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Riforma del lavoro: la situazione attuale

La riforma del lavoro andrà avanti e secondo Monti, passerà, grazie al supporto dei partiti politici e dei sindacati. Nei giorni scorsi, dopo l’incontro con le parti sociali, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge della riforma. Sul nodo delle modifiche all’articolo 18, soltanto la Camusso ha espresso la sua obiezione ed ha avvertito il premier che, la modifica di quell’articolo fondamentale, non l’avrebbe vista stare ferma con le mani in mano, ma l’avrebbe spinta a protestare massicciamente assieme ai lavoratori di tutta Italia. La riforma del lavoro spunta a disciplinare la “flessibilità in entrata ed in uscita”. In particolare, per quanto riguarda la creazione di una flessibilità in uscita, il governo è intervenuto per modificare la norma dei licenziamenti prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, approvato con la storica Legge n°300/1970. Con la revisione dell’articolo, soltanto per i licenziamenti discriminatori, è prevista la possibilità di ottenere il reintegro, mentre in quelli di carattere disciplinare o economico, di volta in volta sarà il giudice a valutare la situazione, decidendo, se lo riterrà opportuno, per un indennizzo compreso fra le 15 e le 27 mensilità. Questa norma si riferisce alle aziende che hanno più di 15 dipendenti nell’ambito dello stesso comune o più di 60 nell’ambito nazionale, e non riguarda quei licenziamenti discriminatori che coinvolgono anche le piccole aziende, che in ogni caso prevedono il reintegro del lavoratore. La revisione dell’art. 18, prevede tre regimi sanzionatori. Il licenziamento discriminatorio, riguardante tutte le aziende indipendentemente dalle loro dimensioni, è quella tipologia di licenziamento connesso alla sfera privata del dipendente, alle sue attività o idee politiche, religiose, sindacali, razziali, di lingua e di sesso del dipendente, compresi i licenziamenti, in periodo di maternità o in coincidenza di matrimonio. In tutti questi casi sarà previsto il reintegro del dipendente discriminato sul posto di lavoro ed un risarcimento con pagamento della retribuzione dalla data di licenziamento, alla data dell’effettivo reintegro, compresi i contributi previdenziali e comunque non inferiore a 5 mensilità. Il lavoratore potrà scegliere fra il ritorno al lavoro e l’indennizzo sostitutivo, cioè un’indennità pari a 15 mensilità della retribuzione globale. Poi ci sono i licenziamenti soggettivi o disciplinari, che andranno ad interessare le aziende che hanno più di 15 dipendenti. I licenziamenti ingiustificati per motivi disciplinari, ingiustificati per inesistenza del fatto contestato o per la presenza di un azione punibile con una sanzione minore, saranno giudicati da un giudice che solo in alcuni casi, potrà prevedere la reintegrazione sul posto di lavoro, mentre, quasi sicuramente, nella maggior parte dei casi prevederà il risarcimento del danno retributivo, per un massimo di 12 mensilità, compresi i contributi previdenziali. In caso di reintegro, il lavoratore avrà facoltà di scegliere fra quest’ultimo e un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità. I licenziamenti economici ritenuti dal giudice ingiustificati, quelli cioè dovuti ad un giustificato motivo oggettivo per esigenze tecniche, produttive o organizzative e licenziamenti per esuberi collettivi, interessa le aziende che occupano più di 15 dipendenti. In questi casi è prevista soltanto un’ indennità risarcitoria di importo variabile da 15 a 27 mensilità di retribuzione, con conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro e non ci sarà più l’obbligo di reintegro. E’ inoltre prevista l’introduzione di un processo giudiziario più veloce , in modo tale da ottenere nel breve la sentenza.
I partiti e i sindacati approvano, ma i provvedimenti presi dal governo non piacciono ai lavoratori italiani. Mentre Monti e la Fornero continuano con la linea dura sulla riforma del lavoro, sicuri dell’approvazione del testo, anche grazie al potere della “persuasione”, gli italiani hanno cominciato a protestare, autonomamente, senza l’appoggio di alcun sindacato, dato che, come appena detto, questi approvano la riforma e anche la Cgil, nonostante le parole dure della Camusso sul tema dell’articolo 18, è rimasta immobile, rimettendo la discussione nelle mani del Parlamento. Nei giorni scorsi si sono registrati scioperi spontanei in tutta Italia. Da Nord a Sud molti lavoratori hanno protestato per ribadire il loro no al provvedimento che intende riformare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La modifica di tale articolo creerebbe un precedente pericoloso e tra l’altro, sarebbe impossibile per lo Stato tutelare i lavoratori e per i giudici potrebbe arrivare un carico di lavoro impressionante che potrebbe rallentare ulteriormente il sistema giudiziario italiano.

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