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UNA DENUNCIA IN SOLIDARIETA’ AI BOSCIMANI DEL KALAHARI E AI POPOLI INDIGENI E TRIBALI: “TRA LA PERDUTA GENTE”DI RAFFAELLA MILANDRI

“Tra la perduta gente “

è la nuova emozionante mostra-proiezione della fotografa e viaggiatrice
in solitaria  Raffaella Milandri.

Si terrà il 13 dicembre alle ore 16.00 presso l’Auditorium Comunale di
San Benedetto del Tronto. “E’ un reportage video-fotografico, una importante
testimonianza raccolta in Botswana  che è
un tributo di solidarietà al popolo dei Boscimani del Kalahari e a tutti i
popoli indigeni. Con “Tra la perduta gente”  si vuole anche sensibilizzare l’opinione
pubblica e il Parlamento Italiano a favore della ratifica dell’Italia alla ILO
169” dice l’autrice.

Questo reportage, corredato da una intervista-denuncia sulla situazione
dei Boscimani, è articolato dantescamente in tre sezioni di foto: immagini della
terra ancestrale dei Boscimani nella sua bellezza (Paradiso), il villaggio dei
Boscimani nel Kalahari con problemi di sopravvivenza (Purgatorio) ,ed infine uno
dei campi di deportazione(Inferno).

“Durante la mia  intervista   la
donna boscimane, mentre racconta le vicissitudini del suo popolo,  indica sempre là, un punto lontano, dove vuole
tornare: è la sua terra ancestrale, il deserto del Kalahari” dice la Milandri,
e aggiunge:

“Il titolo ha significato duplice: la gente perduta sono i Boscimani,
dispersi e smarriti nella loro identità; ma in senso dantesco sono anche i
Governi e le multinazionali, quando usano un  potere crudele contro popoli inermi”

LA STORIA DEI BOSCIMANI DEL KALAHARI

I boscimani sono uno dei popoli più antichi della terra: da oltre
30.000 anni hanno vissuto nel deserto del Kalahari.
La Central Game Reserve of Kalahari, in
Botswana, è infatti stata creata nel 1961
per proteggere il loro territorio e la loro cultura, basata sulla caccia e su
una vita in armonia con la natura. Ma dal 1997 è iniziata una vera odissea per
questo antico popolo, dopo la scoperta di ricche miniere di diamanti nel loro
deserto. Uomini, donne, bambini, anziani  portati via con la forza su camion, villaggi
smantellati, scuola e ambulatorio medico chiusi, e per finire distrutte le
riserve d’acqua e chiusi i pozzi d’acqua.

Dopo diverse deportazioni, oggi  nella
riserva sono rimasti solo 300 Boscimani, tutti gli altri sono in campi di
reinsediamento. Questi 300 Boscimani hanno enormi problemi di sopravvivenza e
una vita durissima : il Governo proibisce loro di andare a caccia, e vengono
arrestati se lo fanno; il Governo proibisce loro di usare  i pozzi d’acqua,  e sono costretti a raccogliere l’acqua da
pozzanghere nella sabbia  e da radici. proibisce
di  La loro vita è durissima.

“Ho visitato il villaggio nel deserto, dopo aver donato loro zucchero,
latte, the e tabacco, prendo una tanica d’acqua dall’auto e la poso in terra,
in mezzo al cerchio della gente del villaggio, seduta all’ombra di uno dei rari
alberi. E subito, con un ordine gerarchico e familiare che a me è oscuro,
appaiono tazze di latta che vengono riempite e svuotate lentamente, in silenzio
religioso. Ora comprendo appieno cosa significa l’acqua nel deserto. Lo vedo
nei loro occhi, nei loro visi 
impolverati e nelle labbra aride. Chiedo ad una ragazzina che parla un
po’ di inglese dove si trova l’acqua, e lei alza il braccio indicando l’ovest:
lontano, lontano….Le donne lavano i panni in bacinelle con un dito d’acqua
densa e scura. Gli unici pozzi d’acqua vicini (30 km circa) sono stati chiusi e
non hanno il permesso di scavarne di nuovi.” racconta la Milandri. 

