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Crisi energetica, il problema arriva più da lontano di quanto si pensi

Non c’è dubbio che la crisi energetica sia il principale motore dell’inflazione galoppante che caratterizza questo periodo. Erroneamente si ritiene che la crisi del mercato del gas sia legata l’invasione della Russia in Ucraina. I problemi sono iniziati ben prima di questo evento che poi li ha amplificati.

Le ragioni dell’attuale crisi energetica

Alla base di tutto c’è una trasformazione radicale dei modelli di formazione del prezzo, che ha avuto luogo soprattutto in Europa. Questa trasformazione ha incrementato l’influenza reciproca tra i mercati europei e quelli asiatici sui prezzi del gas. Ed è lì che si è piantato il seme della attuale crisi energetica.

Il meccanismo di formazione del prezzo

crisi energeticaNegli ultimi due decenni il mercato del gas ha vissuto cambiamenti strutturali importanti. È diventato più globale e legato al mercato spot, per quanto riguarda il prezzo.
Un aspetto che bisogna rimarcare è che c’è stata una lunga fase in cui i prezzi sono stati molto bassi, e di questo ne ha beneficiato l’Unione Europea. Le tariffe basse erano ritenuti strutturali, ma invece erano congiunturali è la dimostrazione è arrivata con una serie di eventi che hanno capovolto questo scenario, innescando la crisi energetica.

Correlazione Europa-Asia

Alla base di tutto, come detto, c’è il profondo legame – possiamo chiamarla correlazione – tra i prezzi asiatici e quelli europei. L’aumento della domanda dall’Asia ha spinto in alto prezzi e ha attirato volumi di gas, influenzando anche gli equilibri e le quotazioni che c’erano in Europa.
Nel momento in cui si è verificata una congiuntura del tutto eccezionale, come quella attuale, la correlazione tra i prezzi asiatici di europei ha viaggiato sul doppio binario. E’ andato in alto il prezzo in Europa, per via del basso livello degli stoccaggi e dei problemi di approvvigionamento, ma questo ha costretto i buyer asiatici ad accettare prezzi alti pur di avere carichi sufficienti per coprire i picchi della domanda.

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L’influenza reciproca dal lato dei prezzi è presente anche della trasformazione dei modelli di pricing, che è avvenuta in Europa.
Tradizionalmente le importazioni di gas nel vecchio continente erano basate su contratti a lungo termine e su prezzi indicizzati all’incrocio medie mobili rispetto ai prodotti petroliferi (che garantisce redditività ai produttori e competitività del gas rispetto ai prodotti derivanti dal petrolio) e clausole  take-or-pay.

Questo modello però ha cominciato a scricchiolare a partire dalla grande crisi finanziaria del 2008-2009. Infatti la riduzione della domanda a fini industriali, e lo sviluppo delle fonti rinnovabili ha innescato un surplus dell’offerta. Sul mercato spot c’è stata una forte riduzione di prezzo.

Piano piano questo tipo di transazione è diventato il principale riferimento dei mercati, condizionando l’intera struttura di formazione dei prezzi.
Questo meccanismo, che è orientato soprattutto a breve termine, ha funzionato per diversi anni anche perché il contesto prevedeva una certa abbondanza di offerta, tanto che nel 2020 le quotazioni hanno toccato i minimi storici.

Lo scenario che cambia

La ripresa post pandemia ha cambiato lo scenario, perché l’aumento vertiginoso della domanda ha provocato problemi dell’approvvigionamento. I prezzi spot del gas naturale sono mediamente più che quadruplicati rispetto al 2020. Questo scenario ha riguardato tutti i principali Hub di scambio europei. Ecco la crisi energetica.
In 2 anni tutto quello che era stato risparmiato grazie allo sfruttamento di mercati spot è andato perso.

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