burkina Faso – continua – vive di agricoltura, è agricoltura. Così abbiamo creato un orto nel Parco del Mauriziano.” Nell’orto in città Abreer produce a km zero e promuove percorsi di formazione per i migranti sull’agricoltura biologica e biodinamica. Oggi con Fondazioni for Africa Burkina Faso, Abreer ha avviato un nuovo progetto per promuovere i corsi di formazione a altri migranti della Regione e per portare in futuro le attività di formazione anche in Burkina Faso. “Imparare a coltivare meglio, in modo sostenibile – dice Abdou – non è solo una possibilità di impiego qui in Italia, ma è anche un’occasione per il nostro Paese. Significa far sì che un giorno i giovani non se ne debbano andare via e che dalla possibilità di restare nasca un futuro per la nostra Terra.”
Il progetto BIOXTUTTI nasce dall’incontro tra Fondazioni for Africa Burkina Faso e l’Associazione di migranti burkinabè e italiani Watinoma. ‘In un Paese dove la maggioranza della popolazione dipende dall’agricoltura di sussistenza, diffondere tecniche agricole più sostenibili, è fondamentale – dice Ima Hado, fondatore di Watinoma – Significa restituire alla Terra la capacità di essere vita e nutrimento. Significa, anche, restituire fiducia ai contadini e alle giovani generazioni, prevenendo l’abbandono delle campagne e l’emigrazione.” Cuore dell’iniziativa BIOXTUTTI è la formazione sulle tecniche di agricoltura biologica per 50 alunni e le loro famiglie e l’affidamento, ad altre 30 famiglie, di una parcella di terra di 400 mq nel campo biologico creato da Watinoma. Tra le attività previste anche una mensa scolastica, sana buona e giusta e la musica come attività per coinvolgere la comunità. “All’inizio – racconta Hado – ci dicevano che eravamo matti. Oggi tutta la comunità partecipa con entusiasmo alle iniziative”.
www.fondazioniforafrica.org

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