Oggi, mentre i  Boscimani nel
deserto lottano per la sopravvivenza, le migliaia che si trovano

 nei campi di reinsediamento  sono vittime di alcolismo, HIV, depressione.
La loro unica ed antica cultura rischia di scomparire per sempre.  Stanno perdendo la loro identità e ancora
aspettano perché vengano riconosciuti i loro  diritti umani.

Nel  2006 i Boscimani hanno vinto
una –lunghissima- causa nei confronti del Governo del Botswana, ottenendo il
diritto a vivere nelle loro terre,  a   usare i
pozzi d’acqua e a poter cacciare per il loro fabbisogno alimentare; ma dopo la
sentenza  nulla è cambiato.  Ogni volta che hanno provato a tornare alla
loro terra, li hanno costretti a tornare nei campi di reinsediamento.

E’ del 12 novembre 2009 una notizia riportata dal quotidiano canadese
Globe and Mail :

una donna Boscimane, ad un posto di controllo, guarda la immagine
appesa del Presidente del Botswana Ian Kama e dice quello che per lei è un
complimento:  “sembra un Boscimane” . Il
commento viene ritenuto un insulto e la donna viene portata alla stazione di
polizia, segregata per un giorno e una notte, e costretta a pagare una multa.  L’appello della Milandri:

“E’ urgente intervenire subito, la gente boscimane è davvero disperata,
non ce la fa più. Parte del materiale della mia mostra-proiezione è già stato
inviato, insieme ad una documentazione, al Commissariato per l’eliminazione
delle Discriminazioni Razziali dell’ONU. Il Segretario in carica mi ha
confermato che la questione dei Boscimani verrà esaminata entro i primi mesi
del 2010. Speriamo bene”

I POPOLI INDIGENI E LA ILO 169

Il caso dei Boscimani è, purtroppo, una goccia nel mare delle
discriminazioni, violenze, soprusi a cui sono stati assoggettati i popoli indigeni
e tribali: i nativi americani(dagli Apache agli Inuit), gli aborigeni
australiani, i maori neozelandesi, gli indios sudamericani, i pigmei africani,
e tanti-troppi-altri.

Circa 300 milioni di persone nel mondo sono accomunate da questo
destino:  culture e società così speciali
che dovrebbero essere Patrimonio dell’Umanità, stili di vita semplici a
contatto con la natura .

Da parte loro, solo la richiesta di essere lasciati nelle loro terre ed
essere riconosciuti come esseri umani, con i loro diritti; da parte di Governi
e multinazionali, l’avidità senza scrupoli di appropriarsi di terreni dove si
trovano ricchezze : diamanti, uranio, oro, petrolio, foreste.

“ Non guardiamo a questi popoli con simpatia solo nei film e nei
documentari dove si raccontano le loro storie: sono esseri umani, reali, che
soffrono.  Ho visto la stessa sofferenza
e smarrimento negli occhi degli Inuit in Alaska, degli Apache negli Stati
Uniti, degli Aborigeni in Australia, dei Boscimani in Botswana. Sono stata
testimone di crudeli episodi di razzismo e ho visto ovunque trattamenti davvero
disumani per questi popoli che hanno la sola colpa di essere semplici e
genuini. E che rischiano l’estinzione” dice Raffaella Milandri

L’appello e il messaggio della mostra “Tra la perduta gente” è quello
di sostenere e caldeggiare la ratifica dell’Italia alla ILO 169, che è una
convenzione internazionale in supporto dei popoli indigeni e tribali.

“ Per L’Italia , che fa già parte della ILO, agenzia delll’ONU,  dal 1919, si tratta di una ratifica che non ha
effetti sulla realtà nazionale. E’ solo un gesto di solidarietà che aiuta
questi popoli ad essere riconosciuti nella loro dignità. Su Facebook abbiamo
formato un gruppo che conta ad oggi circa 2000 iscritti, con lo scopo di
sollecitare il Ministro Frattini a questa ratifica.”

L’iniziativa della Milandri ha trovato terreno fertile a questa
campagna a San Benedetto del Tronto, dove il Consiglio Comunale –motore il
partito dei Verdi-ha infatti recentemente  approvato la mozione per la ratifica dell’Italia
alla ILO 169, che verrà così spedita alla Presidenza della Repubblica e  del Consiglio, e ai Ministeri competenti.  L’Assessore alle Politiche Ambientali, Paolo
Canducci, promuove la mostra.

 http://www.telegiornaliste.com/donne.htm

 

 

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